Origine dell’Istituto
L’Istituto delle Suore di Carità delle Sante B. Capitanio e V. Gerosa fu fondato a Lovere (BG) il 21 novembre 1832 da Bartolomea Capitanio (1807-1833), che ebbe come prima compagna Caterina Gerosa (1784-1847), poi suor Vincenza, maggiore d’età, diversa per indole e per educazione. Erano però legate da sincera amicizia e dalla stessa passione di carità.
Ancora adolescente, Bartolomea si propose di farsi ‘santa, grande santa, presto santa’. Attirata dalla carità che ‘Gesù esercitò nel corso della sua vita’, si sentì chiamata a seguire il suo esempio consacrandosi a lui per dedicarsi al bene dei prossimi, come strumento visibile della sua carità per ogni uomo.
Nella sua vita seppe comporre armonicamente la forte attrattiva alla preghiera con l’insistente richiamo a quella ‘benedetta carità’ che troppo le ‘piaceva’ e che le faceva intravedere audaci vie di bene.
Certa di essere chiamata in un istituto che avesse come scopo le opere di misericordia, a venticinque anni Bartolomea, con la collaborazione di Caterina Gerosa e con la guida illuminata e forte di don Angelo Bosio (1796-1863), diede avvio all’Istituto, che desiderava ‘tutto fondato sulla carità’.
Nelle ‘Carte di fondazione’ ne indicò le linee e le finalità, maturate in lei per impulso dello Spirito.
Lo pensò come ‘Istituto del Redentore’, ‘amata Casa della Carità’. Intendeva con esso assicurare nella Chiesa la continuità del dono che lo Spirito aveva effuso nel suo cuore: rivivere quotidianamente la carità ardentissima del Redentore e prolungarla attraverso le opere di misericordia verso tutti quelli che sono nel bisogno.
Considerava l’Istituto come ‘provvidenza di Dio’ per ‘il bisogno grande ed estremo’ dell’umanità, iniziativa di carità che avrebbe contribuito a fare del mondo ‘la famiglia di Dio’, in cui tutti sono riconosciuti prossimo per il quale dare la vita.
Nelle ‘Carte di fondazione’ Bartolomea propose, perciò, ai suoi membri di vivere il carisma da ‘figlie e seguaci del Redentore’ in una forma di vita stabile, caratterizzata
- dalla professione pubblica dei voti,
- dalla vita comune,
- da una disponibilità senza riserve,
così da ‘fare ogni possibile, soffrire tutto e dare anche il sangue per il bene dei prossimi’, secondo lo spirito del voto di carità.
A otto mesi dalla fondazione, la Capitanio morì, e alla Gerosa rimase il grave compito di realizzare quell’ideale che Bartolomea aveva intuito, proposto e vissuto in un tempo assai breve.
La Gerosa non si riteneva capace, ma, abituata a meditare il Crocifisso, da cui traeva la sua regola di vita, trovò nell’obbedienza la sua forza. Pacificati nella volontà di Dio i suoi timori, abbracciò con fede il progetto di Bartolomea dicendo: ‘Andiamo avanti con fiducia. Autore dell’Opera è il Signore. Sia fatta la sua volontà’.
Aiutata da don Angelo Bosio, fece fruttificare il seme gettato dalla fondatrice, promovendo la vitalità e lo sviluppo dell’Istituto, espandendolo ben presto fuori Lovere, accettando tutte quelle opere che ‘rispondevano bene al suo scopo’.
L’Istituto, che già nel 1860 era presente nel Bengala (India), ha carattere internazionale.
E’ diffuso in Italia e in altri Paesi europei: Spagna (1950), Inghilterra (1959), Romania (1990); in Asia: India (1860), Bangladesh (1864), Myanmar (1916), Giappone (1961), Thailandia (1966), Israele (1984), Nepal (1999) Turchia (1999); in America: Argentina (1909), Uruguay (1937), Brasile (1947), California (1959), Perù (1969); in Africa: Zimbabwe (1959), Zambia (1967), Egitto (2000).
Il suo sviluppo non è solo un fatto storico, ma è dono e appello dello Spirito a perseguire la pienezza della vocazione di suore di carità-figlie del Redentore, dilatando gli spazi della carità a imitazione di Gesù che ha avuto compassione delle folle.
L’Istituto è oggi più consapevole della sua accresciuta internazionalità, ricchezza che lo sollecita a ricomprendere e a valorizzare le potenzialità del carisma per esprimerne la vitalità nelle varie culture e ad accogliere le esigenze di purificazione e di cambiamento di mentalità che essa comporta, per tenere vivo il dialogo della carità.
La denominazione ufficiale dell’Istituto, che è unica famiglia articolata in province e comunità, è Suore di Carità delle Ss. B. Capitanio e V. Gerosa, comunemente conosciute con il nome di ‘Suore di Maria Bambina’.
Con questo nome sono state chiamate da quando Maria Bambina, venerata nel simulacro donato all’Istituto nel 1842, manifestò con un miracolo (1884) la sua speciale protezione.
Spirito dell’Istituto
L’Istituto delle Suore di Carità – sulle orme di Bartolomea e di Vincenza, canonizzate dal papa Pio XII il 18 maggio 1950 – vive come proprio carisma la partecipazione alla carità misericordiosa di Gesù Redentore che dà la sua vita perché ogni uomo, recuperato nella sua dignità e riconciliato con Dio, abbia pienezza di vita e sia capace, a sua volta, di carità verso il prossimo. L’Istituto se ne fa segno aprendosi alla compassione per ogni miseria umana nell’esercizio delle opere di misericordia.
In forza delle scelte apostoliche delle sue origini, reinterpretate vitalmente, l’Istituto rivolge in modo particolare il suo servizio:
- ai giovani di qualunque condizione, preferendo tra essi i più poveri, gli abbandonati, i disorientati;
- ai malati, agli anziani, agli emarginati;
- a coloro che ancora non conoscono il Vangelo.
Si propone di essere nella Chiesa una presenza intenta a recuperare, a promuovere, ad animare i giovani, gli ammalati, i poveri sul piano umano e cristiano.
Presta il suo servizio nelle scuole, negli ospedali, nelle case per anziani, negli istituti assistenziali e speciali, nelle nuove forme di promozione e di servizio alla vita e di recupero giovanile, nella formazione alla fede e nella collaborazione al ministero pastorale della Chiesa, curando in ogni servizio la dimensione pastorale.