Origine dell’Istituto
“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano né mietono né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre… Cercate prima il Regno di Dio e la sua giusti zia, e tute queste cose vi saranno date in aggiunta… Non affannatevi, dunque, per il domani” (Mt. 6, 26. 33-34). Queste parole del Vangelo, semplici, ma sconvolgenti nella loro radicalità, costituiscono la chiave di lettura del carisma e dell’opera di San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Preparato da Dio, attraverso un cammino di purificazione interiore e di distacco, san Giuseppe B. Cottolengo seppe cogliere nella trama spesso dolorosa degli avvenimenti quotidiani, l’invito della grazia a lasciarsi totalmente coinvolgere in una avventura d’amore, la cui forza propulsiva era e sarebbe stata sempre nel seguito della sua vita il “Caritas Christi urget nos!”.
Nella vita di san Giuseppe B. Cottolengo si delineano chiara mente due momenti forti:
- la scoperta che Dio é amore e perciò Padre provvidente
- la scoperta che ogni uomo é figlio di Dio in Cristo.
La scoperta che Dio é amore e perciò Padre provvidente
La prima scoperta lo sospinge innanzitutto a dare a Dio quel primato assoluto, la cui espressione più caratteristica nell’opera da lui fondata, la Piccola Casa della Divina Provvidenza, sarà la “lode perenne” e la ricerca, da parte di tutti, della santità, come risposta all’amore del Padre celeste: “Noi siamo qua dentro per amare unicamente Iddio, per dargli gusto in ogni cosa; anzi, vi dico, siamo qui per questo, e per nient’altro” (F.P.245).
La dimensione contemplativa che il Cottolengo bramava vivere e far vivere ai suoi figli si concretizzerà anche nella fondazione di monasteri di clausura, il cui scopo nella Chiesa e nel mondo é quello di esprimere visibilmente il primato assoluto che Dio deve avere nella vita di ogni uomo.
Dio é amore e perciò Padre provvidente: la fede in questa verità così bella e consolante é stata nel Santo Cottolengo così profonda, solida, viva e originale da illuminare di una luce teologale tutti gli altri aspetti della sua spiritualità. A questo scopo il santo Cottolengo dà inizio ad alcuni Monasteri di Clausura affinché con la preghiera ininterrotta si continuasse a lodare e glorificare Dio e a pregare per tutte le necessità della Chiesa e della Società.
La scoperta che ogni uomo é figlio di Dio in Cristo
Dio pensa veramente a noi suoi figli, ma molti purtroppo non lo sanno. Per il Cottolengo la scoperta, non tanto intellettuale quanto esistenziale, che ogni uomo é figlio di Dio in Cristo ed é chiamato a vivere consapevolmente questo rapporto filiale gli svela l’amara realtà che per una gran parte di uomini é difficile raggiungere Dio come Padre, perché o é venuta meno nella loro vita, con gli affetti naturali di una famiglia e di una società cristiana, la sacramentalità di tale amore, o, a motivo di gravi sventure, é stato da loro smarrito il senso della fede che dà significato alle umane vicende. Dal bisogno di comunicare agli uomini il messaggio che Dio é Padre, nasce la Piccola Casa come sacramento della Divina Provvidenza, con il suo stile di famiglia di Dio e con la sua missione di accogliere tutti coloro che si trovano in situazioni di disagio e sono privi di aiuto, “chi non ha persona che pensi a Lui”.
Diceva il Cottolengo: “Prima di tutto bisogna che osserviamo lo spirito della Piccola Casa; esso consiste nell’accogliere i poveri, i miseri, i veramente abbandonati”.
Lo stato di abbandono diventa quindi il criterio di scelta principale dei destinatari, cui si aggiungono la povertà, il pericolo morale, l’ignoranza.
Testimoni dell’amore del Padre
Per testimoniare a questi fratelli bisognosi l’amore del Padre celeste bisogna essere pronti a donare tutto, anche la vita: “Fatevi coraggio e pensate che é una bella cosa sacrificare la sanità ed anche la vita per assistere i fratelli infermi” (F.P.30).
Dove si troverà la forza per una donazione di sé che non conosce soste?
Il Cottolengo indica sopratutto nell’Eucaristia la sorgente della forza che deve sostenere i “servi dei poveri” nel compimento del quotidiano e faticoso dovere: “Dal Salvatore Gesù di cui siete le serve nella persona dei suoi ammalati e dei suoi poveri, ha da venire la forza per compiere i vostri doveri; per sostenervi nel vostro genere di vita, e per progredire nella perfezione: io vi chiamo “ciocote”, perché spero che ogni giorno vi inebriate d’amore nell’Eucaristia” (F.P.98).
Nel Cottolengo era chiara la visione della salvezza da portare ai poveri: curare i corpi per arrivare alle anime. Forte era quindi il suo richiamo ai valori soprannaturali, la sua tensione verso i beni futuri che Dio prepara ai suoi fedeli. La Piccola Casa doveva costituire un segno di speranza gioiosa nel cuore di Torino e del mondo.
In questa cittadella si vive nella certezza che il Padre celeste non solo ha cura quaggiù delle sue creature, ma prepara, lassù, una vita di gioia perenne a coloro che credono al suo amore e si abbandonano a Lui con affetto filiale.
Da ciò il clima di serena giovialità, di affabilità e di semplicità che deve caratterizzarla in ogni aspetto della sua vita e della sua attività. “I visi corrucciati fanno torto alla Divina Provvidenza” diceva il Santo.
La presenza silenziosa e vigile di Maria
Sopra questa “Piccola Casa”, sulla quale vigila attenta e amorosa la Divina Provvidenza, un’altra presenza silenziosa è discreta vigila con materna bontà: la Santa Madonna.
Il Cottolengo nutriva verso di Lei una devozione filiale e tenerissima, coltivava un culto pieno di amore, fatto di sforzo per riprodurne i lineamenti, consapevole che si é tanto più figli, quanto più si assomiglia ai genitori.
Quasi sintesi della sua lode amorosa a Maria ed espressione della sua spiritualità, tutta volta a cercare l’essenziale che é il Regno di Dio e la sua giustizia, il Cottolengo ha lasciato ai suoi figli la bella giaculatoria “Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi”.
Egli stesso la commenta con il suo stile semplice e immediato: “E notate, che in questa giaculatoria trovansi compendiati i più bei titoli che competono alla gran Vergine, e la somma delle grazie da chiedersi e potersi desiderare, con quelle altre tutte che ci possono essere necessarie al fine desiderato; e l’orazione sarà perfetta chiedendo la grazia non per noi soli, ma altresì per i fratelli e per le sorelle nostre” (F. P. 195) .
Spirito dell’Istituto
Attualità del carisma e spiritualità di San Giuseppe B. Cottolengo
Questa breve panoramica sul carisma e la conseguente spiritualità di san Giuseppe Benedetto Cottolengo dice da se stessa quanto esso sia attuale nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Viviamo nell’era della cultura tecnologica. L’uomo proclama la sua autonomia di fronte a Dio e alla morale e chiede la liberazione alle scienze politiche ed economiche, sociologiche e psicologiche. Egli fonda il suo vivere sociale sulla intelligenza e non sull’amore e tende ad emarginare il debole, l’insufficiente, lo sprovveduto.
Il carisma cottolenghino, con la sua forte accentuazione del primato di Dio e con l’attenzione privilegiata verso coloro che per il mondo non contano, può quindi costituire nel mondo di oggi un vivo fermento evangelico, un segno di contraddizione, un richiamo credibile ai valori del Regno. Lo stile, lo spirito, l’impulso del santo Fondatore devono essere oggi quelli di ieri, anche se il servizio, sotto lo aspetto tecnico risponde alle mutate esigenze dei tempi.
E’ quanto hanno cercato di fare i figli di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, a partire sopratutto dagli anni del dopo Concilio.
Il loro impegno é inoltre quello di selezionare con particolare attenzione i destinatari della missione, perché le scelte siano fatte veramente nello spirito del santo Fondatore.
Proprio in questo sforzo di discernimento si deve considerare l’apertura alle terre di missione (Kenia ‑ Ecuador ‑ India): in tutto il mondo i poveri aspettano e in tutto il mondo può quindi germogliare il seme cottolenghino.