Una festa carica di riflessione quella vissuta in val di Fiemme nel fine settimana del 16-17 settembre in occasione della ricorrenza della Beata Vergine Maria Addolorata, venerata in valle soprattutto nel santuario a lei dedicato presso il parco di Cavalese, accanto alla Pieve dell’Assunta.
Al concerto di sabato sera ospitato nella Pieve di Cavalese con l’esibizione dell’ensemble vocale-strumentale “Continuum”, diretta dal Maestro Luigi Azzolini (a cura dell’Associazione culturale “Le Muse e le Dolomiti”) è seguito, domenica, il lento convenire in processione da tutta la Valle verso il santuario per la S. Messa celebrata dall’arcivescovo Lauro Tisi.
Il saluto dello Scario Gilmozzi: responsabilità di tutti e di ciascuno verso il creato
A don Lauro si è rivolto lo Scario della Magnifica Comunità di Fiemme Mauro Gilmozzi che ha ricordato l’analoga celebrazione religiosa del 2019, all’indomani di Vaia. “Un esperienza che ci ha reso testimoni diretti dei cambiamenti climatici in atto, delle conseguenze del surriscaldamento del pianeta”, ha sottolineato Gilmozzi, rilevando l’attuale grave problema (conseguenza di Vaia) del bostrico, che sta divorando il bosco. “Ci preoccupano – ha rimarcato Gilmozzi – gli impatti che le forte riduzione della massa legnosa avrà in termini economico sociali e di difesa delle funzioni eco-sistemiche. Il tema di riflessione di questo pellegrinaggio ‘Custodiamo il creato ed il creato custodirà noi’ è dunque quanto mai importante per l’attualità e per il futuro”, ha aggiunto lo Scario, invitando a riflettere “sull’adeguatezza dei nostri modelli di sviluppo e stili di vita, sulla responsabilità di tutti e di ciascuno verso il creato cercando nel dialogo, nella collaborazione, nelle relazioni di comunità, nell’intraprendenza, la via per rispondere alle fragilità di questo tempo”.
L’omelia: Siete territorio modello. La creazione torni ad essere il giardino ove ricostruire relazioni
Nel commentare il Vangelo sul tema del perdono, l’arcivescovo Tisi ha trovato chiavi di lettura legate alla custodia del creato, tema del pellegrinaggio. “Siamo la prima generazione umana – ha denunciato l’Arcivescovo – che di fronte a calamità come Vaia e il cambiamento climatico ha i documenti che esse non sono calamità naturali, ma eventi determinati dalla disumanità, da un uomo che non vive fino in fondo la sua umanità. Il creato è una scultura abbozzata perché l’uomo la porti a compimento. Ma anziché renderla sempre più interessante l’ha devastata e umiliata”. La causa? Don Lauro non ha dubbi: “Invidie, rancori, divisioni tra qualcuno che ha tutto e chi non ha niente“, una “umanità spaccata, uomini che non si percepiscono compagni di viaggio ma competitors, dove i diritti umani valgono in base alla terra dove nasci”. Da questa presa d’atto, secondo monsignor Tisi, “dobbiamo ripartire se vogliamo che la creazione torni ad essere il giardino ove ricostruire relazioni“.
Guardando alla storia della Magnifica Comunità di Fiemme, l’Arcivescovo riconosce peraltro che “le ragioni dell’essere compagni di viaggio hanno dato origine in terra di Fiemme alla cultura dell’autogoverno che qui ha un primato rispetto al resto del Trentino”. Un motivo in più per rinnovare l’appello: “Uomini e donne di Fiemme recuperate la vostra storia che ha dato origine e queste forme di alleanza e fraternità“, dice don Lauro parlando di Fiemme anche come “territorio modello” di uno “sviluppo economico che mira alla sobrietà e all’utilizzo delle risorse e alla custodia del creato, pur essendo uno dei territori più devastati da Vaia”.
Il parroco: santuario dell’Addolorata da restaurare, con il contributo di tutti
Nel ringraziamento finale, il parroco don Albino Dell’Eva, vicario della Zona pastorale Fiemme e Fassa, ha annunciato che “il santuario che ospita l’effige dell’Addolorata ha bisogno urgente di interventi di consolidamento e di restauro. Lo shock termico, causato dalla differenza di temperatura tra pavimento e soffitto, provoca continui e pericolosi stacchi degli stucchi in gesso dal soffitto. Infatti, nel sottotetto manca la coibentazione, ma soprattutto la necessaria areazione. Questo ci costringe ad aprire un cantiere e a chiudere inevitabilmente la chiesa”. “Sono sicuro che proprio l’amore per l’Addolorata – ha concluso don Albino – motiverà molti dei suoi figli a contribuire come potranno alle ingenti spese che ci attendono. E il Santuario potrà di nuovo splendere come casa di Maria, in cui sentirsi da lei accolti, ascoltati e benedetti”.