don Mauro Angeli, cappellano del carcere di Trento

Suicidi in carcere, l’appello dei cappellani del Triveneto: “Strategie e risorse per fronteggiare la crisi attuale e mantenere la funzione rieducativa”

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L’allarmante numero dei suicidi in carcere e la grave situazione di sovraffollamento delle strutture detentive è al centro di un appello dei cappellani delle carceri del Triveneto, riuniti al Centro Pastorale di Zelarino (Venezia) il 26 marzo 2025 insieme all’arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli, incaricato per la pastorale penitenziaria del Triveneto.

Una preoccupazione comune a tutti gli istituti di questo territorio, che induce i cappellani a rinnovare in modo unanime l’appello alla comunità ecclesiale e civile e alle istituzioni perché siano messe in atto tutte le strategie possibili, con risorse umane ed economiche e soluzioni giuridiche alternative, per fronteggiare in modo adeguato e duraturo la crisi attuale del sistema penitenziario.

Tali iniziative, se promosse in modo sinergico, avrebbero – a detta dei cappellani – un sicuro effetto positivo sia sulla popolazione carceraria, spesso ristretta in situazioni limite, sia sul personale, sempre più oberato da molteplici emergenze.

I cappellani rilanciano le parole e l’invito di papa Francesco affinché “si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria così che la vita sia sempre degna di essere vissuta”. Tali parole, unite a quelle del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (“C’è bisogno di una risposta al sovraffollamento carcerario e al numero dei suicidi in carcere ed è indispensabile affrontare tutto questo con urgenza”), esortano tutti, secondo i cappellani delle carceri del Triveneto, all’impegno affinché il carcere mantenga la propria funzione rieducativa.

Un tema e un ambiente, quello del carcere, sul quale la Chiesa di Trento sta investendo molte energie, sia sul fronte della sensibilizzazione comunitaria sia con una presenza stabile come cappellano di un prete diocesano, don Mauro Angeli (nella foto) e una costante presenza dei volontari Caritas attivi con il “progetto carcere” sostenuto anche dai fondi dell’8Xmille.