In Trentino ci sono stati nel 2019 ben 48 casi di suicidio, aumentati a 54 nel 2020 e calati a 43 nel 2021. I dati sono emersi dall’atteso seminario di studio sulla prevenzione del suicidio, promosso a Trento nella mattinata di venerdì 13 maggio presso la sede Erickson di Gardolo dall’Azienda sanitaria trentina e dall’associazione AMA. Il convegno ha registrato un’ampia partecipazione di operatori sanitari e sociali, educatori e sacerdoti, amministratori pubblici e anche responsabili delle forze dell’ordine a conferma dell’importanza di un approccio comunitario e interdisciplinare al fenomeno. Il titolo del convegno “Essere rete per sostenere equilibri complessi” è stato approfondito nel confronto fra i progetti avviati nelle realtà di Trento, Bolzano e Treviso con una decisa collaborazione della realtà ecclesiale, ribadita dalla presenza del vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi e dell’Arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi che ha aperto i lavori comunicando anche un messaggio di adesione convinta da parte del vescovo di Bolzano-Bressanone, mons. Ivo Muser.
“Il grido che ci viene dalle persone che si sono tolte la vita – ha osservato mons. Tisi – ci spingono al dovere di guarire il nostro tessuto sociale che è malato perché costruito sulla prestazione, sul PIL, sull’indifferenza. Dobbiamo invece rifondarlo sulla base di una relazione gratuità, non giudicante, rispettosa dell’altro. Essa ènecessaria per vivere e per aiutare gli altri a vivere”.
Questa è la vera prevenzione, secondo l’Arcivescovo di Trento, che ha invitato ad avere attenzione per i sopravvissuti che attraverso gruppi di aiuto possono aiutare a creare contesti comunitario che aiuti a recuperare autostima, a riconoscere il senso del limite e accettare le ombre della propria vita.
Sul tema è intervenuto nel corso dei lavori anche il vescovo di Treviso, impegnato insieme alle realtà della sua provincia, a favorire le reti sul territorio e quei “gruppi minimi” (come sono stati definiti da alcuni relatori) in grado di accrescere l’integrazione sociale e cogliere i segnali premonitori del suicidio. “Abbiamo privilegiato spesso un approccio troppo specialistico e talvolta burocratico – ha osservatoTomasi – rispetto al quale la realtà della vita è eccedente e le persone non vengono più considerate come volti, ma come numeri. È prezioso questo confronto fra diverse realtà locale dal quale viene anche incoraggiamento a proseguire nei progetti di prevenzione”.
L’assessore provinciale alla salute Stefania Segnana ha incoraggiato il progetto “Invito alla vita” segnalando che nel 2020 il numero dei suicidi in Provincia è aumentato rispetto all’anno precedente (in calo invece nel 2021) ma i servizi registrano la problematica crescente dei suicidi giovanili.
I partecipanti, fra quali anche molti operatori della Diocesi, hanno apprezzato le relazioni introduttive di Fabio Folgheraier, Maurizio Pompili e Ivo Lizzola che hanno sottolineato sulla base dei loro studi e delle ultime ricerche sul fenomeno suicidio le principali attenzione del lavoro di rete, riconosciuto come indispensabile per una risposta comunitaria a questo disagio. (da)