Il pastore (d’anime) e il luminare. La religione e la scienza. Non in contesa, ma complementari di fronte all’enigma pandemia. Un confronto stimolante quello tra l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi e il fisico Roberto Battiston andato in scena lunedì 14 luglio al Paladolomites di Campestrin, nella prima serata della rassegna fassana “Ispirazioni d’estate”.
Guidati da Cesare Bernard (insegnante e anima organizzativa della manifestazione), Tisi e Battiston hanno catturato l’attenzione di un pubblico numeroso (seppur distanziato) ripercorrendo i mesi dolorosi di un’emergenza che ora sembra aprire spiragli su scenari, pur condizionati, di maggiore serenità, come evoca il richiamo dantesco del titolo dell’incontro “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. La speranza – precisa subito Battiston – è strettamente legata al vaccino che al momento “disegna due Italie: quella protetta e quella esposta”, lasciando intuire l’opportunità di misure come il green pass obbligatorio “a tutela anzitutto di chi non si è ancora vaccinato” di fronte alla curva in risalita del contagio (come ribadisce il docente di UniTn nell’ultima intervista al quotidiano Repubblica, oggi 15 luglio).
Dal canto suo, l’Arcivescovo rammenta i primi intensi momenti dell’emergenza con il “martirio” di molti sanitari e il consenso popolare, presto mutato in “rabbia e ricerca di capri espiatori” con “la morte ridotta a numero, dimenticando volti e storie”. “Ho notato – argomenta don Lauro – come per la prima volta non si sia posta la domanda su Dio. E come responsabile di una Chiesa non posso non interrogarmi. Anche come comunità credente abbiamo detto poco, ad esempio, sul morire; la Chiesa ha perso un’occasione importante per raccogliere domande, preoccupandosi invece di ripristinare l’ordine celebrativo”, dice rilanciando un passaggio della recente Lettera alla comunità “Occhi”, più volte citata nella serata. “Ora però – rileva Tisi – abbiamo davanti una prateria per raccontare il Dio di Gesù che ha nel codice dell’umano il suo cardine, la grande occasione di riappropriarci dell’umanità di Dio abbandonando il quadro metafisico in cui lo abbiamo relegato”.
Tra le eredità della pandemia, la certezza che non c’è alterità tra scienza e approccio di fede, entrambe chiamate a spendersi per dare dignità all’umano. Al credente, di fronte all’isolamento patito, non passa inosservato che l’”essere nel cuore di qualcuno è la chiave della qualità della vita”. “Mentre tutto grida che siamo relazione, il rischio – alza il tiro don Lauro – è che la narrazione non tenga conto di un dato di realtà fortissimo che, complice il Covid, vede ora molte persone isolarsi e rinunciare alla partita della relazione”.
Battiston si chiede se si potesse fare di più per evitare i 130 mila morti in Italia, puntando il dito contro le troppe contraddizioni della “stanza dei bottoni” della politica e ribadendo il “contributo formidabile della scienza nell’individuazione dei vaccini: anche solo per questo la scienza – si appassiona – dovrebbe essere lodata. Se stiamo uscendo dalla crisi non è merito della politica. La prossima sfida è quella della sostenibilità ambientale. E questa però non si vincerà solo grazie a una puntura… si vincerà solo perché ci impegniamo personalmente. Spero che il ricordo di quello che è successo (come dopo la guerra) lasci l’umanità un po’ migliore”.
“Serve però – ammonisce don Lauro – uscire dalla logica narcisistica. La prima ricucitura è con la tua luce e la tua ombra: torna ad essere persona! Una seconda ricucitura con il noi sociale: ci siamo immaginati come fruitori di beni e dobbiamo riconciliarci con un mondo di relazioni. Questo territorio ci insegna cosa significhino ad esempio comunità e usi civici. Infine dobbiamo riconciliarci con la partita della trascendenza: siamo domanda, sogno, eccedenza, un mondo che non trova mai casa. Dio non è spiegato dal Pil”.
Questione ambientale e protagonismo dei giovani – concordano gli interlocutori – sono i binari su cui investire: “La Commissione europea ha legato i finanziamenti alla svolta ecologica e l’Italia – riconosce Battiston – sta facendo la sua parte”. “Serve una rivoluzione culturale – integra l’Arcivescovo – per ritornare a pensarsi ‘con’ e non ‘contro’, in competizione. Io distinguo tra individuo e persona: quest’ultima si pensa con gli altri e per gli altri. Nei giovani vedo il ritorno di una voglia di essere ‘con’ e non ‘contro’”.
“Cosa vi piacerebbe – è la domanda conclusiva – rivedere, quali stelle, quale quotidianità?
Battiston: “Siamo sommersi da narrazioni inaccettabili e ci serve dannatamente rivalutare il concetto che le cose hanno un senso e vanno messe in fila ragionevolmente, senza rifuggire dal metodo scientifico nella soluzione dei problemi”.
Tisi: “Vorrei rivedere trionfare l’umiltà come virtù alta. Non significa fare un passo indietro e volare basso, questa non è umiltà. Ma l’avere i piedi per terra (humus) ed essere poveri nello spirito: porsi domande, guardare l’altro e chiedersi: chi è il mio compagno di strada? Chi ha tutto chiaro, in realtà è il più confuso di tutti”. (pi.fra.)