Le preghiera dei fedeli dovrebbe essere uno dei momenti di maggiore coinvolgimento dell’assemblea celebrante. Ma il condizionale è d’obbligo: di frequente essa risente infatti di un linguaggio formale, ripetitivo e inevitabilmente generico (quello ad esempio dei classici “foglietti” domenicali), senza agganci a persone e vicende concrete della comunità.
Non a caso, lo stesso arcivescovo di Trento Lauro Tisi si appellò (anzitutto ai preti) nell’autunno scorso, “sottolineando – rammenta il settimanale Vita Trentina nell’ultimo numero – la centralità dell’Eucaristia domenicale, auspicandone una cura comunitaria, non improvvisata”. “Più nel dettaglio – precisa ancora il giornale – l’Arcivescovo aveva disincentivato al momento della cosiddetta ‘preghiera universale’ l’utilizzo di formule preconfezionate da altri (‘mettiamo da parte i foglietti’) e aveva raccomandato, utilizzando anche le indicazioni del Servizio Liturgia della Diocesi, la preparazione in gruppi di intenzioni ‘pensate’ insieme, riferite anche al contesto locale e alla vita diocesana”.
“Che ne è stato di quel desiderio di mons. Tisi?“, si chiede Vita Trentina, andando a “sondare” quanto l’appello sia stato recepito. La ricognizione nelle parrocchie, a firma del direttore Diego Andreatta, è pubblicata a pagina 12. “Da allora – è la risposta più comune degli operatori pastorali – se ne è parlato troppo poco, mentre il tema meriterebbe. Questo, all’interno della Messa, può essere uno dei momenti in cui si sente il vissuto dei laici”.
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