Solenne pontificale di Pasqua in cattedrale, presieduto dell’arcivescovo Lauro e animato dalla Cappella musicale del Duomo.
Nella festa in cui la Chiesa (quest’anno cattolici e ortodossi nella stessa data) celebra la risurrezione di Gesù, l’Arcivescovo pone a confronto il sepolcro vuoto del Nazareno, attestato dai Vangeli, con quanto è sotto i “nostri occhi che, nella rassegnazione e nel disincanto, osservano un’infinità di sepolcri a cielo aperto: da Gaza al Myanmar, dall’Ucraina al Sudan”.
“La nostra umanità – constata monsignor Tisi – è paralizzata dalla paura. Su di essa, gioca spesso chi ha in mano le sorti del mondo: la paura del nemico, il non essere mai abbastanza sicuri, il timore dei migranti, l’ansia legata alla fragilità economica. Con due risultati: dominare le persone e accrescere, paradossalmente, proprio i problemi che si vorrebbero eliminare”. “In tale scenario, anche in questa Pasqua – riflette don Lauro – abbiamo cantato “morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello; il Signore della vita era morto, ma ora vivo trionfa”.
Solo l’amore resiste alla morte
A dimostrazione che tali parole non possono “essere liquidate come uno stanco rituale liturgico”, l’Arcivescovo rammenta come di fronte alla “morte che tutto divora e cancella la vita” vi sia “nell’amore l’unico nemico capace di resisterle. La morte mai riesce a spezzare il legame con le persone che abbiamo amato. Con le modalità più diverse, esse continuiamo a vivere in noi”.
Gesù ha perdonato il proprio traditore ed è salito sul Golgota “abbracciando il nemico” e per questo “quel sepolcro non ha potuto trattenere questo Amore. Il Padre lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte e consegnandolo per sempre alla possibilità di essere incontrato in modo vivo e reale”. Non si tratta di una “visione che s’impone”, annota Tisi. Bensì di “trovare i segni del Risorto”.
Femminicidi, amore nefasto
“L’amore non sta in piedi senza la libertà”, ha aggiunto ancora don Lauro. “I femminicidi dicono quanto è nefasto l’amore che si impone. Dio non si impone, ma si offre attraverso il cammino della fede”. Perché “anche l’uomo è un burattino se non può avere la libertà di sottrarsi all’amore: perché se non c’è la libertà di sottrarsi non c’è l’amore. Che lezione per quest’ora della storia di relazioni tossiche, dove imponiamo l’amore e ce ne facciamo un baffo della libertà”.
Di qui l’invito finale di don Lauro a cercare il Risorto “nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità”. Non “nelle stanze della forza, della violenza, dell’arbitrio. Ma lì dove l’umano si fa perdono, tenerezza, gratuità”.
Ieri sera nella solenne Veglia pasquale in cattedrale, l’Arcivescovo ha benedetto il fuoco, simbolo del Risorto, e l’acqua battesimale, attingendovi poi per battezzare cinque adulti (tra loro tre sorelle): “Grazie alla gioia del Battesimo – ha commentato l’Arcivescovo – ora sono rivestiti di Cristo e in loro noi vediamo il segno che Cristo è risorto”.
Foto Panato