“Non tento o Signore di penetrare la tua profondità perché e’ ìmpari ad essa il mio intelletto, ma desidero in qualche maniera intendere la tua verità che il mio cuore crede e ama”. Queste parole, con le quali S.Anselmo inizia la sua opera il Proslogion, ci consegnano la motivazione più profonda del fare teologia: la teologia nasce come esigenza della fede stessa che “ama conoscere” (S. Agostino), ed insieme e’ esigenza dell’intelligenza umana che vuol intendere ciò che crede. Un cristiano adulto non si accontenta di vivere la fede, ne’ gli basta dare un buon esempio di coerenza: vuole capire, argomentare e comunicare la fede in modo significativo, tanto più in un mondo pluralistico come il nostro. Egli sente inoltre il bisogno di ragioni che non solo sostengano la propria fede, ma che lo spingano anche a chiarirla e purificarla, a renderla più coerente con i suoi contenuti e le sue esigenze. Potremmo allora interpretare la teologia come “l’entusiasmo critico della fede”, il frutto del desiderio di penetrare in profondità nelle “ragioni della propria speranza” e di saperle esplicitare. Quello dunque che è per tutti un appello alla riflessione critica sulla propria esperienza, diventa nella comunità una disciplina, scientificamente attrezzata, che si sviluppa come servizio per tutti e alla quale alcuni si dedicano con impegno professionale. Se tutto questo è vero, allora l’offerta di una formazione teologica diffusa diventa una risposta veramente promettente per il futuro della chiesa, chiamata a fare crescere personalità credenti robuste e a sviluppare un dialogo sempre più aperto ed intenso con il mondo.
don Andrea Decarli, delegato vescovile per la Cultura e l’Università e docente di Teologia fondamentale