In sole ventiquattro ore, dalla tarda mattinata di mercoledì 23 aprile, si sono recate nella basilica di San Pietro per rendere omaggio a Papa Francesco più di 50.000 persone. Lo rende noto la Sala Stampa della Santa Sede. Continuano, intanto, le file interminabili dei fedeli, da tutti gli accessi alla piazza delimitata dal colonnato del Bernini. La sera di mercoledì l’apertura della basilica di San Pietro è stata prolungata dalla mezzanotte fino alle 5.30 di stamattina, per poi riaprirsi all’accesso dei fedeli alle 7.
I funerali di papa Francesco si terranno sabato mattina a partire dalle 10, con diretta televisiva praticamente a reti unificate.
La Messa in suffragio nella cattedrale di Trento
Nella serata di mercoledì 23 aprile, in duomo a Trento grande partecipazione per la Messa in suffragio di papa Francesco, presieduta dall’arcivescovo Lauro e concelebrata da molti preti provenienti da tutta la Diocesi, insieme a tanti fedeli. Nei primi banchi molti rappresentanti delle istituzioni civili e militari.
Nell’omelia, l’Arcivescovo ha espresso la grande gratitudine della Chiesa trentina per la testimonianza offerta dal Papa nei suoi intensi 12 anni alla guida della Chiesa universale, tracciando alcune linee tematiche di un pontificato dal grande impatto esistenziale, per credenti e non credenti.
Ecco la trascrizione integrale dell’omelia di monsignor Tisi:
Narrazione di Dio a partire dall’umanità di Gesù
Pietro disse: “Non possiedo né argento né oro. Ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno. Alzati e cammina”. La vita di papa Francesco, successore di Pietro si è mossa esattamente in questa direzione. Il lascito più grande di papa Francesco alla Chiesa e al mondo è la sua narrazione di Dio a partire dall’umanità di Gesù. Raccontato con gesti e parole capaci di toccare la vita non solo dei credenti, ma anche di tanti uomini e donne in ricerca. Ciò che più ci ha consegnato in questi anni Papa Francesco è questa narrazione esistenziale, concreta di Dio che lui fa a partire dall’umanità concreta di Gesù. Una narrazione di cui abbiamo estremo bisogno. Per liberare quelle nostre narrazioni di Dio, spesso evanescenti, astratte, distanti, che non dicono nulla alla vita. Se c’è una cosa che sento di dover dire a riguardo di Papa Francesco è: impariamo da lui a parlare di Dio a partire da Gesù Cristo, dalla sua umanità e lasciamo da parte narrazioni di Dio che sono fatte a latere dell’umanità di Gesù, spesso senza Cristo. Narrazioni che poi diventano devastanti, non bucano lo schermo, non toccano nessuno e sono addirittura fuorvianti.
L’umanità come lo storpio
Questa nostra umanità è ben descritta dallo storpio e anche dalla tristezza dei due di Emmaus e della loro diffidenza nei confronti delle due donne che annunciano che Cristo è risorto. In questo storpio, in questa tristezza, in questa diffidenza, io vedo l’icona dell’umanità diffidente, triste, incapace di camminare e che sta tirando fuori purtroppo dal passato alcune dinamiche che pensavamo fossero state lasciate per sempre: la dinamica delle armi, della guerra, dei nazionalismi, dei muri, delle contrapposizioni. Questo armamentario che forse c’eravamo illusi di avere almeno per un po’ dimenticato, lo abbiamo sotto i nostri occhi e papa Francesco lo ha denunciato. E cosa ha consegnato a questa umanità? La narrazione umana di Gesù Cristo, in cui abita tutto il Dio della misericordia e tutto l’uomo. Ha consegnato a questa umanità il volto di questo Dio diverso, che ha scaldato il cuore di tanti, soprattutto di chi era ai margini, attingendo a Gesù Cristo, non a filosofie o quant’altro.
Le provocazioni sulla fraternità universale
E qui arrivo alle sue provocazioni sulla fraternità universale, il documento di Abu Dhabi, sintesi di tutto il suo grande annuncio sul fatto che siamo connessi gli uni con gli altri, che non possiamo vivere senza gli altri, che l’umanità è chiamata a vivere in fraternità. Da dove l’ha ricavata questa narrazione, che sentiamo essere di un’attualità impressionante? L’ha ricavata dal Dio di Gesù Cristo, dall’amore per questo Cristo. Io sento di dover dire alla nostra Chiesa: torna a lui, per respirare l’aria della fraternità come profezia per quest’ora di violenza, di frantumazione, di dissoluzione. Torna alla beatitudine di guardare l’altro non come un nemico ma come tuo fratello, tua sorella.
La custodia del creato
L’altra grande lezione che ci ha dato è quella legata alla custodia del creato, che per lui non era semplicemente una questione ambientale. Papa Francesco in linea con Francesco d’Assisi, quando vede il creato lo pensa alleato, lo chiama fratello o sorella. Il creato per papa Francesco è il compagno di viaggio. Noi stessi siamo creato, la custodia del creato va declinata in chiave antropologica: se tu ferisci il creato, ferisci te stesso. Perché tu stesso sei creato. Questa è una profezia impressionante, perché in questo momento la questione ambientale è finita in fondo a tutte le agende, più nessuno ne parla.
Pastori con l’odore delle pecore. Chiesa, lasciati toccare dal dolore
E ancora, papa Francesco ha invitato la Chiesa e in particolare ai vescovi che giustamente ha tenuto sotto pressione a svegliarci, a essere uomini che toccano l’umano, che hanno l’odore delle pecore. Invita i vescovi in primis, ma tutta la Chiesa a lasciarsi ferire dal dolore del mondo: non è questa una profezia impressionante in quest’ora della storia dove il dolore del mondo non ci tocca più? Vediamo bombardamenti, vediamo popoli annientati, e non ci fa né caldo né freddo. Papa Francesco ci ammoniva: lasciati toccare dal dolore, lasciati ferire, perché quelle ferite che ti toccano, ti umanizzano, ti portano fuori di te, ti rendono migliore.
La pace, letta con il Cristo di Bonhoeffer: offri la vita per l’altro
E poi ancora, la grande questione della pace. Quello che scrive nel testamento spirituale – “la sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita, l’ho offerta al signore per la pace nel mondo e la fratellanza fra i popoli” – tocca la grande questione della pace. Ma la pace non era per papa Francesco un’operazione diplomatica, era la pace del suo Signore, il Cristo nostra pace come lo chiama Paolo. Il Cristo di Papa Francesco è quello di Bonhoeffer: offri la vita per l’altro, vivi per l’altro. Se ti va dentro questo, tu bonifichi il mondo, bonifichi te stesso, arrivi alla vita. Grazie Papa Francesco. Fa che non semplicemente ti ricordiamo e magari abbiamo un po’ di nostalgia della tua umanità concreta e vicina, delle tue narrazioni di Dio, ma fa che noi proviamo a diventare come Chiesa, come popolo di Dio, una narrazione di Dio toccando le ferite, soccorrendo gli ultimi.
I poveri siano signori della nostra vita
Cominciando dai poveri, tanto amati da Papa Francesco. Egli ha continuato a raccontare: dobbiamo smetterla con la cultura dello scarto ed eleggere i poveri a signori della nostra vita. È emblematico che l’ultima uscita dal Vaticano sia stato per lui il carcere di Regina Coeli. È la consegna per tutti noi, da lì si riparte.
Foto: Zotta