Come dare continuità alle esperienze spot dei nostri validi giovani?
Un partecipante all’assemblea pastorale di Rovereto
Le Giornate mondiali della gioventù, gli incontri a Roma con Papa Francesco, i pellegrinaggi, le settimane di servizio con gli ammalati, l’animazione in oratorio, le conferenze, o ancora la partecipazione ad una Messa, ad una veglia… tutte esperienze che coinvolgono i giovani e che possono essere vissute in modo sporadico e senza continuità.
Esperienze spot, appunto. Tutte queste esperienze corrispondono al bisogno di aggregazione e di condivisione; intercettano il desiderio di ascoltare, di discutere, di mettersi alla prova; offrono stimoli e conoscenza; in definitiva, possono costituire una risposta alla ricerca di senso e di trascendente che ogni giovane ha dentro di sé. Proprio per questo non bisogna denigrarle, anzi riconoscere che esse possono avere un valore, purché non siano esperienze chiuse in se stesse ma mantengano viva la domanda di senso; a patto che rimandino ad orizzonti più ampi e,
in definitiva, ad una comunità. Oggi infatti difficilmente i giovani cercano nelle proprie parrocchie un luogo dove vivere con continuità la propria fede: l’età e l’esperienza di vita li spingono piuttosto a cercare esperienze in luoghi altri rispetto a quelli in cui sono nati. Del resto, gli anni giovanili sono preziosi per maturare un’idea di appartenenza alla chiesa, che è Chiesa universale; per sperimentarsi in diversi servizi, e comprendere quale è il proprio carisma: la partecipazione a eventi e a iniziative diversificate permette la conoscenza di diverse facce della chiesa, altrimenti difficili da incontrare.
Ma dopo? Una volta tornati dalla GMG, da una Messa particolarmente partecipata, cosa succede? Vale la pena rovesciare la domanda e chiedersi: quale comunità trova il giovane che desidera dare continuità alle proprie esperienze? Le nostre comunità sono luoghi attraenti e accoglienti per i giovani, luoghi ai quali essi desiderano appartenere, in cui desiderano stare?
Il Sinodo dei giovani ha messo in luce che i giovani desiderano e chiedono con forza che la chiesa sia una comunità, intesa come legami significativi, rete di relazioni intergenerazionali, luogo dove, accompagnati, possano fare sintesi delle diverse esperienze. In essa cercano possibilità di mettersi in gioco e relazioni, desiderano incontrare testimoni coerenti e credibili, che non diano risposte facili ma li accompagnino nella ricerca; chiedono adulti che sappiano testimoniare la bellezza di una vita vissuta alla luce del vangelo.
Una fede che si nutre solamente di eventi spot diventa una fede individualista, porta alla costruzione di un Dio su misura, fatto ad immagine e somiglianza di chi lo cerca: questo non è Gesù di Nazareth! Agli adulti il compito di testimoniare con gioia che una fede vissuta in comunità e in continuità apre scenari ampi e conduce alla scoperta di un volto di Dio che è relazione e si nutre di relazione. Una comunità che aprendo la porta testimonia queste parole, fa in modo che chi vi si affaccia desideri entrare e farne parte.
Cecilia Cremonesi
Referente Servizio Pastorale giovanile