Morte papa Francesco, vescovo Lauro: “Grande commozione. È stato davvero un profeta. Le comunità preghino perché non smarriamo quello che ci ha insegnato e perché lo Spirito Santo ci doni qualcuno che riparta da lì”

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“In me c’è grande commozione. Papa Francesco per la Chiesa è stato davvero un profeta, su mille fronti. Ha fatto entrare nella Chiesa l’aria dello Spirito, invitandola la Chiesa a ripensarsi in chiave evangelica. Quello che mi ha sempre accompagnato e che non dimenticherò mai è la sua narrazione di Dio, fatta a partire dall’umanità di Gesù. Davvero papa Francesco parlava di Dio frequentando l’umano di Gesù e lo ha saputo narrare con una intensità formidabile”.

Sono le prime parole pronunciate dall’arcivescovo di Trento Lauro Tisi nel suo ricordo di papa Francesco davanti ai giornalisti trentini, convocati poco dopo mezzogiorno al polo culturale Vigilianum.

Monsignor Tisi ha spaziato su molti dei temi al centro del pontificato di papa Bergoglio: dalla sua teologia narrativa, a partire dell’umanità di Gesù, all’invocazione continua della pace;  dalla sfida ambientale all’impegno per la fraternità universale; dalla necessità per la Chiesa di uscire dalle sacrestie per incontrare l’umanità,  in particolare gli ultimi, alla lotta serrata agli abusi nei confronti dei minori.

Don Lauro, nominato vescovo da papa Francesco nel 2016 (come un altro vescovo trentino, Ivan Maffeis, due anni fa), ricorda gli incontri con lui per il dono dell’albero di Natale (dicembre 2024) e l’intenso dialogo nella visita ad limina con i vescovi del Triveneto lo scorso anno.

Rivolgendosi alla Diocesi trentina, don Lauro dice: “Siccome io penso papa Francesco già nella terra di Dio, le comunità preghino perché non smarriamo quello che ci ha insegnato e perché lo Spirito Santo ci doni qualcuno che riparta da lì”. “Probabilmente da qui in avanti cominceremo a capire la grandezza di questo Papa, del suo insegnamento che per me lo colloca tra i grandissimi Papi della Chiesa.”

Ecco la trascrizione integrale dell’incontro di monsignor Tisi con gli operatori dei media:

Ho appreso la notizia al mio paese dove ho celebrato alle 9 l’eucarestia e al termine della messa alcuni fedeli mi hanno detto che avevano appena ricevuto la notizia che era morto papa Francesco.
È davvero una sorpresa, soprattutto perché ieri nulla faceva presagire un esito di questo tipo. In questo momento, dentro di me c’è una grande commozione. Perché papa Francesco per la Chiesa è stato davvero un profeta. Su mille fronti. Veramente ha fatto entrare nella Chiesa l’aria dello Spirito. Ha posto tutta una serie di questioni. Innanzitutto, invitando la Chiesa a ripensarsi in chiave evangelica.

Quello che mi ha sempre accompagnato e che non dimenticherò mai è la sua narrazione di Dio, fatta a partire dall’umanità di Gesù. Davvero papa Francesco parlava di Dio frequentando l’umano di Gesù e lo ha saputo narrare, raccontare con una forza, con una intensità formidabile. È diventato davvero il suo modo di narrare Dio un qualche cosa di unico e irripetibile. Io mi auguro di rimanere sempre nel solco di quello che da lui ho imparato e di raccontare Dio partendo dall’umano di Gesù che ti consente di intercettare l’umano e di dare forza all’umano, ed è questo che gli ha permesso di diventare questa voce universale. Evangelica.

In questi anni non ha mancato di denunciare il riarmo, sollevare l’istanza della pace, l’ha cercata con tutte le sue forze, cominciando dall’invitarci a pregare per la pace, con gesti incredibili. Davvero questa è stata una lezione incredibile.

Non da meno anche la questione ambientale, che in questo momento sta andando sullo sfondo. Lui, ma non solo nell’enciclica, ha fatto diventare la questione del creato una questione dell’uomo. Questa è la bellezza. Non una bandiera ideologica ma la questione ambientale come questione dell’uomo, ripristinando questo dialogo tra l’uomo e il creato

Dimensione meravigliosa è stata quella della fraternità: lo documenta la “Fratelli Tutti” ma tutta la sua storia è stato davvero un mettere in luce questa istanza del ripristinare la fraternità e in queste ore così così violente, così disumane, dove c’è così poca fraternità, lui ha veramente mandato come messaggio globale quello della fraternità. E credo che questa sia una profezia assoluta per quest’ora: o torniamo a guardarci e dire tu sei mio fratello, tu sei mia sorella, interagiamo, dialoghiamo o è la fine

E poi anche tutto il lavoro sulla Chiesa, per invitarla a venir fuori dalle sacrestie e ad andare sul terreno dell’umano. Una Chiesa invitata a scrollarsi di dosso tutta una serie di realtà che l’hanno resa a volte opaca, incapace di incidere. Ricordo anche tutta la sua lotta contro gli abusi sui minori. Veramente ha fatto di questo tema un passaggio importante, richiamando la Chiesa al gravissimo danno arrecato con questa piaga degli abusi.
E ancora, devo ricordare anche l’invito a far sì che chi ha una responsabilità nella Chiesa, cominciando dai vescovi, dai preti: siate umani, siate sulla scia di Gesù Cristo, non siate persone distaccate, persone del potere.
Ecco tutto questo mi commuove mentre ve lo racconto. Sento dentro di me proprio una commozione e la grande nostalgia. Sono sicuro che quanto ha seminato ha segnato talmente la Chiesa che non potremmo fare a meno di ripartire da lì.

Un ricordo anche personale, magari dell’ultima volta che l’ha visto. Cosa vi siete detti? E poi cosa si aspetta anche per il futuro?
L’ultimo incontro è stato in occasione della consegna dell’albero di Natale. E in quel momento è stato molto bello perché ormai avendolo incontrato più volte, mi conosceva personalmente e quindi mi ha chiesto ‘come stai, come va?’

Ma l’incontro intensissimo che ho avuto con lui è stato durante la ‘visita ad limina’, nel febbraio dell’anno scorso, in quelle tre ore di colloquio coi miei confratelli vescovi del Triveneto, dove. Veramente in un dialogo molto fraterno. Ci siamo confrontati e mi ricordo che a una mia determinata richiesta mi ha detto: vai avanti, vai avanti, non aver paura, continua.
È stato un incontro meraviglioso per tutti noi, per me in particolare, e come tutte le volte che l’ho incontrato, dopo tre secondi mi sembrava di parlare con una persona amica, non con una un’autorità. Tutti gli incontri sono stati così. Questo della visita ad Limina non lo dimenticherò mai. E mi ha anche detto: so che hai poche vocazioni. Guarda, prego per te, per le vocazioni,
Per il futuro, naturalmente io mi auguro che il solco tracciato continui davvero. La mia speranza è che quello che lui ha realizzato dentro la Chiesa, quei segni che non sono solo segni, quei cambiamenti vadano nella direzione che lui auspicava. Davvero dobbiamo augurarci che questo suo segno continui.
Naturalmente chi verrà dopo di lui avrà la sua personalità, e non le personalità non si replicano, ma non si potrà prescindere da quanto Francesco ci ha insegnato e credo che nessuno potrà partire da un punto diverso da quello dove ci ha portati.
Tra i temi sui quali tante volte è tornato papa Francesco nel suo pontificato c’è quello degli ultimi. Un tema che anche lei in questi anni ha mostrato di di condividere, di seguire, di far suo. Come pensa si potrà andare avanti?
Quando prima parlavo di segno indelebile da cui non si può prescindere, credo che uno è questo. Non possiamo allontanarci da questo terreno dei poveri, perché una Chiesa senza i poveri non è più chiesa. Questo è una delle pietre miliari che lui ha seminato. Non solo con le parole, ma coi gesti. Mentre arrivavo qui mi commuoveva pensare che ha voluto essere nel carcere di Regina Coeli. Guardate che quello è il suo testamento e credo che quel viaggio a Regina Coeli ogni vescovo deve imprimerselo nel cuore e dire: non posso non avere la priorità assoluta nei poveri, un vescovo che non ha i poveri come priorità assoluta non è un vescovo. Altrimenti, tradisce il Vangelo.
L’ultimo messaggio di Papa Francesco era è stato molto potente. Ha parlato a poche ore dall’incontro con il Vicepresidente americano di dignità dei migranti. Ha parlato di disarmo in un’epoca in cui da più parti si invoca invece il riarmo…
Per me è spaventoso il fatto che ci sia un linguaggio bellico che viene utilizzato continuamente in maniera disinvolta. Per me stamattina, senza saperlo, nell’omelia al mio paese ho detto se c’è una follia è pensare che con le armi produci la pace. Tutte le guerre non hanno mai prodotto pace, e davvero la questione del riarmo, che perfino nel linguaggio si è sdoganata, è qualche cosa di veramente orribile. E quello che ha detto ieri nel messaggio letto urbi et orbi è un passaggio straordinario: i popoli non si salveranno con le armi.
Lei don Lauro è stato nominato vescovo da papa Francesco nel 2016 e anche un altro vescovo trentino è stato nominato da papa Francesco: il vescovo Ivan…
Sono contento di questo riferimento personale. Io sento il privilegio di essere stato nominato da papa Francesco. L’ho pensato ripetutamente in questi anni, in queste ore ancora di più: sono contento che un simile Papa mi abbia nominato vescovo. Ci siamo sentiti anche con don Ivan, venuto pure lui a trovare i familiari ed ora sulla strada del rientro a Perugia. Ci siamo scambiati proprio pochi minuti fa le reciproche convinzioni della bellezza e della forza di questo Papa.
Rivolgendosi alla Diocesi, qual è il modo migliore per ricordare papa Francesco?
Innanzitutto, credo importante che le nostre comunità si convochino per pregare. Noi, come ha detto, avremo un momento diocesano mercoledì (Messa in suffragio mercoledì 23 alle 19 in Duomo, n.d.r.), ma in questo periodo, in queste settimane, è importante che la comunità si stringa in preghiera per lui. Io aggiungo: che si stringa in preghiera con lui, domandando che la sua passione per il Vangelo vada avanti, per cui la preghiera che chiedo alla Comunità sicuramente è per Papa Francesco. Ma siccome io lo penso già nella terra di Dio, l’importante è che le comunità preghino, perché non smarriamo quello che ci ha insegnato e perché lo Spirito Santo ci doni qualcuno che riparta da lì. A portare avanti la vita della Chiesa, per cui preghiamo sicuramente per Papa Francesco. Ma io aggiungo: preghiamo con Papa Francesco: chi è credente sa che nella comunione dei santi egli può pregare adesso con noi. Io direi alla comunità cristiana: invoca la preghiera di Papa Francesco, perché ci aiuti ad essere come lui voleva, una chiesa del Vangelo, una chiesa povera per i poveri. E su questo terreno mi preme anche dire un’ultima cosa. È interessante l’affetto di questo Papa per Maria: come sapete ha chiesto anche di essere sepolto a Santa Maria Maggiore. Anche uscito dal Gemelli era è passato a Santa Maria Maggiore, lui aveva questo affetto per Maria fortissimo. E allora pensando a don Tonino Bello che parla della donna dell’ultima ora io ho pensato che questa mattina ad accompagnarlo dal Padre è stata Maria, la donna dell’ultima ora. E allora invoco Maria, perché lei che, come Papa Francesco, è stata davvero discepola e donna del Vangelo, renda le nostre comunità, non comunità di apparati ma comunità del Vangelo. Umane, vicine ai poveri, per gli altri.
L’ultimo dono che la diocesi di Trento ha fatto Papa Francesco è stato un crocifisso, la croce del Giubileo realizzata dai giovani falegnami di Tesero…
Questa croce non è stata ideata da un teologo, da qualcuno di noi. L’hanno inventata i ragazzi, con settimane e settimane di dialogo tra di loro per dire cosa volevano rappresentare con quella croce. E hanno stupito tutti. Quando l’abbiamo portata a Roma e c’era il Cardinal Parolin a riceverla. Il cardinal Parolin stesso è rimasto colpito. I ragazzi hanno spiegato che questa croce è vuota, ha dei buchi, perché le ferite possano diventare feritoie. La morte di Papa Francesco mi auguro che sia una ferita che diventa una feritoia che crea il cambiamento. Probabilmente da qui in avanti cominceremo a capire la grandezza di questo Papa, del suo insegnamento che per me lo colloca tra i grandissimi Papi della Chiesa.