Sono le terre di provenienza delle missionarie e dei missionari – in Trentino per un periodo di riposo – che si sono incontrati giovedì 4 luglio al Seminario (alcuni erano accompagnati dai loro parroci e animatori di gruppi missionari) per uno scambio di esperienze e per riflettere sul significato della “missione” oggi. Si respirava un’aria di mondialità – ampi spazi, prospettive di lungo raggio – favorita da persone credibili perchè hanno dedicato la propria vita per e con genti “lontane”.
In molti casi non sono certo periodi brevi di missione, i loro. Una religiosa di Albiano è stata in Patagonia già a partire dal 1950, ma per tanti sono parecchi i decenni accumulati, come per chi è presente nelle Filippine da ben 39 anni o in Mozambico da 52. Fedeltà consolidate come quella di suor Ersilia Mantovani messa in evidenza nella lettera dell’Arcivescovo.
Capita che quando ritornano avvertono come uno spaesamento, un non ritrovarsi più, per lo meno in quel tessuto sociale e in quelle relazioni umane che appaiono ben diverse nei quartieri di città e nei paesi del Trentino. Un “paesaggio” umano cambiato, una sorta di mutazione antropologica.
In questo contesto di continuo cambiamento mons. Lauro Tisi, ha voluto rimarcare la necessità di “ripensare l’azione missionaria della nostra diocesi”. Non a caso con le ultime nomine sono stati per così dire “richiamati” tre missionari “fidei donum” – dopo un lungo periodo trascorso in America Latina – per essere inviati in alcune parrocchie trentine a portare la loro esperienze. Oltre ad una necessità contingente questo ritorno va “letto” in una continuità perché oggi la terra di missione risponde all’invito di Gesù “andate in tutto il mondo”, quindi anche “qui e ora”.
Da questi rientri – che saranno valorizzati quest’estate anche in momenti di confronto diretto con l’Arcivescovo –
ci si attende insieme uno “scambio e una provocazione”, perché anche la terra trentina oggi vive contraddizioni per cui magari ci si impegna a sostenere o realizzare la costruzione di pozzi o interventi sanitari in Africa ma poi si dimostra un atteggiamento contrario all’accoglienza di qualche migrante arrivato.
L’Arcivescovo si è detto preoccupato rispetto a questi atteggiamenti di chiusura che non vanno nella direzione evangelica dell’accoglienza a chi si trova in difficoltà ed ha sottolineato anche alcune scelte amministrative che puntano a penalizzare quest’attività a favore dei popoli poveri.
I missionari – anche nei piccoli gruppi in cui si è riflettuto sulla missione oggi – hanno dimostrato una visione evangelica, quindi ottimista nonostante tutto, che deriva dalle ragioni della loro stessa vita. Se è indubbio che cala la partecipazione in Trentino, anche “piccoli gruppi sono più motivati e operano con autenticità”, si è detto, ed è stata ribadita l’importanza della testimonianza: “Dobbiamo saper dimostrare con la vita che essere cristiani è un’esperienza che arricchisce e dà gioia”. “Dobbiamo tornare a vivere con semplicità il vangelo”, è stato il richiamo all’essenzialità..
L’incontro, culminato nella Messa e poi nel pranzo insieme, ha consentito di cogliere anche la riorganizzazione della pastorale missionaria guidata da un anno da don Cristiano Bettega e da una staff di laici, ora nella sede di via Barbacovi.
Molto interessante anche il confronto con la Commissione Giovani – ragazze e ragazzi che “ci credono” e vogliono portare avanti le esperienze di condivisione estive – è parsa come una continuità che forse non viene meno, nonostante le mutate condizioni. Anche da loro può venire un contributo per rinnovare l’impegno missionario della Chiesa trentina.
Roberto Moranduzzo – articolo tratto da Vita Trentina del 14 luglio 2019 (n. 27)