Nessuna benedizione dei rami d’ulivo, nessuna processione: è la Domenica delle Palme al tempo del Coronavirus. A Trento come in tutte le chiese, si vive un’ “inedita e surreale” domenica di Passione, come la definisce il vescovo Lauro aprendo la Settimana Santa, cuore di tutto l’anno liturgico. “I rami d’ulivo -ha ricordato il vescovo all’inizio della celebrazione- hanno quest’anno i lineamenti dei medici che hanno pagato con la vita il servizio ai malati. Ricordo in particolare la dottoressa Gaetana, medico in Val di Fassa. Hanno il volto pieno di dignità di tanti ammalati, che in solitudine salgono l’erta del calvario. Hanno il viso stremato dalla fatica dei nostri operatori sanitari che quotidianamente rischiano la vita per noi. Hanno i colori forti della fatica di tanti uomini e donne che ogni giorno lavorano per garantirci i servizi essenziali. Hanno le mani di tanti operatori e volontari che si prendono cura dei poveri nelle varie strutture di accoglienza. Hanno la compostezza e la determinazione di rimanere a casa, sapendo essere questo un sublime atto d’amore, delle nostre famiglie preoccupate per il lavoro e il futuro. Hanno i tratti di tanti sacerdoti, religiose e religiosi, e anche alcuni vescovi, che con grande fede e forza d’animo affrontano la malattia che li ha colpiti”.
Un accenno anche per la comunità dei frati cappuccini trentini, che proprio nella Domenica delle Palme hanno visto la morte di un altro loro confratello, fra Emerico Senoner, del convento di Rovereto.
A caratterizzare la Domenica delle Palme è il lungo racconto della passione e morte di Gesù, che induce l’arcivescovo Lauro a un immediato parallelo: “La Settimana Santa, assolutamente inedita e surreale, in cui entriamo, non occorre esplicitarlo, è davvero per tutti settimana di passione”. L’accostamento tra il dolore estremo di Gesù e la sofferenza provocata dall’epidemia è il filo conduttore dell’omelia di monsignor Tisi, in questa anomala domenica, con la messa celebrata nel Duomo a porte chiuse e trasmessa in diretta Tv e streaming sul web.
Una settimana di passione “per tanti -ha proseguito don Lauro- che negli ospedali e nelle case di riposo affrontano la dura realtà della malattia o in solitudine vanno incontro alla morte. Mai, come questa volta, possiamo dire – seppure con diversa intensità – d’essere in croce, con quanto questo comporta: paura e angoscia, tristezza senza fine, bisogno di vicinanza e compagnia, lacerante percezione di essere abbandonati”.
“Mi permetto di invitarvi -ha concluso mons. Tisi- a soffermarvi sulla rapida e frettolosa sepoltura riservata a Gesù: possa diventare conforto per tutti coloro che in questi drammatici giorni hanno dovuto vivere la stessa esperienza con i propri cari. “Ave, o Croce, unica speranza”, recita un antico inno alla croce. In questa anomala Settimana Santa, la misteriosa luce del Calvario rischiari le nostre tenebre”.
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