“La cosa giusta? Abbassati, servi, ascolta e accogli”. L’invito dell’arcivescovo Lauro ai nuovi accoliti (tre seminaristi e due futuri diaconi permanenti)

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“La cosa giusta? Abbassati, servi, ascolta e accogli. Ma non come regola morale, bensì come unico modo per vivere. Ecco la vita da Dio! Come sarebbe bello se l’Eucarestia diventasse la festa dove Dio ti offre questi attrezzi del mestiere e tu senti che non c’è niente di più bello di questo. L’Eucarestia è andare alla fonte per sentire che quando ospito l’altro nella sua diversità divento grande e conosco la gioia”. È il mandato dell’arcivescovo Lauro a tre giovani del seminario diocesano e due candidati al diaconato permanente, a cui è stato conferito il ministero dell’Accolitato durante la s. Messa nella Chiesa parrocchiale di Pergine Valsugana nel pomeriggio di domenica 8 gennaio, festa del Battesimo di Gesù. I nuovi accoliti – ora in grado di svolgere il servizio all’altare e fare dono della comunione eucaristica – sono i seminaristi Alberto Bolognani di Vigo Cavedine, Filippo Zanetti di Darzo e Federico Mattivi di Pergine e due adulti destinati a diventare diaconi permanenti: Ettore Barion di Torbole e Antonio Caproni della parrocchia di San Marco di Rovereto.

In avvio della celebrazione, ricordando il mese dedicato all’unità delle Chiese, monsignor Tisi invita a pregare in particolare per l'”unità della Chiesa cattolica che sta attraversando tensioni, alimentate da chiacchiere e da gossip che, di certo – sottolinea rilanciando il monito di papa Francesco all’Angelus domenicale -, non fanno onore alla Chiesa e rendono estremamente difficile l’Annuncio. Il Signore – invoca don Lauro – protegga la Chiesa dalla disunione. Preghiamo perché ognuno senta che il primo compito è costruire comunione e non essere motivo di divisone”. Dall’Arcivescovo poi, l’ennesimo, accorato, appello “per la pace nel mondo e in particolare in Ucraina. Lo scandalo delle guerre tra cristiani che poi cantano nelle liturgie il Signore Gesù – constata con amarezza Tisi – possa essere corretto da una Chiesa che umilmente domanda perdono a Dio per i suoi molti peccati e per essere, come i discepoli nel cenacolo, impegnata più a discutere chi è il più grande anziché abbracciare l’asciugatoio e il catino per lavare i piedi”.

Nell’omelia, commentando il racconto evangelico del Battesimo di Gesù al Giordano per mano del Battista, don Lauro cita Sant’Ippolito e la sua “immagine del fiume – che è Gesù – il quale s’immerge nel filo d’acqua del Giordano”. Una rivelazione, per l’Arcivescovo, di quel “Dio che è potente perché si ritrae, lascia campo, ospita e accoglie. Chi s’allarga invade il campo, è un violento”. “Chiediamo – aggiunge don Lauro – il collirio dello Spirito” per vedere “in Dio il volto e lo stile di una madre. Ecco la questione cruciale per la Chiesa: raccontare questo Dio che si ritrae. E ognuno di noi è quel filo d’acqua che può con commozione ospitare il fiume perenne che rallegra la città di Dio”. “Esultate e fate festa – dice l’Arcivescovo fissando negli occhi i candidati all’accolitato – perché il filo d’acqua che è la nostra vita rallegra il cuore di Dio. Il ministero non è azione in cui mettiamo in campo i nostri ferri di bottega, ma quelli di Dio: un grembiule, un catino e un piede sporco da lavare. Abbiamo bisogno della lezione del Giordano: abbassarsi e fare spazio, donare vita”.