Gent. direttore, mi chiedo spesso in questi giorni a cosa sia dovuto questo rinnovato interesse rispetto al tema delle apparizioni della Madonna (penso anche al successo della rivista dei Paolini “Maria con te”), nonostante la prudenza con cui il Papa affronta questi fenomeni come si è visto nel caso di Medjugorie. Anche in Pinè quest’anno si ricordano le apparizioni di 290 anni fa, ma a me sembra che alla sensibilità moderna e anche a quella dei nostri figli parlare di apparizioni sia piuttosto controproducente, nel senso che c’è molto scetticismo verso la verità storica e anche verso un certo devozionismo.
Una mamma abbonata
Quello cui si riferisce il lettore è sintomo di un fenomeno che travalica l’ambito religioso; non facile da valutare del resto, anche perché non solo la teologia, ma anche altre scienze umane avrebbero qualcosa da dire al riguardo. La frequenza di “apparizioni” nel Cristianesimo, tuttavia, non dovrebbe meravigliare troppo: è una “fede storica”, non solo nel senso che ha visto la luce nel corso della storia e in una cultura ben precisa, ma anche perché ritiene che il Trascendente stesso ha scelto di abitare la storia, animandola di ideali e valori che la rendano via via più umana, o quantomeno le evitino il rischio di retrocedere a “giungla”. Non spetta alla Chiesa peraltro rendere autentiche le apparizioni; essa si limita a dichiarare credibili quelle che – per le modalità e per i messaggi che trasmettono – sono in perfetta sintonia con il Vangelo di sempre. Ma il Vangelo, lo si sa, non di rado rischia di venire dimenticato o, se non altro, di passare in second’ordine: è allora che le apparizioni ritenute credibili sollecitano i cristiani a darsi una mossa, a ritrovare coerenza, a convertirsi al Vangelo in una parola. La patente di credibilità data dalla Chiesa, tuttavia, non ha alcun valore dogmatico: a quelle apparizioni si può credere, se ne possono trarre vantaggi preziosi, ma non vi è alcun obbligo di ritenerle autentiche.
Il fenomeno è comunque complesso, al punto da non sfuggire al rischio d’ambiguità: che “anche Satana possa mascherarsi da angelo di luce” è un dato di fatto quantomeno fin dai tempi di San Paolo (sono parole sue: 2 Cor 12,14). Gli astuti, abili a trarre profitto anche da fenomeni solo in apparenza religiosi, non sono mai mancati né mai mancheranno. In genere, tuttavia, non è necessario troppo tempo per smascherarli.
Ma perché tali fenomeni – veri o presunti che siano – abbondano proprio in quest’epoca? Si direbbe che certa religiosità, cacciata rumorosamente dalla porta alcuni decenni or sono, stia rientrando stranamente dalla finestra. Cos’è mai accaduto? Cause e motivazioni hanno radici che risalgono quantomeno nell’epoca dei “lumi” (illuminismo). Non è questo il luogo di disquisizioni troppo approfondite, basti dire che se la cultura biblica riteneva che la persona avesse quale unico centro il “cuore” (inteso come sede simbolica sia di pensiero e di ragionamento, sia di sentimento e di volontà), in Occidente quel centro è stato spezzato in due: cervello (sede di raziocinio, pensiero, progettualità) e cuore (simbolo di affettività, sentimenti ed emozioni). L’illuminismo ha privilegiato a tal punto la capacità razionale dell’uomo (il cervello, con le sue tipiche competenze e abilità) da misconoscere e ridicolizzare come retrogrado tutto ciò che riguarda il sentimento, l’affettività, l’emotività, la volontà stessa (il cuore in una parola). Le apparizioni, con quel comune denominatore di messaggi che parlano di vicinanza divina compassionevole, di condiscendenza e tenerezza materna o amica, di conversione come scelta di volontà, fanno pensare a “interventi divini d’emergenza” in soccorso di una dignità umana ridotta a puro raziocinio, e pertanto impoverita e in progressivo degrado. È nota l’affermazione di Pascal a tale riguardo: “Il cuore conosce delle ragioni che la ragione non conosce”.
Le immani atrocità che hanno insanguinato il secolo scorso non sono che l’estremo risultato di una razionalità assoluta e tirannica (dov’era finito il cuore?); da qui il conseguente crollo delle ideologie e la diffidenza nei confronti di ogni dogmatismo astratto (anche in ambito religioso). Ma val la pena per questo affidarsi in maniera acritica a ogni evento anormale? La presunzione che privilegia o assolutizza la dimensione razionale, che rifiuta o sorride quantomeno di fronte ad apparizioni dichiarate credibili, non s’è ancora esaurita, ma tuttavia già si va ridimensionando (la vera scienza, dal canto suo, non teme finalmente di riconoscere i suoi limiti); nella cultura e nell’esperienza umana invece tale presunzione sta ancora …zoppicando: prova ne siano le espressioni di plagio (in ambito esoterico, o politico) in cui cadono facili vittime individui che pure si gloriano di eccellere per razionalità e atteggiamento critico.
Papa Francesco, doverosamente prudente e personalmente critico, com’è noto, verso il fenomeno Medjugorie, non poteva esimersi dal prendere provvedimenti “pastorali” in un ambito che vede comunque autentiche manifestazioni di fede, né dal consentire un degno svolgimento di pellegrinaggi, a prescindere da qualsiasi riconoscimento sui veri o presunti fatti che sarebbero all’origine del fenomeno. Tutto ciò è interessante: conferma, se non altro, che – se spetta al Magistero ecclesiale il compito di discernere le vere dalle false “apparizioni” – tutto il popolo di Dio dal canto suo possiede un “senso di fede” che può trasformare un luogo misconosciuto in ambito privilegiato di spiritualità, cui dare un proprio apporto e da cui attingere a propria volta. E questo a prescindere dal credere o meno a ciò che può esservi accaduto alle origini. (Il che, se pure in misura minore, vale anche per Pinè: nonostante deposizioni credibili e verbalizzate in processi canonici, il fenomeno apparizioni non ha mai avuto un riconoscimento ufficiale da parte del Magistero della Chiesa; la sua credibilità è legata da un lato all’assidua partecipazione di Vescovi diocesani e della regione Triveneta a particolari eventi del santuario, e dall’altro all’ininterrotto affluire di pellegrini. Tutto ciò, in ogni caso, non consente di relegare a dato archeologico o a pura suggestione quanto accadutovi 290 anni fa. Se l’autenticità di Pinè non ha avuto alcun riconoscimento “cartaceo”, l’ha certamente avuto di fatto!).
Al lettore, che si chiede se non sia controproducente parlare di apparizioni ai figli, posso rispondere così: se ho occasione di parlare di fede con un adolescente o un giovane, non comincerò dall’argomento “apparizioni”: vi è una gradualità anche nell’esperienza cristiana. Ma soprattutto lo solleciterò ad armonizzare cervello e cuore, sia nell’esperienza di fede che nella vita, per non ritrovarsi domani una personalità ridotta quanto a dignità e impoverita nelle sue naturali prerogative.
don Piero Rattin