“Più vengo a contatto con la vita di Antonio e più posso dire di lui che era un uomo che, mentre abitava il presente, generava futuro”. A sei anni dalla sua tragica morte nell’attentato di Strasburgo, il ricordo di Antonio Megalizzi è risuonato nel tardo pomeriggio di mercoledì 11 dicembre nella chiesa di Cristo Re a Trento, dove l’arcivescovo Lauro Tisi ha presieduto la S. Messa in sua memoria.
Davanti alla famiglia Megalizzi – seduti nel primo banco i genitori Anna Maria e Domenico, la sorella Federica e l’ex fidanzata Luana –, ai promotori della Fondazione che porta il suo nome e a tanti amici della comunità parrocchiale, l’Arcivescovo ha parlato dello “stupore che mi abita – ha ammesso – nel vedere come questo giovane che non era conosciuto dalle cronache mediatiche fosse una sorgente incredibile di immaginazione, di futuro e di vita”.
Uomo del presente e non del passato
“In quel suo sguardo, in quel sorriso – ha detto ancora don Lauro – si percepisce una persona speciale, soprattutto una persona che guarda oltre il presente. Anche la Fondazione non avrebbe raggiunto i risultati che sta ottenendo se non avesse avuto come riferimento Antonio, come fattore determinante del proprio agire. Perché a muovere la Fondazione non è semplicemente il grande impegno per l’Europa, per l’educazione al dialogo e alla pace, ma la presenza viva di un uomo che avverti come presente e non passato. Questo è profondamente innovativo. Ed è per me è la documentazione di quello che la Chiesa chiama ‘Comunione dei Santi’: fratelli che sono nella terra di Dio, ma sono anche nella terra dell’uomo come pianta che genera”.
Con e per gli altri
Monsignor Tisi si è rivolto infine con particolare affetto direttamente ai familiari: “Come vi ho detto altre volte, il tempo non cancella il dolore. ‘Venite a me affaticati e oppressi e io vi ristorerò’, ci ha ricordato il Vangelo. E il ristoro quest’anno, se volete, è questa mia testimonianza personale di come io vivo il ricordo di Antonio: lui è sorgente che genera vita e ci ricorda che val la pena giocare la vita come l’ha giocata lui, nell’uscire da sé e immaginare futuro. Lui si pensava ‘con’ e ‘per’ gli altri. Non è forse la lezione di cui abbiamo bisogno in questo momento, mentre vediamo che chi gestisce responsabilità, anziché essere ‘con’ e ‘per’, spesso si muove con criteri di bassa lega e di autoreferenzialità? Il sistema politico-economico, ma anche quello ecclesiale, sono pieni di uomini autoreferenziali”.
“Caro Antonio – ha concluso l’omelia don Lauro -, continua la tua azione di generatore di vita e fa’ che impariamo a pensarci ‘con’ e ‘per’”.