Il monito dell’arcivescovo Lauro nella Sesta domenica di Pasqua: “Stiamo dimenticando l’enorme dolore provocato dalla pandemia. No al parlare violento e conflittuale e alla logica della competizione”. “Pieno rispetto delle regole, vincoli d’amore” per la ripresa delle messe con il popolo

bookmark

Messa della Sesta domenica di Pasqua, in cattedrale, presieduta dall’arcivescovo Lauro, per l’ultima delle undici domeniche a porte chiuse dall’inizio dell’emergenza Coronavirus. Da domani si torna a celebrare l’Eucarestia alla presenza del popolo. “Sarà comunque una ripresa parziale e graduale – sottolinea in apertura l’Arcivescovo –, nel pieno rispetto delle regole: cerchiamo di viverle come vincoli d’amore per la tutela della salute dei nostri fratelli. È totalmente estraneo all’Eucarestia – aggiunge – una fruizione individuale e personale, dimenticando gli altri”. Quindi il pensiero a bambini e ragazzi “che in questo momento di ripartenza – secondo don Lauro – rischiano di restare invisibili e ignorati, anche nelle nostre comunità ecclesiali.”

Nell’omelia monsignor Tisi commenta il Vangelo di Giovanni, in cui Gesù promette il dono dello Spirito della verità, “che ci porta – spiega – al nucleo essenziale attorno a cui va a costruirsi la nostra vita: essere proiettati fuori di noi alla ricerca dell’altro. A legare l’inizio e la fine della vita è l’amore. Dio è amore, l’incontro con Lui esige che ci giochiamo la partita della libertà”.

“Il grande pericolo in questo momento impegnativo per l’intera storia umana è di muoverci prescindendo dall’amore, rinunciando all’ebbrezza della responsabilità e della libertà. Spero di sbagliarmi – ammonisce l’Arcivescovo –, ma più di un segnale rivela che si sta già dimenticando, anche nell’ambito ecclesiale, l’enorme dolore che solo in Italia ha prodotto decine di migliaia di morti e fatto piombare tante famiglie in grave sofferenza. Sta avanzando sempre più un parlare violento e conflittuale, ben lontano da quel procedere con ‘dolcezza e rispetto’ indicato dalla prima Lettera di Pietro”.

Infine, l’invito a pensare percorsi innovativi senza ricadere in “un’organizzazione sociale ed economica pensata sulla logica della competizione e delle zampate vincenti a scapito dell’altro”, destinata a produrre solo “tensione e disuguaglianza”. “La lezione di questi mesi – conclude Tisi – non passi inosservata: non avremo futuro se non lo vivremo al plurale”.

LEGGI QUI L’OMELIA INTEGRALE