In una Badia di San Lorenzo affollata di fedeli, Trento ha salutato nella serata di domenica 17 settembre la comunità dei frati Cappuccini che lasciano definitivamente il capoluogo dopo quasi 500 anni di presenza. Un addio segnato da un profondo senso di gratitudine, espresso dalle tante voci che hanno animato la celebrazione: dal vescovo Lauro che ha presieduto la S. Messa accanto a tanti frati e preti concelebranti, al sindaco Franco Ianeselli, dal Ministro provinciale dei Cappuccini fra Alessandro Carollo ai volontari della “Mensa della Provvidenza” e delle realtà ospitate al Convento della Cervara e che proseguiranno nel loro servizio anche con la gestione della struttura affidata alla Diocesi di Trento.
Il saluto iniziale: “Nessuna biografia è rimpiazzabile”
Don Lauro, fin dal saluto inziale, non nasconde la commozione e va con il ricordo a quando “giovane studente – racconta – entravo in questa chiesa perché c’era un frate particolarmente misericordioso da cui ho imparato che Dio è amore: padre Beniamino. Lui mi ha consegnato la bellezza del volto di Dio“. La nostra città ha una perdita importante: storie, biografie di frati, di uomini che nessuno può rimpiazzare. Il loro bene non è clonabile. Ma so anche che in questi 500 anni i padri Cappuccini hanno lasciato a Trento lo spirito di Francesco e questo non se ne va, resta in chi è vissuto di Vangelo grazie ai frati. In questi due anni c’è stato con i Cappuccini un dialogo molto bello, pieno di comunione e che ci consente di raccogliere la sfida della mensa e delle altre realtà operative al convento per provare, anche se non con la stessa intensità, a portare avanti il genio di Francesco”.
L’omelia: “Frati dalla manica larga, avete raccontato la misericordia di Dio”
Nell’omelia don Lauro parte dal “fiuto del popolo che identifica i frati con la bontà e la misericordia, dicendo che il frate ha la manica larga“. Il “primo regalo dei frati”, prima ancora del loro servizio, secondo don lauro sta nel fatto che “ci hanno raccontato Dio in termini di misericordia, bontà, positività“. Anche di fronte ad una Chiesa che ha “presentato Dio giudice e doganiere, i frati – aggiunge Tisi – sono stati quelli che hanno temperato questa narrazione, parlando di un Dio buono e misericordioso”. Al ricordo di padre Beniamino, don Lauro ha aggiunto quello di padre Modesto, già provinciale e suo docente in seminario: “anche lui mi ha raccontato che Dio è amore”. Nel commentare il Vangelo don Lauro parla poi della “notizia meravigliosa” di un “Dio che è madre“. “Il servo chiede la dilazione del pagamento, il padrone condona il debito. Come una madre, che non inchioda i propri figli alle loro storie sbagliate. Il regalo dei frati è il poter uscire di qui sapendo che Dio è madre: sappiate che siete amati”. Il “novum” del cristianesimo secondo don Lauro è “un Dio che muore per l’uomo. Non un uomo che muore per Dio”. “Dio è perdono, amore gratuito, assoluto eccesso di dono. Gesù Cristo trasforma il patibolo in albero della vita perché sceglie di “rinunciare ad odiare e di perseverare nell’amare”. Una lezione grandissima “nei giorni in cui – denuncia con forza l’Arcivescovo – abbiamo trasformato i salotti televisivi in dibattiti sulla possibilità di odiare”.
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Il grazie dei tanti volontari: dalla mensa al coro Benedicat
Dopo la comunione molte le voci che si sono alternate ad esprimere il profonde senso di gratitudine della comunità trentina e in particolare di quanti hanno fatto del convento il loro punto di riferimento. I parrocchiani di Santa Croce (Luisa Calliari), i volontari della scuola di italiano per migranti Penny Wirton (Emanuela Artini), Enzo a nome dei trecento volontari della Mensa della Provvidenza, Marco Pisoni in rappresentanza delle tanta generazioni cresciute all’ombra del convento, Stefano Graiff del Centro Astalli, Silvia a nome dei giovani del coro Benedicat che ha animato la celebrazione ricordando come il coro si sia formato a partire negli incontri animati dai frati sui dieci comandamenti. Dopo di loro ha preso la parola il sindaco Ianeselli ringraziando i frati (citando in particolare padre Fabrizio e padre Giorgio Butterini) per “aver regalato alla città l’utopia della gratuità. La Cervara parla a credenti e non credenti”.
Al termine, don Lauro, senza negare le difficoltà legate al passaggio di consegne con la comunità dei religiosi, ha voluto chiamare sul presbiterio il diacono Fabio Chiari e la moglie Sonia, medico a Rovereto, che insieme ai due figli abiteranno presto al Convento insieme a una piccola comunità delle Suore della Provvidenza e con la regia dell’Area Testimonianza della Diocesi, il cui nuovo delegato don Mauro Leonardelli, è stato presentato con l’occasione ai fedeli che gremivano la Badia di San Lorenzo.
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L’addio di fra Carollo in tre parole: gratitudine, dubbio e speranza
Molto attese la parole di congedo dei frati, espresse a nome di tutti i religiosi dal Ministro Provinciale dei Cappuccini fra Alessandro Carollo. Da “fratello a fratello”, tre le parole chiave (“anche se in questo momento le parole sembrano inutili”). Anzitutto “gratitidine“: se “abbiamo potuto dare ascolto e consolazione e se necessario anche un pezzo di pane è perché ci siete stati voi“. Il “secondo grazie va ai tanti frati cappuccini che hanno abitato questa terra trentina”, compresi i “missionari che hanno dato la vita in Mozambico”, anche con il martirio. Il terzo grazie all’arcivescovo Lauro “per l’ascolto paterno con cui ci ha accompagnati in questo cammino di discernimento, fino alla decisione di non costituire una fraternità qui a Trento. In lei abbiamo trovato un padre sapiente”.
La seconda parola è “dubbio“: “ci chiediamo: avremo fatto la scelta giusta? Non ne possiamo essere sicuri, perché alla volontà di Dio si arriva solo per approssimazione; siamo solo cercatori della volontà di Dio”.
Infine la parola “speranza“. “Avete diritto di chiedere spiegazioni, ma prima di giudicare le nostre scelte, vorrei chiedere di aspettare. La bontà delle nostre scelte si vedrà da quello che accadrà nel prossimo futuro”. La scelta – ha spiegato fra Alessandro – deriva dalla volontà di “creare le condizioni per fare vita fraterna”, lasciando intendere la necessità di unire le forze in poche comunità (con Trento chiudono anche i conventi di Bassano e Rovigo), dove essere anche numericamente più significativi. “Con la volontà – ribadisce il Provinciale – di essere fratelli di tutti, con il vostro sostegno che, ne sono certo, non mancherà mai”. In Trentino resteranno le comunità cappuccine di Rovereto Santa Caterina, Arco e Terzolas.
QUI IL SALUTO INTEGRALE DI FRA CAROLLO
QUI INTERVISTA ALL’ARCIVESCOVO LAURO PRIMA DELLA CELEBRAZIONE