Un saluto denso di emozione e con un vivo –sentito- senso di ringraziamento. Venerdì 29 settembre, la vasta ed eterogenea comunità di Villa Sant’Ignazio, nel corso di una Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Lauro Tisi, ha voluto partecipare numerosa al commiato della Comunità dei Gesuiti che lasciano Trento. Lasciano Villa Sant’Ignazio in mano a una folta presenza di laici, formata e strutturata, se è vero come è vero che sono proprio i laici che da tanti anni portano avanti le numerose – davvero tante- attività legate alla presenza dei seguaci di Ignazio di Loyola sulla collina di Trento. Scioglimento della Comunità mandata ad missionem che non vuol dire fine della missione –ha ribadito padre Alberto Remondini, responsabile della Comunità. La missione continua anche se in modo nuovo e diverso sulle tracce di quello che padre Livio Passalacqua aveva saputo intuire fin dai primi anni ’70 con anticipo e “profezia”: una Chiesa attenta ai travagli e alla ricerca delle persone; una particolare sensibilità per il mondo della marginalità nelle sue varie sfaccettature; lo studio e l’approfondimento anche sul crinale psicologico (Carl Rogers) per una riscoperta di se stessi in rapporto alla relazione fondamentale con gli altri. Villa Sant’Ignazio in tutti questi anni è stata di certo un punto di riferimento non solo per la città di Trento, ma per il Trentino e l’Alto Adige-Sud Tirol, addirittura con agganci e addentellati in tutta Italia e pure all’estero. E proprio per questa sua capacità (e il merito –repetita juvant- va in gran parte alle intuizioni di padre Livio) di essere comunità eterogenea e accogliente, capace di spezzare il pane con chi arriva (“Fractio panis” e il bel giornalino mensile di collegamento e informazione curato da Giuseppina, basta il nome per lei!) Eterogenea perché composta da persone e sensibilità diverse per provenienza e culture anche se la spina dorsale è sempre stata quella di un cristianesimo “conciliare” aperto ai fatti della cronaca e alla storia; accogliente, perché qui sta il tratto distintivo di Villa Sant’Ignazio: accogliere, accogliere, accogliere. “Con cura, premura, profezia”. Praticando la prossimità che era cara al padre Ignazio. In controtendenza rispetto a quella che don Lauro nel corso della sua breve, densa, omelia ha chiamato “allergia alla responsabilità”. A Villa si è sempre praticata fattivamente e si continua a praticare, a coltivare –non a parole- la fraternità, “la scoperta che chi mi sta accanto –ha rimarcato don Lauro- è un assoluto, un tesoro, è un incanto!” Ogni uomo è l’incanto di Dio! Per Lui non esistono “uomini finiti”, non ci sono “pietre di scarto”. E ha richiamato, il vescovo, il libro di don Primo Mazzolari “Nostro fratello Giuda” come a dire che per tutti c’è una possibilità di riscatto e quindi di salvezza, nessuno è escluso. Terreno impervio, ostico, difficilissimo come scalare una montagna per un mondo fin troppo facile a giudicare e condannare, per una cultura che si fa escludente. E’ questa la strada tracciata per Villa Sant’Ignazio –è stato detto- quella di seguitare ad essere un luogo di incontro, accoglienza, discernimento per credenti, cercatori di Dio, agnostici, persone sincere, prima di tutto con se stesse, che desiderano migliorarsi e rendere migliore il mondo che sta attorno.
R.M.
I Gesuiti lasciano Villa, il grazie del vescovo Lauro
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"Siete stati antidoto all'allergia alla responsabilità"