La scomparsa a 93 anni del teologo svizzero Hans Küng. “Nato a Sursee il 19 marzo 1928 – ricorda Vatican News – , viene ordinato sacerdote nel 1954. Tre anni più tardi, nella tesi per il dottorato sostiene la convergenza tra cattolici e riformati sulla dottrina della Giustificazione: in realtà, sostiene, si afferma la stessa cosa con diversi linguaggi. Nel 1960 è professore ordinario presso la Facoltà di Teologia cattolica all’Università di Tubinga e successivamente prende parte al Concilio Vaticano II come esperto, dove ha l’occasione di confrontarsi con Joseph Ratzinger, futuro Papa Benedetto XVI. LEGGI TUTTO SU VATICAN NEWS
Un ricordo di Hans Kung, a firma di Francesco Strazzari, anche su Settimana News
Il settimanale diocesano Vita Trentina, nell’editoriale a firma di Diego Andreatta, ricorda la presenza di Küng a Riva del Garda nel 1994:
Era calmo il lago in quel giorno di novembre 1994, ma sui leader religiosi riuniti a Riva del Garda – dal card. Martini al rabbino Rosen, al patriarca Bartolomeo – salì come brezza leggera la profezia del teologo Hans Küng: “Non ci sarà mai pace, senza pace fra le religioni”. In quella Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, voluta in Trentino da don Silvio Franch e Chiara Lubich, fu proprio il teologo elvetico morto martedì 6 aprile a tenere una relazione fondamentale in cui lanciò alle religioni di tutto il mondo l’idea di elaborare insieme una teologia ecumenica per la pace. Da allora l’intuizione che il docente di Tubinga aveva abbozzato pochi anni prima nel suo testo Progetto per un ethos mondiale spalancò una prospettiva condivisa e feconda per i successivi sviluppi del dialogo interreligioso anche a livello locale. Basti dire che anche in Trentino, terreno vocato al dialogo per mandato di Paolo VI già nel 1964, le tesi e le proposte concrete di Küng furono assunte come sussidi anche nel percorso ventennale del Tavolo locale delle Appartenenze Religiose. Il nucleo centrale, pacificamente esplosivo, è racchiuso in una triplice affermazione di Küng, allora provocatoria ma oggi usuale dopo le aperture prospettate dai leader religiosi nella Dichiarazione di Abu Dhabi e nell’enciclica Fratelli tutti: “Non vi può essere convivenza umana senza un ethos mondiale delle nazioni; non vi può essere pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; non vi può essere pace tra le religioni se non c’è dialogo fra le religioni”. Non solo “teologo ribelle”, secondo il titolo riduttivo usato nei “coccodrilli” (gli articoli di commiato), pubblicati dopo la sua morte dai quotidiani italiani. L’etichetta si deve alla sospensione di Hans Küng nel 1979 dall’insegnamento teologico per le sue tesi sull’infallibilità del Papa, sulla nascita verginale e l’Eucaristia, ma nel tempo è stata via via sempre più apprezzata la sua coerente e libera ricerca di “un’ecumene delle Chiese cristiane che possa preparare la via all’ecumene delle religioni mondiali e dell’intera famiglia umana”, come Küng raccontò in due affollati incontri a Trento e a Levico. Al punto da essere poi citato perfino dal card. Ratzinger, che era stato suo collega a Tubinga e prima ancora compagno di studi a Roma, come ci ricordò il coetaneo rettore del Seminario di Trento, mons. Piergiorgio Piechele in un’intervista del 2005. Proprio in quell’anno Ratzinger e Küng ebbero un incontro “amichevole” durato ben quattro ore: “Non ci siamo abbracciati perché noi tedeschi non siamo espansivi come i latini”, dissero ai giornalisti.
Il suo volto sorridente, come la sua giovanile passione per la musica e la sua dignitosa resilienza contro il Parkinson, hanno avvicinato l’uomo Küng a tanti lettori in ricerca (anche chi non si ritrova in certe sue posizioni su temi specifici), saziati dalla sua capacità di sminuzzare anche i materiali più duri della filosofia. Lo sanno bene molti seminaristi affascinati dalle sue pagine di “Essere Cristiani” (1974) oppure i liceali del Liceo Prati che rileggevano in classe il pensiero dei filosofi attraverso “Dio esiste?” (1979), un divulgativo manuale in cui Kung appare fin dall’introduzione mira alla problematica esistenziale: “Non intendiamo riferire di una storia delle idee, ma di uomini concreti in carne ed ossa, con i loro dubbi, lotte e sofferenze”. Non si era ancora conclusa la ricerca di una vita, condotta volutamente fuori dai recinti ecclesiastici, ma fondata sulla ragionevolezza del cristianesimo come egli ebbe a scrivere in un volumetto del 2009 : “Anche come uomini della fine del secolo XX, nonostante tutte le critiche al cristianesimo e alla Chiesa, si può dire in atteggiamento di ragionevole fiducia: Credo”. Per Küng, libero battitore più che contestatore, l’impresa fu “cercare di rendere comprensibile il messaggio di Gesù Cristo agli uomini di oggi”. Lo fece affascinato dall’umanità di Gesù e dal mistero della Risurrezione: “Da allora – scrisse con una frase che è bello risentire nella Domenica in Albis – il credente sa che la morte è un passaggio a Dio, è un dimorare nell’intimità di Dio”. Celebrare Küng ora sarà riprendere anche la sua profezia di Riva del Garda, nella convinzione che – sono ancora sue parole in un’intervista a Luigi Accattoli del 1996 “divenire più cattolici vuol dire farsi più aperti e più universali”.
Diego Andreatta