Solenne S. Messa del Crisma, nella mattinata del Giovedì Santo (17 aprile) nella cattedrale di Trento. Più di duecento tra preti e religiosi hanno concelebrato, insieme all’arcivescovo Lauro Tisi, al vescovo emerito Luigi Bressan e al vescovo emerito di Mossorò in Brasile, il moriano monsignor Mariano Manzana, tonato ora stabilmente in Diocesi e accolto dall’applauso dei presenti.
La Messa del Crisma vede radunarsi in ogni Diocesi il vescovo con il proprio presbiterio per rinnovare le promesse sacerdotali. È detta del Crisma perché nel corso della liturgia avviene anche la benedizione degli oli santi: l’olio dei catecumeni, degli infermi e del Crisma, usato per il sacramento della Cresima e le ordinazioni sacerdotali.
“Grazie per quello che siete grazie e per quello che fate nella nostra Chiesa”, ha esordito rivolto al clero monsignor Tisi. “Questo grazie – ha aggiunto – si fa intenso e diventa anche preghiera per i sacerdoti ammalati, in particolare vogliamo ricordare don Vigilio Zini e don Mauro Leonardelli e ringraziarli anche per la testimonianza con cui vivono questo momento”.
Tra i fedeli in Duomo anche alcune decine di giovani cresimandi della Valsugana (Unità pastorale Madonna di Loreto) a cui si è rivolto don Lauro con parole di incoraggiamento, così come “a tutto il popolo di Dio per il tanto bene – ha rimarcato don Lauro – che uomini e donne nelle nostre comunità regalano a questa nostra terra trentina”.
Non è mancato un riferimento a “tutti i religiosi e le religiose che ci portano la profezia del regno di Dio, la certezza che questa storia va verso un compimento e non verso una dissoluzione” così come ai seminaristi “in particolare Filippo e Federico che lungo quest’anno saranno ordinati presbiteri” e ai sacerdoti anziani ospiti della Casa del clero a cui monsignor Tisi ha espresso “vicinanza e riconoscenza”.
L’appassionata omelia di Tisi: diventa te stesso
Nell’omelia, prima della benedizione degli oli santi, l’Arcivescovo ha ripreso l’’invito di Dio ad Abramo (“Vattene dal tuo paese verso la terra che io ti indicherò”, Gen 12,1) rivolto, secondo Tisi, “agli uomini e alle donne di tutti i tempi e tutte le epoche”. Da tradurre, rammenta l’Arcivescovo, con: “viaggia verso di te, diventa te stesso“.
“Ma chi sono io?”, si chiede don Lauro. “Sono forse le mie idee? Credo proprio di no. Sono troppe per poter identificarci con le nostre idee. Siamo le nostre emozioni? Anche qui le emozioni sono mutevoli e talora contraddittorie. Il cuore dell’uomo è un abisso, un groviglio di sentimenti contrapposti. No, noi non siamo le nostre emozioni. Siamo forse la nostra volontà? Neanche su questo terreno ci identifichiamo. La nostra volontà ogni giorno si mostra spesso inaffidabile, davvero fragile. E allora chi sono, chi siamo noi? Ve lo dico con le parole della Scrittura: noi siamo il nostro cuore!”.
Don Lauro precisa: “Quando dico cuore non intendo la sede dei sentimenti, delle emozioni, ma quel nucleo di interiorità, di profondità, assolutamente irriducibile, di noi. Là dove decidiamo di credere o di dubitare. Dove decidiamo di vivere o di morire, di amare o di odiare. C’è un fondo di noi assolutamente unico in cui noi decidiamo la vita e la orientiamo verso l’amore o verso l’opposto: l’odio. C’è quel fondo di noi che è importante ritrovare perché lì decidiamo di noi. Questa è la terra a cui Dio ci manda. E questa terra è assolutamente unica e irripetibile. Dobbiamo scendere in quelle profondità. Per poter scegliere nella libertà: il Padre o la morte, l’ego o l’avventura del noi”.
“Questo il giorno per abitare la profondità di noi”
Rivolgendosi in particolare ai preti, don Lauro affina ulteriormente il ragionamento: “Al pari di Abramo, anche la nostra vita di presbiteri è raggiunta da questo imperativo: diventa te stesso, scendi nella profondità di te. E se c’è un giorno in cui abbiamo la possibilità di abitare la profondità di noi è proprio questo giorno. Chiediamo allo Spirito di portarci lì, in quegli inferi dove il Padre ha posto il suo grido. Scendiamo in quella profondità. E lì decidiamo il santo viaggio del nostro sì a quel Dio che ci ha sedotti, chiamati e conquistati. E che forse poi, lungo gli anni del ministero, possiamo avere un po’ smarrito. A quel Dio che negli anni di ministero forse qualche volta non è stato più la grande consolazione ma è diventato il torrente dalle acque incostanti, che qualche volta ti fa paura o, meglio, quel torrente che a volte percepisci come insidia, come minaccia più che come acqua zampillante per vivere”.
“Dobbiamo dircelo: il ministero per tutti riserva ogni tanto momenti in cui Dio si sfuoca. E diventa terreno infido. E diventa dubbio e magari delusione. Chiediamo al Padre di portarci nelle profondità di noi e Di farci arrivare dentro di noi per poter assaporare che non è così. Dio non è torrente infido, Dio non è delusione. Dio è ristoro. È acqua che zampilla. È luce che ti accompagna nell’oscurità”.
“Con noi il viandante di Emmaus”
“La buona notizia oggi ce l’ha fornita il testo di Luca. In questo viaggio verso le profondità di noi, non siamo soli. Ci accompagna il viandante di Nazareth, il viandante di Emmaus, ci accompagna Gesù che come noi, in alcuni momenti, ha fatto l’esperienza di sentire Dio lontano. Ci accompagna Gesù che ha conosciuto paura e angoscia. E accompagnandoci lungo questo viaggio, come ha fatto con i due di Emmaus, lui è in grado di nuovo di far ardere il nostro cuore. Di mettere nel nostro cuore quella parola fantastica: ‘Resta con noi perché si fa sera’. Chiediamo allo Spirito che, grazie a Gesù, ci porti a tirar fuori questo grido in quest’ora così difficile della storia e anche dell’interpretazione del nostro ministero.
Proprio in queste ore in cui la storia è difficile, le ombre sono tante, il ministero stesso a volte diventa un terreno dove non sai bene come muoverti, tiriamo fuori: ‘resta con noi perché si fa sera’. E allora, grazie ancora una volta al viandante di Emmaus, avremo la gioia di sperimentare il gusto di quel pane spezzato che ci ricorda che questo nostro tempo, questa ora del ministero, per certi versi così difficile, è ora di grazia”.
“Grazie a Gesù avete regalato vita a tanti”
“Questa parola adesso è qui per me, è qui per i preti di Trento. Teniamo fisso lo sguardo su Gesù, perché questa, nonostante tutte le ombre, è ora di grazia, è anno di grazia, è vita. Sì, cari fratelli sacerdoti, quello che ho appena detto io l’ho visto tante volte in voi. Lungo quest’anno vi siete piegati sui fratelli e avete fasciato ferite. Avete asciugato lacrime, portato nel cuore storie affaticate, avete incontrato famiglie. Avete regalato vita a tanti“.
“Nella vostra sofferenza si compie il Regno”
“Grazie per la vostra preghiera. Sì, vi ho conosciuti e vi conosco, voi siete uomini di preghiera, non visti da nessuno. Nelle vostre case, nelle vostre comunità, innalzate la preghiera, una preghiera spesso sofferta e affaticata, ma una preghiera che grida al Padre ‘Maranatha, vieni Signore Gesù’. Grazie perché nei vostri racconti io sento il fuoco della missione. Soffrite quando la chiesa è vuota, quando i fratelli magari non rispondono alla sollecitazione di leggere la parola del Vangelo. In questo vostro soffrire è il Regno che si compie. Allora, vieni, signore Gesù, Vieni e donaci il gusto del pane. E facci capire ancora una volta quello che abbiamo percepito all’inizio del nostro ministero presbiterale. Facci capire che quando fasciamo le ferite dei fratelli, quando usciamo da noi stessi per farci compagnia degli affaticati, quando diventiamo amici degli ultimi, prima ancora di salvare loro, salviamo noi. Sì, perché il dono di sé paga chi lo pratica, il dono di sé non ha bisogno di paga, è esso stesso paga. E allora piego le ginocchia davanti al Padre e chiedo per voi, per tutto il popolo di Dio, per la nostra Chiesa, di riscoprire la gioia del Vangelo. Di riscoprire la bellezza di una vita che nella misura in cui diventa dono, ti dà pace, genera futuro, crea bellezza. Buon cammino alla nostra Chiesa”.
Gli anniversari dei preti
Prendendo la parola al termine della celebrazione, il vicario generale don Claudio Ferrari ha ringraziato l’Arcivescovo “che mai si stanca – ha sottolineato – di volgere lo sguardo al Signore Gesù e facendo così, indica anche a tutti noi, presbiteri, che l’unica nostra speranza viene dal tenere gli occhi fissi su Cristo”. Don Ferrari ha quindi ricordato i preti che quest’anno celebrano anniversari significativi del loro ministero:
70 anni (anno ordinazione 1955): don Giovanni Avi e don Lino Fronza
60 anni (1965): don Bruno Armanini, don Pasquale Bazzoli, don Marco Bertò, don Bruno Bombarda, don Remo Colpi, mons. Luigi Facchinelli, don Marcello Farina, don Mario Ferrari, don Mario Filippi, don Paolo Holzhauser, don Guido Limonta, mons. Alessandro Lutteri, mons. Olivo Rocchetti, don Tullio Sicher e mons. Lorenzo Zani
50 anni (1975): don Vigilio Zini
25 anni (2000): don Stefano Maffei e don Duccio Zeni.
Per tutti l’applauso festoso e riconoscente dei confratelli e di tutti i fedeli presenti in cattedrale.
Stasera Messa in Coena Domini e lavanda dei piedi
Alla sera del Giovedì Santo inizia il Triduo Pasquale in cui si ricorda la passione, morte e risurrezione di Gesù. Alle ore 20.30 l’arcivescovo Lauro preside in cattedrale la S. Messa “In Coena Domini” a memoria dell’ultima cena di Gesù. Durante la celebrazione si rinnoverà il rito della lavanda dei piedi. Monsignor Tisi laverà i piedi a dodici tra operatori, giovani ospiti e familiari in rappresentanza dell’Associazione Famiglie Tossicodipendenti.
La Messa sarà trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube della Diocesi e su Telepace Trento.
FOTO ZOTTA