Nella cattedrale di Trento, nella mattinata di Giovedì Santo (6 aprile), più di duecento preti e religiosi, insieme a tanti fedeli (tra cui un centinaio di cresimandi provenienti da diverse zone del Trentino), hanno partecipato alla solenne Messa del Crisma, presieduta dall’arcivescovo Lauro Tisi. Nel corso della liturgia sono stati benedetti gli oli santi: l’olio del crisma (usato nel conferimento di battesimo, cresima e nelle ordinazioni sacre), l’olio dei catecumeni (coloro che si preparano al battesimo) e l’olio per l’unzione degli infermi. Una particolarità: all’olio del Crisma è stato mescolato anche l’olio ricavato dagli ulivi piantati nei terreni di Capaci, dove si consumò la strage del giudice Falcone, della moglie e della scorta. Un simbolo di riscatto e di lotta alla mafia, donato nelle scorse settimane al vescovo Lauro (QUI ARTICOLO).
Il “mea culpa” di don Lauro
La Messa del Crisma – concelebrata dal vescovo emerito Luigi Bressan e dal vescovo missionario verbita Francesco Sarego – segna un particolare momento di festa per i preti, che in questo giorno fanno memoria della loro ordinazione, rinnovando le promesse sacerdotali. A loro si è rivolto in avvio l’arcivescovo Lauro con un ringraziamento e un accorato “mea culpa”: “Voi siete per le nostre comunità benedizione, consolazione e conforto. Vi chiedo perdono per tutte le volte che vi sono passato accanto senza accorgermi di voi e quando, per le mie decisioni, posso aver arrecato sofferenza, delusione e fatica. Chiedo perdono anche alle comunità, per la mia scarsa testimonianza”.
“Raccontare a Dio la propria frustrazione è segno che siamo vivi”.
Nell’omelia (QUI TESTO UFFICIALE) don Lauro riconosce la fatiche crescenti dell’essere prete: “La vita di noi preti è abitata, più che dalla consolante certezza che ‘lo spirito del Signore Dio è su di noi’, dal grido di Abramo: ‘Signore, Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza discendenza’“. Un grido che secondo l’Arcivescovo “attesta che la speranza non è venuta meno. Raccontare a Dio la propria delusione, frustrazione, angoscia è infatti segno che siamo vivi. Preoccupante, viceversa, quando in noi si spegne la domanda”.
All’origine del “disincanto”, secondo monsignor Tisi un “carico pastorale sproporzionato, strutture ormai obsolete, le fatiche legate alle diverse età della vita”. Ma c’è dell’altro: “in questo frangente storico, l’unità di misura con cui si valuta la vita è la prestazione, la visibilità, i like, la capacità di accreditare la propria immagine. Tutto ciò rende estremamente difficile percepire la bellezza e l’energia che scaturiscono dalla vita di Gesù. In Lui, infatti, a dettare il passo è la creazione di spazi per l’altro, il farsi prossimo senza nulla in cambio”.
“Se per primi sperimentiamo di essere stati perdonati, possiamo fasciare i cuori spezzati”.
“Se vogliamo veder rifiorire la speranza, dobbiamo tenere gli occhi fissi su Gesù, sulla sua vita ad un tempo bella e drammatica”. “Questa cattedrale – precisa l’Arcivescovo – è ora la sinagoga di Nazareth, dove Gesù, riavvolto il rotolo, afferma: ‘Oggi si compie questa Scrittura che avete ascoltato.’ Tu vescovo, tu presbitero, tu diacono che conosci la fatica del ministero, sei il povero, il cieco a cui è ridonata la vista ed è offerto l’anno di grazia e di liberazione. Solamente nella misura in cui, noi per primi, sperimentiamo di essere stati guariti e perdonati, possiamo a nostra volta contribuire a fasciare le piaghe dei cuori spezzati”.
“La benedizione degli oli – aggiunge ancora don Lauro – dà concretezza e visibilità al dono di vita che ci viene regalato. Tutti noi, laici e presbiteri, ne abbiamo prova concreta nei volti e negli sguardi risollevati dalla forza misteriosa di questi santi oli”, sottolinea ricordando la “gioia per la passione evangelica” vista sugli occhi dei catecumeni che riceveranno il battesimo nella Veglia pasquale, così come la serenità dell’incontro con il Signore osservata nello sguardo dei malati dell’hospice recentemente incontrati.
Infine, don Lauro ricorda con “gratitudine e commozione la straordinaria lezione di fede e di vita di alcuni nostri sacerdoti alle prese con importanti problemi di salute. Sono per me veri e propri maestri nella fede, alimentano e sostengono la mia speranza“.
Il vicario don Ferrari ricorda i giubilei sacerdotali (compreso il suo 25°)
Dopo la comunione ha preso la parola il nuovo vicario generale, don Claudio Ferrari. Accanto al grazie a don Lauro per il suo servizio, a sette anni dalla sua ordinazione episcopale (3 aprile 2016), don Claudio ha rivolto un invito ai preti: “Auguro a tutti di puntare all’essenzialità che è Cristo e la sua Parola, ogni giorno. E allora nulla ci potrà spaventare, perché solo Dio basta”. Sono stati quindi ricordati, come da tradizione, i sacerdoti che celebrano quest’anno anniversari significativi. Tra loro c’è lo stesso vicario don Ferrari che, insieme a don Cristiano Bettega e don Stefano Zeni, raggiunge i 25 anni di sacerdozio (furono ordinati nel 1998). Gli altri giubilei sacerdotali: 50° (1973) per don Ernesto Ferretti, don Mariano Manzana, don Silvio Pradel, don Enrico Setti. 60° (1963) per don Filippo Boninsegna, don Luigi Boninsegna, don Guido Corradini, don Carlo Gilmozzi, don Ettore Taraboi, don Remo Vanzetta. Infine, il 70° (1953) di don Celestino Faes.
In conclusione, il grazie dell’Arcivescovo a cresimandi e ministranti provenienti da Pergine, Arco, Roncegno, Scurelle, Villa Lagarina, Sardagna che hanno animato la celebrazione, mentre il canto è stato guidato dal coro formato dai preti più giovani.
Al termine della Messa crismale, molti dei preti presenti hanno pranzato insieme presso il Seminario.
Questa sera inizia il Triduo Pasquale con la s. Messa (in cattedrale alle ore 20.30) in memoria dell’ultima cena di Gesù.
FOTO GIANNI ZOTTA
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