In questo 10 maggio, quinta domenica di Pasqua, all’inizio della s. Messa in Cattedrale celebrata a porte chiuse e trasmessa in diretta streaming, l’arcivescovo Lauro ricorda le conseguenze economiche sulle famiglie derivanti dall’emergenza Coronavirus: “Mentre sempre più famiglie fanno i conti con l’insicurezza economica -ha detto- e spesso devono ricorrere all’aiuto esterno, la nostra Chiesa chiede a Gesù Risorto di donarci concretezza e tempestività nel farci carico di questo grido”.
Un pensiero di ringraziamento don Lauro l’ha quindi rivolto anche a “tutti gli operatori della comunicazione per il loro prezioso servizio di informazione, bene essenziale che non è mai venuto meno nei giorni dell’emergenza. Anche la nostra Chiesa vi è grata per averle dato voce consentendo di dilatare, ben oltre il consueto, un messaggio di consolazione e di speranza”, ed anche alle mamme, per le quali oggi ricorre la festa.
Nell’omelia, monsignor Tisi ha commentato le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. “Dio -ha esordito Tisi- nessuno l’ha mai visto, lo si può vedere e farne esperienza nella concreta umanità di Gesù“. Una rivelazione spiazzante, secondo Tisi. Lo stesso dizionario contrappone gli aggettivi “divino” e “umano”, mentre “la grammatica cristiana dice ben altro: Gesù si fa carne e storia, il terreno dove frequentare Dio è esattamente l’umano”.
Di qui l’invito ad ammettere che “l’annuncio si risolve spesso in astratte argomentazioni concettuali o in noiose esortazioni all’impegno etico”, “sordi a chi cammina sui sentieri della gratuità, del donare se stessi, della gioia contagiosa della fraternità”. Ha precisato Tisi: “La frequentazione del Padre, allora, ha la vita, con tutta la sua consistenza di affetti, scelte, cadute, fallimenti, passioni, emozioni, come habitat naturale.”
Anche “i sacramenti stessi, che tra poco torneremo a celebrare insieme, hanno bisogno -ha ribadito l’Arcivescovo- di concretezza e sono destinati alla vita”. Non il rito per il rito, ma l’espressione, a cominciare dall’Eucarestia, di “una comunità che si raduna e si pone in ascolto della Parola”, occasione per incontrare un Dio che muore e risorge, con la fatica dei discepoli ad accogliere la prospettiva di passare dal servirsi degli altri al servire gli altri”. “Ora -ha concluso don Lauro- spetta alle nostre comunità mostrare il Padre, senza correre il rischio di tenerci alla larga dall’umanità di Gesù per rifugiarci nei nostri apparati religiosi”.