(San Romedio, 15 gennaio) Il partecipato cammino notturno della vigilia, la grande festa di popolo all’indomani, con la Messa in tarda mattinata presieduta dall’arcivescovo Lauro Tisi. Il santuario di San Romedio, nel giorno in cui la Chiesa trentina ricorda l’eremita tirolese medievale, si conferma uno straordinario polo di attrazione per gli abitanti non solo delle Valli del Noce ma provenienti da molte località trentine e da fuori regione.
Monsignor Tisi, nelle chiesetta gremita posta in cima all’eremo, richiama il dono del santo nelle “sue parole imbevute di silenzio“. “Solo chi fa silenzio – nota l’Arcivescovo – è capace di parole significative. In questo momento – aggiunge con lo sguardo all’attualità – ricordiamo il dramma della guerra e la tragedia di Valfloriana: il Signore doni la pace, conforti ed asciughi le lacrime“.
“Gesù sembra richiamare il passato. Ma l’unica nostra novità è sdoganare l’odio”
Nell’omelia della Messa – concelebrata dal priore di San Romedio padre Giorgio Silvestri e dai parroci della val di Non – don Lauro descrive un dato sociologico e religioso innegabile, ovvero la persuasione diffusa di poter modulare la vita su “parametri dettati dalla conoscenza del mondo economico, degli algoritmi, dell’Intelligenza artificiale, non certo su Gesù Cristo che ai più richiama un passato avvertito ormai lontano e sembra non aver più nulla da dire al nostro oggi”.
“Anche le nostre ritualità sanno più della celebrazione del passato. Mi permetto allora di provocare”, incalza monsignor Tisi, chiedendosi: “Cosa c’è di nuovo in quest’ora della storia?” “Tutto è così nuovo – rimarca con amarezza – che sono ricomparse le trincee, il filo spinato. Stiamo sdoganando l’odio, la democrazia è sotto inchiesta per via del ritorno all’uomo forte e ai personaggi risolutivi. Non c’è nulla di nuovo, c’è tanto di obsoleto, abbiamo perso la memoria”, denuncia l’Arcivescovo di Trento.
“Gesù può aiutarci a tornare umani. C’è bisogno non di uomini che si appropriano degli altri, ma che vivono il servizio”
“La felicità – argomenta don Lauro – non verrà mai da nessuna tecnologia. Vedo tanto vecchiume e tanti appelli a tornare umani, ma nessuno che intraprende questa via. Gesù – sottolinea con forza don Lauro – può aiutarci a tornare umani! Guardandolo in faccia possiamo sentire che Egli è innovazione allo stato puro. Senza volerlo, stiamo chiamando Gesù Cristo”. Secondo Tisi in tanti rilanciano il “mantra” della richiesta di ascolto. “Gesù – sottolinea – ha fatto dell’ascolto la sua priorità. Non ha avuto paura a mettersi in ascolto e imparare il ‘mestiere’ di uomo. In quest’ora della storia, dove viviamo relazioni tossiche, dove si fa vivere l’altro per sé stessi – nulla più terribile di questo -, che capolavoro è Gesù Cristo che non ha vissuto per se stesso!. La sua è un’esistenza totalmente in uscita, impegnata ad ascoltare e a ospitare il volto dell’altro. Chiediamo a Dio di verificare le nostre relazioni per purificarle da quel far vivere gli altri per noi che porta a morte a noi e agli altri! In quest’ora della storia c’è bisogno non di uomini che si appropriano degli altri, ma di uomini che vivono il servizio agli altri. Gesù ci dice: è grande chi serve ed è piccolissimo chi ha se stesso come unica ragione di vita. E infine il capolavoro di Dio: è grande chi libera il perdono e abbraccia il nemico. Se vogliamo salvare il mondo c’è bisogno di uomini e donne che investono in riconciliazione e perdono, come fecero i padri fondatori della nostra Europa, il nostro Alcide Degasperi, Schumann e Adenauer”.
“San Romedio, fa’ che come te vediamo in Cristo il futuro, non il passato”
“Oh Cristo – è l’invocazione dell’Arcivescovo di Trento – ci sei necessario, tu non ci porti indietro ma nel futuro. Ascoltare, imparare, perdonare servire ed essere in esodo da se stessi ci dà una quantità di vita, di gioia e di felicità che non abbiamo nemmeno l’idea. Cercate le ragioni dell’infelicità presente e troverete che è esattamente perché dominano gli ingredienti che ho appena detto: il vivere per sé, la ritorsione, le vendette. Così ti porti a casa solo passioni tristi, infelicità sistematica e strutturale. San Romedio fa che come te vediamo in Cristo il futuro, non il passato. Prima lo riscopriamo, prima ci rialzeremo dalla tristezza in cui stiamo vivendo“.
Al momento del Padre Nostro, l’invito di monsignor Tisi si estende anche a “chi non è credente, perché possa attraverso la via dell’amore e del servizio, la via tracciata da Gesù, contribuire a bonificare il mondo e a permettere a questo mondo di risollevarsi dall’angoscia in cui è sprofondato”.
Durante la Messa, animata dal coro di Livo, l’Arcivescovo ha benedetto l’icona raffigurante San Romedio accanto a San Vigilio, iniziata da Franca Rossi Silvestri, ma rimasta incompiuta per la morte dell’autrice, e ora conclusa da Fabio Nones.
Al termine della celebrazione la tradizionale distribuzione del piatto del pellegrino, rigorosamente a base di trippe. (pf)
Foto di Franch, Bertagnolli e Ufficio Stampa diocesano