“L’unica possibilità di salvezza dall’amore che si fa prossimità”. Domenica delle Palme con il rientro del vescovo Lauro dopo il Covid: “Condivido il passo rallentato di chi esce dalla malattia”

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“Ringrazio il Signore per avermi fatto ritrovare la salute e con essa la forza per celebrare insieme con voi il sacramento del suo Amore che si rinnova in questa Pasqua”. Così l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, nel suo saluto al termine della Messa in cattedrale nella Domenica delle Palme, giorno del rientro all’attività pastorale dopo aver superato il Covid.

“Ho conosciuto di persona – sottolinea monsignor Tisi – la durezza di un virus che da più di un anno sta segnando in modo indelebile le nostre vite. Penso a quanti non ce l’hanno fatta. E alle famiglie che li hanno pianti da lontano. Oggi riprendo a camminare tra voi e condivido il passo un po’ più rallentato di chi sta uscendo dai postumi di una malattia che lascia profondamente il segno, a cominciare dalla solitudine dell’isolamento che essa comporta”.

Don Lauro, come già nei giorni della malattia, esprime il proprio grazie per la vicinanza di tutta la comunità trentina e ricorda quanti si spendono per l’assistenza evocando l’immagine della carezza dell’”infermiera che in questi ultimi giorni si è sostituita alla mamma di un neonato ricoverato per Covid, divenendo l’ennesima icona della professionalità mai separata dall’umanità. Sono questi gesti – aggiunge l’Arcivescovo –, è il dono di compassione che questa emergenza ci ha svelato, ad aiutarci ad avanzare in un percorso dove la luce appare ancora molto lontana. Oggi e in questa Settimana Santa celebriamo il trionfo della passione del Dio di Nazareth per l’uomo. Egli soffre e piange con noi e per noi. Egli ci porterà a rivedere la luce.”

Nell’omelia, monsignor Tisi si sofferma sul significato della paura e della solitudine provate da Gesù sul Calvario:  esse “hanno le loro radici – spiega – nella sua volontà di non abdicare in alcun modo all’amore e all’appassionata ricerca del volto dell’uomo; nascono dal suo non voler mai rinunciare a chiamarlo fratello e sorella”. “L’unica possibilità di salvezza, in quest’ora tanto difficile, passa ancora una volta solo dall’amore che si fa prossimità, servizio, dedizione, presenza amica e solidale. La medicina per le nostre paure, allora, è il percepirci fratelli e sorelle, come continua a ricordarci papa Francesco”.

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Foto Gianni Zotta