Digiuno eucaristico e Comunione spirituale: quale valore attribuirle in questo tempo di pandemia? Se lo chiede padre Federico Lombardi, ex direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che ha inaugurato su L’Osservatore Romano e Vatican News un suo personale “Diario della crisi“.
Ecco di seguito il testo della seconda puntata del suo Diario (QUI trovi la prima puntata “Piazza piena e Piazza vuota” del 16/4 ):
“Quando noi, che ora siamo vecchi, eravamo bambini, al catechismo ci parlavano spesso della “comunione spirituale”. Ci dicevano che potevamo unirci spiritualmente a Gesù che si offre sull’altare, anche se non facevamo la comunione sacramentale ricevendo fisicamente l’ostia consacrata. La “comunione spirituale” era una pratica religiosa che mirava a farci sentire uniti in modo più continuo a Gesù, non solo quando ricevevamo la comunione durante la Messa, ma anche in altri luoghi o momenti. Non era un’alternativa alla comunione sacramentale, ma in certo senso la continuava e la preparava, nelle visite al Santissimo Sacramento o in altri tempi di preghiera. Poi non ne abbiamo praticamente più sentito parlare per decenni. L’accento sulla partecipazione alla messa facendo la comunione, certamente buono, aveva indotto a lasciare in ombra altre dimensioni tradizionali della devozione cristiana.
Ho ricominciato a pensare con insistenza alla “comunione spirituale” in un’occasione eccezionale. Durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid nel 2011 una tempesta improvvisa distrusse durante la notte la massima parte delle tende dove erano state preparate le particole da consacrare per la comunione dei quasi due milioni di giovani presenti alla Messa conclusiva del giorno seguente. Così, alla grande Messa presieduta dal Papa solo una piccola parte dei giovani poté fare la comunione sacramentale, perché mancavano le ostie. Molti ne furono sconvolti – almeno in un primo momento – come se per questo motivo la Giornata Mondiale fallisse, perché mancava qualcosa di essenziale al momento religioso culminante dell’evento. Ci volle molto impegno e anche tempo per aiutare a capire che l’atto fisico di ricevere l’ostia santa è importantissimo, ma non è l’unico e indispensabile modo di unirsi con Gesù e il suo corpo che è la Chiesa.
Ora Papa Francesco durante la messa mattutina a Santa Marta esorta i fedeli che pregano con lui senza essere fisicamente presenti a fare la “comunione spirituale”. Lo fa proponendo una delle formule tradizionali insegnate a lungo in passato dai buoni maestri spirituali del popolo cristiano; formule che erano familiari a molte delle nostre mamme e delle nostre nonne, quelle che andavano spesso od ogni giorno a messa al mattino presto, ma che sapevano anche mantenersi in unione con Dio, a loro modo, durante le occupazioni della giornata.
Fra i ricordi del tempo del catechismo mi è tornata in mente anche un’immaginetta, in cui al centro c’era il sacerdote che elevava l’ostia consacrata, e attorno, come sul quadrante di un orologio, erano indicate le ore del mattino dei diversi paesi e continenti in cui i sacerdoti celebravano la messa (che allora si celebrava solo al mattino!). Si voleva ricordare che continuamente nel mondo si rinnova il sacrificio di Gesù che muore per noi, e continuamente potevamo unirci spiritualmente a lui e alla sua offerta.
il digiuno eucaristico può diventare tempo di crescita della fede, del desiderio del dono della comunione sacramentale, di solidarietà con chi per vari motivi non può goderne, di liberazione dalla sciattezza dell’abitudine…
La “comunione spirituale”, quando non si può ricevere quella sacramentale, viene anche chiamata giustamente “comunione di desiderio”. Desiderare che la propria vita sia unita a Gesù, in particolare al suo sacrificarsi per noi sulla Croce. In questo prolungato tempo di digiuno eucaristico obbligato, molte persone che erano abituate a fare la comunione sacramentale frequente hanno sentito in modo crescente la mancanza del “pane quotidiano” eucaristico. In modo veramente eccezionale è stata la Chiesa stessa ad accettare di imporre ai fedeli questo digiuno, come segno di solidarietà e partecipazione alla vicenda di popoli interi costretti a limitazioni, privazioni e sofferenze dalla pandemia. Il digiuno è una privazione, ma può essere tempo di crescita. Come l’amore dei coniugi a lungo lontani fra loro per cause di forza maggiore può maturare e approfondirsi in fedeltà e purezza, così il digiuno eucaristico può diventare tempo di crescita della fede, del desiderio del dono della comunione sacramentale, di solidarietà con chi per vari motivi non può goderne, di liberazione dalla sciattezza dell’abitudine… Capire di nuovo che l’Eucarestia è un dono gratuito e sorprendente del Signore Gesù, non ovvio né banale… da desiderare con tutto il cuore… continuamente… Potrà essere anche questa una conseguenza di questo tempo sconvolgente?