“Dalla liturgia eucaristica nasce una conversione alla comunione, ai poveri, dell’interiorità. L’Eucaristia domenicale non è un ‘discorso’ su Dio bensì un ‘rito’ fatto di gesti, di azioni simboliche, di canti e preghiere, espressioni della nostra fede nel Signore Gesù. I cristiani sono come risvegliati di continuo, ogni domenica, dalla voce del Risorto. Segno di questa voce che ci risveglia e ci convoca è il suono delle campane”.
Così il vescovo di Mantova Gianmarco Busca, Presidente della Commissione Episcopale per la Liturgia della CEI, si è rivolto ai fedeli in Cattedrale a Trento (o sintonizzati in streaming o TV) nella mattinata di domenica 29 settembre. Una liturgia voluta per far memoria della donazione delle campane del Duomo da parte della Diocesi di Mantova nel 1920 dopo la razzia dei bronzi nella Grande Guerra. Il dono maturò – ha ricordato Busca – grazie all’iniziativa di un gruppo di studenti mantovani che intendevano realizzare, grazie alla solidarietà da tutta Italia il “progetto di fondere nuove campane da ripristinare in due città simbolo della Grande Guerra, quali furono Trento e Trieste”.
“Queste campane in cento anni – ha menzionato don Lauro nel saluto introduttivo a Busca e ai preti del Capitolo mantovano presenti – hanno visto fiorire il carisma di Chiara Lubich, annunciata la morte di Alcide De Gasperi, hanno salutato l’importante incontro ecumenico del 1984″.
Triplice conversione: alla comunione, ai poveri, dell’interiorità
Nella sua ricca omelia (QUI TESTO INTEGRALE), monsignor Busca ha spiegato il senso di ogni liturgia eucaristica come “incontro del celeste e del terrestre“. “Frequentare la liturgia – aggiunge – non ci rende persone astratte e disimpegnate rispetto alla storia. Anzi, la liturgia ispira la nostra azione profetica nel tempo in cui siamo chiamati a vivere”. Per il vescovo di Mantova serve però una molteplice conversione: “conversione alla comunione, oggi si direbbe alla comunione sinodale”. “Talvolta – rimarca Busca – si lamenta che anche i cristiani amano i recinti chiusi e che le nostre comunità sono giudicanti più che accoglienti, mondi già organizzati e poco aperti ad ospitare la novità che altri possono portare da fuori. È anzitutto – spiega monsignor Busca – una questione di mentalità. É miope immaginare che possa realizzare il bene solo chi rientra nei nostri schemi, nei nostri gruppi, nei nostri ambienti!”
Altro passaggio: la “conversione ai poveri“. Per Busca, “la cura dei poveri, degli sradicati, dei deboli, degli umili, degli oppressi, è un obbligo che ha le sue radici nel cuore stesso del cristianesimo inteso come comunione”.
Infine, la “conversione dell’interiorità”. “Essa – spiega Busca – implica una cura di sé e la vigilanza sulla forma che prendono i nostri impulsi, affetti e intenzioni. É un’igiene dell’anima che ci chiede di allenarci al discernimento dei moti interiori”. “È nelle pieghe del cuore – si conclude l’omelia – che si annidano le radici malate. Dobbiamo cercarle e convertirle”.
L’incontro con i ministri della liturgia all’Arcivescovile
Nel pomeriggio, Busca è stato relatore al teatro Arcivescovile a Trento, davanti a circa 150 ministri della liturgia (cantori, lettori, ministri della comunione, catechisti) all’incontro sul tema “Comunità convocate per celebrare nelLa speranza”, il primo di una terna di giornate di formazione attorno al tema della liturgia nell’anno giubilare. A breve sarà a disposizione la relazione integrale di mons. Busca.