Il vescovo di Trento, Lauro Tisi, è stato in visita a Casa Lamar, la struttura di accoglienza e affiancamento che ospita persone affette da Hiv/Aids ed è gestita dal Centro Trentino di Solidarietà. Di seguito il servizio pubblicato dal settimanale Vita Trentina e dal portale vitatrentina.it, a firma di Augusto Goio
“Buongiorno, come va?”. “Guarda che è il vescovo di Trento”. “Perbacco!”. Il dialogo spontaneo tra il vescovo Lauro, un operatore e un ospite va in scena nel vialetto di Casa Lamar, tra l’edificio che accoglie attualmente sei ospiti affetti da Hiv/Aids e il vicino vigneto. La struttura di accoglienza, gestita dal Cts – Centro Trentino di Solidarietà -, sorge in posizione un po’ defilata rispetto alla statale 12 che da Gardolo porta a Lavis, all’altezza del semaforo di Spini. Una scelta precisa, voluta soprattutto per tutelare gli ospiti. Ma le visite sono sempre gradite. Qualche volta arrivano qua gli scout, per sperimentarsi nel servizio agli altri. E oggi è arrivato l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi. Una visita attesa da tempo, che si concretizza nel giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia i santi Pietro e Paolo. Da segnalare la presenza, sotto il tendone accanto alla casa, per riparare dal sole e – meno – dal vento che batte con costanza, del “posto occupato”, segno di attenzione verso le vittime della violenza sulle donne.
Proprio dalla liturgia prende spunto don Lauro per incoraggiare gli ospiti, che possono sentirsi “imprigionati” dalla malattia. “La malattia può diventare un carcere, ti impedisce di realizzare quello che vorresti”. Ma nel volto di ciascuno dei volontari, qualcuno anche avanti negli anni, che si prodigano per gli ospiti di Casa Lamar il vescovo vede altrettanti angeli liberatori, come quello che nella lettura appena ascoltata giunge a liberare Pietro. “Davvero – dice don Lauro – continua il prodigio di uomini e donne che vengono a liberare”. E prosegue rimodulando le celebri parole di Paolo “ho combattuto la buona battaglia”: “Qui si combattono battaglie che mettono a dura prova”, dice, pensando a quanti sono alle prese con la malattia. “Ma la fede è un umano che si affida, e qui ci si affida gli uni agli altri. E’ il miracolo che è accaduto a Paolo: conservare la fiducia negli altri, nel futuro e nella vita”. Poi la sferzata: “E’ fuori di qui che sono i morti… hanno salute, hanno denaro, ma non sono nulla se non sanno fidarsi degli altri. La fede è credere alla vita e alle persone”, conclude don Lauro, prendendo dal Vangelo un ultimo pensiero, “una provocazione”, dice. “Voi siete il Cristo”, afferma rivolto agli ospiti di Casa Lamar. “E il servizio di voi operatori e volontari diventa adorazione eucaristica. Avete capito, come il Samaritano, che non bisogna domandarsi: Chi è il mio prossimo, ma farsi prossimo agli altri. La Chiesa ha bisogno di credenti che facciano vedere che farsi prossimo è vita. Qui ho trovato serenità e sorrisi che in tanti altri posti non si trovano più”. Parole che trovano corrispondenza nella scritta collocata a fianco dell’altare: “La vita vale la pena di essere vissuta… sempre”. Sempre, anche quando la malattia rende i giorni (e le notti) difficili. Lo sanno bene gli ospiti, e lo sanno bene anche gli operatori, i volontari, i familiari, che accolgono il vescovo con calore. I “grazie” che affiorano sulla bocca di tutti, il responsabile di Casa Lamar, Antonio Simula, li riassume nelle parole pronunciate al termine della santa messa. Ringrazia il vescovo Lauro per la sua visita, spiegando che si è soliti, a Casa Lamar, fare festa, festeggiare la bellezza dell’accoglienza. E ringrazia in particolare “per il dono di don Francesco” Viganò, responsabile della pastorale giovanile del decanato di Trento e da tempo presenza assidua alla struttura di accoglienza, che ha concelebrato con il vescovo (“Ve lo nomino assistente”, aveva annunciato poco prima don Lauro).
Prima della celebrazione, don Lauro aveva avuto il tempo per una veloce visita all’interno della struttura e per informarsi sulle questioni aperte più urgente, promettendo di interessarsi per un sostegno attraverso i fondi dell’8 per mille e di coinvolgere la pastorale giovanile per portare volontari. “Siamo vicini, come Chiesa di Trento, a realtà come la vostra che sono davvero un dono per tutta la comunità”.