…Maria, Candido, Floriano, Carlotta, padre Giorgio,…: alla fine i nomi saranno ben trentanove. Risuonano dalla voce del parroco don Vincenzo Lupoli, nella Pieve di Santa Maria Assunta a Condino, nel pomeriggio di domenica 14 giugno. Trentanove volti strappati alla vista dei loro cari senza uno sguardo di commiato. I parenti ora sono lì, tra i banchi, simbolo della grande sofferenza portata da Covid-19 in valle del Chiese. “Che senso ha mettere insieme tutto questo dolore? Non è meglio che ognuno pianga da solo quello che gli è successo?”, s’interroga il parroco. “Siamo qui – aggiunge – come comunità, consapevoli che è insieme e mai da soli che si attraversano le valli oscure della nostra vita”.
Davanti a loro l’arcivescovo Lauro Tisi, per la quarta tappa del suo viaggio “per non dimenticare” il dolore provocato dall’emergenza sanitaria, tra le zone più colpite del Trentino. Dopo Pergine, Campitello e Canazei (val di Fassa), Vermiglio (val di Sole), tocca ai Comuni al confine con il bresciano. Nei primi banchi i sindaci di Borgo Chiese, Castel Condino, Pieve di Bono, Prezzo e Valdaone. Non hanno la fascia di primi cittadini “per esprimere – sottolinea il loro portavoce Claudio Pucci, sindaco di Borgo Chiese – che vogliamo essere accanto a ciascuno come rappresentanti della comunità, uomini fra gli uomini”. “Abbiamo condiviso – aggiunge Pucci con voce sofferta – questo tempo grave. Grazie – dice all’arcivescovo Lauro – per l’attenzione, l’affetto e il sostegno che costantemente ha fatto giungere attraverso i mezzi di comunicazione. Il dolore che ci ha colpito non ci è tolto, ma siamo certi che non siamo soli a portarlo. La sua presenza e la sua testimonianza di fede – dice ancora all’indirizzo di monsignor Tisi – ci ricordano che sono due le vie per affrontare la durezza ma anche la bellezza della vita. La prima via è quella dell’esserci, essere vicini, abbandonando, come lei spesso ripete, il proprio io. In questo tempo molti ci hanno mostrato tutta la forza del farsi prossimo… La seconda via che ci mostra, caro arcivescovo, è quella di guardare con fiducia in alto, oltre ciò che gli occhi vedono, la via della fede in Gesù Cristo”. Il sindaco ringrazia infine il parroco don Lupoli per aver accompagnato le sofferenze della sua gente “offrendo a ciascuno conforto e speranza“.
Di durezza e bellezza parla anche l’Arcivescovo nella sua omelia carica di affetto e compassione, con la premessa che “le parole possono ferire gli uomini che attraversano la sofferenza ed il dolore”.
Aiutato dalla Parola di Dio, don Lauro commenta il cammino di liberazione di Israele attraverso le fatiche di quel deserto che è “icona della vita dell’uomo che da una parte è bellissima e dall’altra drammatica. Bellissima perché i volti sono vicende bellissime, di persone che vi hanno voluto bene, cui avete voluto bene; sono volti segnati da quell’esperienza che non ha parole per essere descritta, che è l’esperienza dell’amore. In questi mesi avete fatto esperienza della morte dei vostri cari e della passione che li ha segnati. L’uomo è davvero grande, talmente grande che quando se ne va tu percepisci un vuoto incolmabile che niente e nessuno riesce a cancellare. Questo è il lato bello della vita: l’uomo sa compiere gesti d’amore, sa attraversare la vita nell’amore fino a diventare una realtà talmente grande che la sua assenza diventa un dolore lancinante. Ma contemporaneamente, quello che avete vissuto in questi mesi vi dice anche che la vita conosce il dramma: il dramma di dover ogni giorno trovarsi a riscrivere la quotidianità e in questi mesi siete stati costretti veramente a riscrivere la vostra vita, a ripensare tutto. E questo è dramma e sofferenza”.
“Ma ecco – annuncia l’Arcivescovo nella domenica del Corpus Domini – che il Vangelo ci dà una luce: quando parla del pane che è viatico, sostegno per arrivare ad una pienezza di vita; ‘Chi mangia questo pane vivrà per sempre’. Il Vangelo ci dice che davanti a noi, davanti ai nostri cari che ci hanno lasciato, non c’è il baratro del nulla, c’è un compimento, una luce, una pienezza. In quella luce pensate i vostri cari. Avete vissuto la terribile esperienza di non poter onorare il loro morire, ma oggi gridate che sentite che questa enormità di bene non può essere consegnata al vuoto ed al nulla”.
“È bello – prosegue don Lauro – che Dio ci abbia lasciato, come compagnia per la vita, la memoria viva del suo morire e del suo risorgere, quella memoria viva che in ogni eucaristia ci fa coraggio e ci dice che davanti a noi non sta il vuoto, l’assurdo, il nulla, ma sta un Padre che accoglie, che fa festa, che ci aspetta”. “In questo momento – aggiunge ancora don Lauro – prego il Padre perché mandi accanto a voi Maria, la donna dell’ultima ora, per dirvi con forza che i vostri cari sono andati avanti, non sono finiti nel nulla, vivono nel Signore e in ogni eucaristia c’è la possibilità di parlare con loro, e loro sicuramente vi affidano al Padre perché faccia scendere dalla sua dimora per voi la consolazione e possa asciugare le vostre lacrime. In mezzo al vostro dolore vorrei lasciarvi questa consegna: l’uomo vive se è nel cuore di qualcuno, se è cuore per qualcuno“.