Il 9 settembre di cento anni fa (1921) nasceva a Vigo Lomaso monsignor Lorenzo Dalponte, rettore e preside del Collegio Arcivescovile di Trento tra il 1951 e il 1970 e quindi preside fino al 1991 dell’Istituto Tecnico Commerciale nello stesso Collegio. Dalponte morirà, nel giorno del suo ottantunesimo compleanno, il 9 settembre 2002. Così lo ricorda Gianni Sbetti, ex-studente Arcivescovile:
Mi è stato chiesto dal Rettore e dal Preside del Collegio Arcivescovile di proporre, come ex studente della Ragioneria, un ricordo di monsignor Dalponte a 100 anni dalla sua nascita. Non è un compito facile: considero cosi alta la sua figura e sono talmente tanti e significativi gli spunti su cui ci si potrebbe soffermare che sento il rischio di non essere all’altezza. L’unica strada, come lui insegnava, è partire e affidarsi. Ci provo.
L’incontro
Don Dalponte era il primo sorriso che al mattino, al secondo piano dell’edificio di via Endrici, ti accoglieva. In pochi minuti, prima della lezione, con due parole si rassicurava che il suo studente avesse l’umore giusto per partire con il suo impegno. Quando incontrava le persone non mancava mai di accennare quel suo sorriso bonario condito dalla mimica del viso, buttando lì qualche parola in tedesco o qualche battuta sulla colazione a base di spaccate di pane e caffellatte che considerava doverosa.
Era l’incontro con l’altro che lui considerava un momento di gioia tanto da non aver mai lasciato scappare le occasioni di dialogo mettendosi in ascolto.
La capacità d’ascolto nella semplice umanità
L’ascolto si faceva continuo in particolare quando riscontrava le difficoltà di una gioventù che stava vivendo tempi nuovi, diversi, più facili dei suoi ma ugualmente complessi. Aveva a cuore che i suoi “bimbi d’oro” si rinforzassero nel coltivare veri valori umani in cui avrebbero potuto confidare nella vita da affrontare con “dovere e onore appesi all’occhiello della giacca” affidandosi principalmente al Padre eterno.
Valori umani che avrebbero potuto emergere anche nei momenti più tragici della vita, come emergevano in quei bersaglieri tirolesi o in quei soldati su fronti opposti o in quelle madri di famiglia protagoniste delle tante storie che amava raccontare e che raccoglieva nei suoi scritti.
Una missione importante la sua, dal passo forte ma lento come quello suo da montanaro che lo accompagnava sulle montagne locali affrontate anche con noi studenti. Con noi del ‘93 salì su al rifugio Casarotta.
La pazienza che non si fa rinuncia ma si fa impegno
“…gli studenti sono come le peratole; non tutte maturano in agosto, le più saporite maturano in settembre. Ci vuole pazienza.” Non era paternalismo il suo; era affetto per il prossimo e per i suoi studenti in particolare ai quali – lui ci teneva con fierezza – la scuola offriva non solo i laboratori di lingua e informatica, non solo il teatro con le nuove poltrone che “mi raccomando, per giustizia, se vedete un compagno che le rovina, dategli un cioco sulla testa”, ma anche le sedie in legno ergonomiche per far sedere i “kinderlein” affidatigli.
Il mondo tedesco
Non è passato molto tempo da quando ho insegnato ai miei figli la filastrocca in tedesco con le proposizioni che reggono il dativo e il genitivo e loro a chiedermi chi ti ha insegnato queste filastrocche. Ed io a rispondere: don Dalponte, la stessa persona che mi ha insegnato che “la prima digestione avviene in bocca e che anche un boccon di brodo va masticato trenta volte”. E via con la filastrocca che suonava così: “wegen verend trotz stett lengs umwillen”; “binnenausmitbai, auservonnachzu, seitgegenuber”….
Eh si, don Dalponte sapeva renderti meno pesante anche lo studio: filastrocche, esempi, preghiere, poesie. Usava anche il tedesco per insegnare a vivere. Quel tedesco, quel mondo germanico che considerava importante anche per noi, voleva che tutti lo conoscessimo per avvicinarci al futuro, per vivere con intelletto e sapienza sempre più l’Europa, per essere ben presto cittadini consapevoli in una nuova comunità, quella appunto europea. Aveva a cuore il nostro futuro.
Quel suo saper valorizzare le persone
A mons. Dalponte piaceva spesso valorizzare ciascuno di noi, entrando con delicatezza nel nostro quotidiano per mettere in risalto il buono, rendendoci talvolta esempi l’uno per l’altro. Non era raro che in tedesco chiedesse al compagno della Val dei Mocheni a che ora si fosse alzato quella mattina o al compagno della Val di Non quanti cassoni di mele erano stati riempiti nel pomeriggio precedente. E non era raro sentire, forte e scandito, “Um fünf Uhr, Professor!” o il numero di cassoni. Questi brevi colloqui si chiudevano con il suo birbo sorriso ed un suo solenne “Gut!”. Nel silenzio che seguiva, il resto della classe si ritrovava costretto a pensare a che cosa ci potesse essere dietro a quell’alzarsi alle cinque per venire a scuola o al lavorare nei campi e, senza costruire un monumento per quelle risposte, don Dalponte nascondeva dietro al suo sorriso la consapevolezza che le sue peratole stavano maturando e sapevano riconoscere non solo che senza impegno e sacrificio le cose non si ottengono ma anche che bisognava essere riconoscenti nei confronti dei propri genitori. Che bei ricordi!
Mi fermo qua
“I veri santi sono le madri e i padri di famiglia che amano i propri figli in modo incondizionato” è l’ultima frase di mons. Dalponte che voglio lasciare in questo mio piccolo ricordo e che condivido profondamente.
La nostalgia per don Dalponte si fa viva e sale un po’ di commozione, perché voglia o non si voglia figure edificanti come lui, – ma con lui ricordo anche mons. Mariano Foletto, don Tarcisio Samuelli e don Aldo Rover – che hanno fatto crescere generazioni di studenti, si fa oggi fatica ad incontrarne.
Il loro ricordo mi rende riconoscente al Padre eterno per aver avuto l’enorme fortuna di averne conosciuto e saputo apprezzare le doti umane e formative. Sono certo che ancora oggi, con quel suo sorriso bonario che possiamo ritrovare nei nostri cuori e nel soleggiato cimitero di Vigo Lomaso dove riposa, mons. Dalponte vigila sui suoi bimbi d’oro custodendoli nell’impianto valoriale che ha donato loro.
Gianni Sbetti
ex studente Ragioneria Arcivescovile – anno diploma 1993