L’esperienza nell’ambito dell’OSPaD ci ha consentito di guardare all’azione pastorale nella seguente prospettiva.
A) L’azione pastorale non mobilita solo saperi teologici o saperi di settore ma essendo azione pratica presenta le seguenti caratteritiche: l’azione pastorale si svolge in situazioni
– uniche, non standardizzabili, contestualizzate,
– nelle quali ci si misura spesso con problemi nuovi, non del tutto chiari e già conosciuti,
– sulle quali i diversi attori in gioco portano sguardi e interessi diversi e le azioni che possono prendere forma si possono compiere solo dentro un reticolo di relazioni non predefinito in partenza.
In tale prospettiva, coloro che assumono responsabilità pastorali ben difficilmente possono disporre di soluzioni pronte per l’uso, che godono in partenza di un plauso unanime o di tecniche certamente efficaci e trasferibili. Per questi motivi, per l’azione pastorale è utile la capacità di rielaborare diversi quadri di riferimento, diversi punti di vista e informazioni presenti nelle specifiche situazioni per costruire assieme ad altri soggetti le conoscenze che consentono di volta in volta di aprire azioni possibili e utili.
B) L’elaborazione e il discernimento di orientamenti pastorali ai diversi livelli -parrocchie, Unità pastorali, decanati, diocesi- si può utilmente avvalere di un lavoro di analisi e di osservazione di dati che è possibile raccogliere nell’ambito di reti di gruppi e servizi che esistono nelle diverse comunità locali.
C) Il ‘pastorale’ ha a che fare con le forme organizzate che operano ai diversi livelli della progettazione pastorale ossia gruppi progetto, servizi, coordinamenti, organismi di consiglio, Enti…: i processi e le modalità di lavoro che tali gruppi e organizzazioni mettono in atto condizionano i risultati pastorali. Di qui l’utilità di accompagnare tali processi per consentire il ripensamento del senso e delle modalità di lavoro di attività e servizi esistenti come pure la progettazione di nuovi servizi.