Ciad. Donang Madij, centro Agricolo

Donang Madij, il centro Agricolo in Ciad

Il fascicolo sul progetto Donang Madij in Ciad (Aggiornato ottobre 2023)

Causale per i  versamenti: progetto di punta Ciad


Gli altri progetti sostenuti dal Centro Missionario


Il progetto

«Donang madji» è una espressione in lingua ngambay che significa “La terra è buona”.

Lo scopo del progetto è quello di contribuire al miglioramento della qualità e dello stile di vita della popolazione contadina e periurbana di 8 villaggi nel Cantone di Béboni, Diocesi di Doba, e interesserà circa 2.000 persone.


Contesto sociale, culturale ed economico

Il Ciad è un paese situato nel cuore dell’Africa, noto per la sua diversitĂ  culturale, la sua storia complessa, le sfide economiche e sociali, e il suo non ancora terminato processo di decolonizzazione. Si estende su una superficie di oltre 1,2 milioni di chilometri quadrati (4 volte l’Italia: è il quinto paese piĂą grande del continente) ed è abitato da una popolazione eterogenea di oltre 16 milioni di persone, appartenenti a piĂą di 200 gruppi etnici diversi, ognuno con la propria lingua, cultura e tradizioni.

Nel paese vi sono stati numerosi conflitti e una cronica instabilitĂ  politica, con importanti conseguenze quali le migrazioni interne e la riduzione delle risorse. Il cambiamento climatico ha ulteriormente alterato relazioni interetniche e gli equilibri ambientali, e la competizione per le risorse – ad esempio fra agricoltori e pastori – è sempre piĂą forte. La sempre piĂą minacciosa presenza dei gruppi islamisti militanti, su tutti Boko Haram dalla confinante Nigeria, e le milizie della guerra civile in Repubblica
Centroafricana, aumentano l’instabilità del paese.
La sua economia è principalmente basata sull’agricoltura, con l’allevamento del bestiame e la coltivazione di cereali quali miglio, sorgo e mais che costituiscono una parte significativa della produzione agraria e del reddito delle famiglie. La scoperta di risorse petrolifere nei primi anni 2000 ha portato a un aumento delle entrate petrolifere, ma anche a una crescente dipendenza da questo settore.
Le povertà diffusa, la corruzione (il paese è 167° su 180 nella graduatoria mondiale dell’indice di corruzione), la mancanza di assistenza sanitaria, il “buco nero” dell’istruzione, la discriminazione di genere sono solo alcune delle sfide che il paese deve affrontare. Il Ciad è uno degli stati più poveri del mondo: occupa il 184° posto su 187 nell’Indice di Sviluppo Umano.

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Area di intervento

Il progetto sarà realizzato nella Diocesi di Doba: creata il 6 marzo 1989, comprende 4 dei 6 dipartimenti della Regione del Logone Orientale (La Pendé, La Nya, Kouh Est e Kouh Ouest) e ha una superficie di 10.816 km quadrati e 424.228 abitanti, di cui 82.313 cattolici.
La Diocesi è suddivisa in 12 parrocchie, servite da 28 sacerdoti (di cui 14 indigeni), 40 religiose e 9 religiosi, di 14 Paesi diversi, fra cui il nostro don Costantino Malcotti, fidei donum, e ha un totale di 80 seminaristi.
In campo sociale, la Diocesi dispone di un ospedale e 4 centri sanitari, un centro di formazione per catechisti, 13 scuole primarie, due collegi e due licei.
Dal punto di vista geografico, l’area è caratterizzata dalla coesistenza di pianure, valli e colline di modesta altezza.

La stagione delle piogge dura da maggio ad ottobre, con una piovosità è di circa 800-1200 mm/anno e vi sono ampie zone soggette a cicliche inondazioni.

L’equilibrio ambientale è pericolosamente minacciato dalla crescita della popolazione e dagli effetti negativi della variabilitĂ  e dei cambiamenti climatici. I terreni sono poco o affatto fertili, a motivo della deforestazione (per fare legna da ardere o carbonella da vendere in cittĂ ) e del loro sfruttamento eccessivo, senza interventi di recupero della fertilitĂ , il tutto aggravato dal degrado provocato dal
clima tropicale: sovrapascolamento, lavorazioni eccessive e temperature elevate nella stagione secca distruggono l’humus del terreno, non più protetto dagli alberi, e le piogge torrenziali delle stagioni umide dilavano i suoli.
La terra è ancora abbondante, ma le famiglie contadine spesso soffrono la fame per la scarsa produttività dei suoli, i sempre più frequenti estremi climatici, i conflitti con gli allevatori, l’impossibilità di vendere i prodotti sui mercati più remunerativi, l’ignoranza dei progressi scientifici, la mancanza di tecnologie per coltivare in maniera sostenibile, conservare e trasformare i raccolti.

A Doba si estrae il petrolio, ma dei suoi ricavi poco o nulla ritorna: il Logone Orientale è la terza regione più povera del Ciad (il reddito medio pro-capite è di soli 0,6 euro al giorno), il 65% della popolazione vive in stato di profonda povertà, la quasi totalità dei poveri delle aree rurali sono agricoltori.

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PrioritĂ 

L’analisi del contesto ha suggerito di intervenire in maniera coordinata su ambiti precisi quali la produzione alimentare, la rigenerazione della fertilità dei suoli e la riforestazione, il contenimento e la prevenzione del conflitto fra agricoltori e pastori, la formazione e l’assistenza tecnica.
Questi interventi nei villaggi sono funzionali a creare le condizioni per avviare un programma più ampio di “campi scuola per gli agricoltori” (Farmer Field Schools: per la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione, una delle migliori prassi per gli SDG, gli obiettivi dello sviluppo sostenibile), versione contemporanea delle cattedre ambulanti di agricoltura che, dalla fine del XIX secolo, tanta parte hanno avuto nello sviluppo del Trentino.

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Resilienza ambientale

Adottare in maniera partecipativa metodologie e strumenti in grado di ridurre i fattori di incertezza e migliorare la qualità della vita: agricoltura conservativa, rigenerazione naturale gestita da agricoltori, miglioramento genetico evolutivo, gestione dell’acqua.
Nell’area di intervento coesistono agricoltori e allevatori poveri; un clima con frequenti fenomeni estremi quali siccità e inondazioni; terreni agrari sempre più sterili; disboscamento diffuso per la mancanza di legname e combustibili per il consumo domestico; perdita di biodiversità; conflitti sulle risorse.
Il progetto organizzerà e promuoverà l’adozione di tecniche di rigenerazione naturale dell’ambiente gestita dagli agricoltori, per ripristinare la fertilità dei suoli, aumentare la produttività agricola e rendere l’ambiente più resiliente.
Queste tecniche, che partono da un bilancio agro-ecologico realizzato comunitariamente, permetteranno di accrescere la consapevolezza e le competenze, favorendo l’adozione di ulteriori misure di riforestazione e agricoltura conservativa.
La salvaguardia della biodiversità ha un ruolo fondamentale nell’assicurare la sicurezza alimentare nonostante le incertezze legate al cambiamento climatico (in termini finanziari, si parlerebbe di “diversificazione degli investimenti”).
Per questo motivo, anche il miglioramento genetico delle piante, realizzato con partner specializzati, coinvolgerĂ  sistematicamente gli agricoltori in tutte le fasi del processo, implementando un modello partecipativo di selezione e adozione.

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Gruppi di mutuo aiuto e assistenza tecnica

Istituzione di 8 Gruppi di mutuo aiuto, uno per villaggio, e sviluppo di un servizio di assistenza tecnica partecipativa per almeno 200 nuclei familiari (tecniche migliorate di produzione agricola, uso del cibo nutriente, salvaguardia ambientale tramite la rigenerazione delle risorse naturali.
L’analisi dei bisogni ha fatto emergere come la mancata e insufficiente produzione alimentare, fame e malnutrizione, sono frutto anche di ignoranza.
La costituzione di gruppi associativi negli otto villaggi, ciascuno con 25 rappresentanti di altrettanti nuclei familiari, sarà lo strumento per sviluppare una maggiore collaborazione per il corretto utilizzo delle risorse naturali nel rispetto del prossimo e della natura. La formazione degli agricoltori avverrà nei villaggi e  sarà realizzata da tecnici locali specificatamente formati nel corso del progetto.
L’insieme di queste attività è funzionale alla successiva implementazione di un sistema esteso di “campi scuola per gli agricoltori” (Farmer Field Schools), metodologia di formazione degli adulti già adottata da più di 12 milioni di contadini in oltre 90 Paesi e organizzata con analisi collettiva dell’agro-ecosistema, dinamiche di gruppo, prove sperimentali e dimostrazioni.

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ReciprocitĂ  fra agricoltori e allevatori

Compartecipazione dei due gruppi, storicamente divisi, ai processi decisionali, e miglioramento delle condizioni di pascolo e di controllo del bestiame. I conflitti tra agricoltori ed allevatori affliggono da sempre il Ciad, sono fonte di violenza e richiedono notevoli sforzi di peacebuilding. I conflitti sono inaspriti dalla povertĂ , dalla disuguaglianze, dall’estremismo, dal
banditismo rurale e dall’abigeato, dai cambiamenti climatici che hanno sconvolto o cancellato la transumanza.
Il progetto sosterrà le istituzioni preposte alla facilitazione e risoluzione pacifica dei conflitti così da aumentare, da entrambe le parti, consapevolezza e rispetto. Il comitato paritetico diventerà il veicolo formativo per incrementare la produzione di
mangimi e foraggi, il pascolo stanziale gestito, una migliore disponibilitĂ  idrica e il controllo efficace degli animali.

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Centro pilota

Allestimento di un centro pilota di sperimentazione, trasferimento tecnologico e supporto alla formazione permanente degli adulti per lo sviluppo rurale sostenibile. La popolazione, per il 90% contadina, pratica un’agricoltura povera di mezzi e di
risultati: lo sviluppo agricolo locale sostenibile passa per un aumento della produttività (non solo dei campi, ma anche del lavoro), la conservazione e rigenerazione ambientale, la diversificazione colturale, il miglioramento delle tecniche di trasformazione e conservazione (con una maggiore e più ampia varietà di cibo), un’accresciuta consapevolezza delle norme igieniche e nutrizionali, la vendita di prodotti a più elevato valore aggiunto.
L’attuale livello di sottosviluppo richiede che qualsiasi intervento includa attivamente e con continuitĂ  la popolazione, e affronti tutte le dimensioni del problema. La Chiesa di Doba, giĂ  impegnata nei servizi sanitari e nell’educazione, ha
deciso di attivarsi anche a favore dello sviluppo rurale.
Il Centro Pilota ospiterĂ  sperimentazioni e prove comparative di tecniche agronomiche, varietĂ  e popolazioni di piante, provvederĂ  alla moltiplicazione di sementi selezionale e piante arboree e permetterĂ  di verificare preventivamente la validitĂ  delle innovazioni che saranno poi promosse presso gli agricoltori.
Il Centro ospiterà anche la formazione dei tecnici e dei facilitatori impiegati nelle scuole di campo per agricoltori e nel servizi di assistenza tecnica. Le tecnologie impiegate saranno di livello tale da poter essere adottate dagli agricoltori; ad esempio, considerato che l’utilizzo di animali da tiro è onnipresente, il Centro utilizzerà macchine migliorate, ma a trazione animale e non con trattrici agricole.
In maniera simile, considerata la disponibilitĂ  di Internet e smartphone, si farĂ  ampio utilizzo di App, banche dati e repertori disponibili in rete, ad esempio per la mappatura dei suoli o il censimento e il monitoraggio degli alberi.
Il Centro, oltre a disporre di strutture destinate alla formazione, sarĂ  corredato anche da un’officina – per la realizzazione e manutenzione di attrezzature – e un laboratorio per l’analisi e il monitoraggio dei suoli e la selezione sementiera.

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La partecipazione locale

Il progetto ha preso avvio anche grazie a numerosi incontri con le comunitĂ  e uno “scenario workshop” cui hanno partecipato i capivillaggio e i capifamiglia, ma anche le persone che – tradizionalmente – non hanno diritto di parola: giovani e donne. Questa è stata una scelta mirata, che ha consentito di verificare che le prioritĂ  indicate dalle comunitĂ  coincidevano con quelle della letteratura scientifica e, ancora piĂą importante, di ottenere interesse e partecipazione per poter innestare le proposte di innovazione e la formazione sui saperi locali, facendo sì che il progetto potesse essere patrimonio comune e condiviso sin dal suo concepimento.
Questo modo di procedere – partecipativo e rispettoso – è stato grandemente apprezzato e percepito come una cesura rispetto al passato, dove un soggetto esterno (che ha le risorse) ha già deciso per tutti.
A livello operativo, i gruppi di villaggio si impegneranno a organizzare gli incontri periodici con i formatori e, diversamente dalle abitudini, si faranno anche carico dei pasti per i partecipanti.
Le attività formative presso il Centro sono rivolte principalmente agli allievi formatori, ma aperte alla partecipazione di altri soggetti (delegati di commissioni, gruppi di mutuo aiuto, associazioni e così via).
Le autorità locali, sia governative sia di villaggio, sono state coinvolte a partire dall’indagine conoscitiva (baseline survey) pre-progetto, si sono dimostrate molto interessate e hanno assicurato il loro appoggio.

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Aspetti organizzativi e collaborazioni

La Diocesi di Doba realizzerĂ  il progetto tramite il proprio Bureau d’Etudes et de Liaison d’Actions Caritatives et de DĂ©veloppement Caritas (BELACD Caritas). La sottocommissione sviluppo rurale, cui fa riferimento il progetto, è presieduta da don Costantino Malcotti, fidei donum della Diocesi di Trento.

Partner in Ciad

  • Don Costantino Malcotti, fidei donum della diocesi di Trento.
  • Diocesi di Doba.
  • Plateforme Pastorale du Tchad
  • ITRAD (Institut Tchadien de Recherche Agronomique pour le DĂ©veloppement
  • ANADER (Agence Nationale d’Appui au DĂ©veloppement Rural
  • World Vision International
  • DEZA/SDC (Agenzia svizzera di cooperazione allo sviluppo, Dipartimento federale degli affari esteri)
  • GIZ (Agenzia tedesca per la cooperazione internazionale: Deutsche Gesellschaft fĂĽr Internationale Zusammenarbeit)

Partner in Italia

  • Associazione Francesco Realmonte Onlus di Milano
    Fondata nel 2009, promuove i diritti umani ed in particolare il diritto all’educazione e alla formazione di bambini e giovani che vivono condizioni di vulnerabilità; è stata la prima realtà italiana ad utilizzare il concetto di “resilienza” come base teorica per i suoi molteplici interventi a carattere psico-socio-educativo a favore di minori e famiglie siriane, irachene, afgane, palestinesi richiedenti asilo o sfollate nei campi profughi di Grecia, Libano, Giordania, Iraq, Gaza e Israele.
    L’Associazione lavora nella Repubblica Democratica del Congo con spazi di aggregazione per promuovere l’autonomia delle comunità locali attraverso l’implementazione del centro socioeducativo di Kananga (San Lorenzo); in Camerun, con la scuola familiare di Badjouma, che sostiene giovani studenti e diplomati nell’avviamento di attività generatrici di reddito; in Uganda e in Burundi con il progetto BUSLIN, startup del settore agroalimentare.
    Risultati particolarmente positivi sono stati raggiunti con il programma innovativo “Tutori di Resilienza” grazie al quale negli ultimi 8 anni 850 operatori locali dei vari paesi sono stati formati per lavorare, con vari ruoli in attività di musica, teatro, pittura, sport e gioco, con minori vittime di guerra e migrazione forzata.

Supporto scientifico

Il progetto è stato redatto con il supporto di

  • CeSI (Centro di Ateneo per la SolidarietĂ  Internazionale dell’UniversitĂ  Cattolica del S.Cuore di Milano)
  • DAGRI (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’UniversitĂ  di Firenze)
  • Dipartimento di Agraria, UniversitĂ  di Sassari.

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Foto

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