Covid-19 e solidarietà sociale.  Al Vigilianum di Trento ricco confronto con vescovo Tisi e geriatra Trabucchi sulle prospettive per uscire dall’emergenza, nel segno di una rinnovata fraternità tra generazioni

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La vittoria sulla pandemia passa dalla solidarietà sociale. Non come imperativo etico ma come necessità per rilanciare la logica del “noi”, scalfire le disuguaglianze e provare a ricostruire, in un’alleanza che va dai giovani agli anziani, una nuova idea di benessere condiviso.

È il messaggio corale uscito dall’incontro-dibattito “Un nuovo cantiere per combattere la pandemia da Covid-19. La solidarietà sociale”, proposto da Diocesi di Trento e Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari ieri pomeriggio (martedì 6 ottobre) al Polo Vigilianum di Trento, anche in diretta streaming.

Principali interlocutori l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi e il professor Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di psico-geriatria.

Nel saluto inziale, l’assessora alla salute Stefania Segnana, pur rimarcando la preoccupazione per il ritorno dei contagi, esprime un ‘grazie’ convinto a tutti i dipendenti dell’Azienda Sanitaria che si stanno preparando a riaffrontare una possibile nuova emergenza. “Non a caso – ammette – abbiamo ripreso gli incontri quotidiani della task-force provinciale. Anche grazie a questo vostro cantiere – auspica, dando merito agli organizzatori del confronto – potremmo avere ulteriori spunti su cui lavorare”.

A introdurre i lavori – moderati da Diego Andreatta, direttore di Vita Trentina – è Fabio Cembrani, direttore dell’Unità operativa di medicina legale (Apss) e tra i promotori più attivi dell’incontro. Cembrani, citando Horton, invita a passare “dal concetto di pandemia a quello di sindemia”. “Nel concreto – precisa – va compreso che affrontare seriamente il Covid-19 richiede politiche sanitarie che devono agire non solo sul tracciamento e sull’isolamento degli infetti ma sulle diseguaglianze, sulle disparità economiche, sulla fragilità e sulle patologie croniche che affliggono oltre 8 milioni di persone nel nostro Paese”. Pensando soprattutto agli anziani, al centro della riflessione al Vigilianum, Cembrani si augura – richiamando proprio Trabucchi – che “non siano nuovamente posizionati nel girone degli umiliati e offesi perché essi si sono spesso trovati ai margini degli interventi di sanità pubblica sia nelle RSA, sia nelle proprie abitazioni, sia negli ospedali”.

Intensa la riflessione dell’arcivescovo Lauro Tisi (“La solidarietà sociale: dal buon samaritano al buon cittadino”) che ricorda i giorni più acuti della pandemia come “forieri di una ripartenza nel segno della solidarietà, poi svanita per lasciare posto alla conflittualità”. Tisi la motiva ripensando “agli ultimi quarant’anni, dove abbiamo costruito la realizzazione di sé attorno al competere, alle zampate vincenti e declinato la realizzazione dell’ego attraverso la conflittualità con gli altri e la via solitaria”.

“Da troppo tempo – denuncia ancora l’Arcivescovo, riprendendo anche temi rilanciati nell’ultima enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” – il vero coincide con quello che io percepisco. Fuori dal mio giardino non esiste altro. Di fronte alla globalizzazione dei mercati noi assistiamo che per le persone il confine è l’uscio di casa. E l’unica voce che ci torna indietro è spesso l’eco delle nostre parole. Ma l’uomo senza relazione – sottolinea ancora Tisi – non va da nessuna parte e questa è una partita che va ben al di là del credere”.

L’arcivescovo Lauro

Sullo sfondo dell’immagine del buon samaritano descritto nella nota parabola evangelica, monsignor Tisi rilegge il concetto di “solidarietà” come “fraternità”. “La fraternità non è impegno etico, ma l’unica opportunità che abbiamo per dare qualità all’umano. Non abbiamo alternative: l’altro non è il mio competitor ma la mia necessità, la mia libertà.  Il samaritano – aggiunge – è Gesù Cristo, volto di Dio, che innesca un sistema di fraternità. Se vogliamo vincere il Covid dobbiamo attivare un percorso di sistema. Non abbiamo bisogno di leader solitari. L’augurio è che la pandemia venga affrontata in maniera sinergica, mettendo insieme le generazioni, ma anche passando dallo schema competitivo a un nuovo sistema dove convertiamo anche l’economia. L’accumulatore di denaro è un uomo patetico. Se il denaro diventasse strumento per creare servizi e opportunità ne guadagnerebbero tutti e avremmo un mondo migliore”.

“Viviamo nell’incertezza e il Covid ha peggiorato le criticità sociali già esistenti; quanto abbandono abbiamo dato in questi anni alle persone più deboli”, ammette lo psico-geriatra Marco Trabucchi in avvio della sua relazione su “La solidarietà sociale… per fare in modo che i vecchi non siano umiliati e offesi”. “La solitudine dei vecchi è stata drammatica nelle case, nelle RSA, negli ospedali. La solitudine indotta dalla morte. La solitudine nei famigliari, nei caregiver. La desertificazione della città indotta dal Covid – sottolinea, evocando anche passaggi del suo ultimo libro “L’anziano e la città” (ed. Erickson) – ha fatto esplodere il fenomeno. Si prevede che nel 2025 negli Usa il problema degli anziani senza casa sarà ingestibile”.

“La costruzione di solidarietà sociale – argomenta il noto psico-geriatra – diventa inderogabile. Credo che una comunità solidale verso i vecchi, prima e dopo Covid, possa costituire la differenza, pur di fronte alla crisi dei servizi e all’incertezza della politica.  La logica della sindemia ci dice che se curiamo bene il virus e non ci curiamo della casa e della città, della strada e della famiglia ci fermiamo a metà. Volete curare? Dovere curarvi!”.

Citando Edgar Morin, Trabucchi ricorda che “per costruire una società che unisce occorre sempre più intelligenza – capacità tecnica, come quella medica –, ma al contempo sempre più amore”. E delinea poi un “che fare?” in quattro punti: costruire una cultura della dignità della persona indipendentemente dall’età; attuare una politica seria; nutrire l’orgoglio per aver salvato le nostre comunità grazie al lavoro di medici, infermieri, psicologi, mondo religioso e dell’impegno civile; costruire servizi adeguati con grande attenzione: l’uso della telemedicina, ad esempio, ci espone a molte problematiche, potrebbe rivelarsi un momento di rottura della solidarietà sociale”.

“La solidarietà sociale – conclude Trabucchi – fa bene a chi si impegna e dà senso alla persona che la dona, ma è molto importante anche per chi la riceve. Una parola scambiata vale più della cura del colesterolo: lo dice anche la letteratura scientifica. Dobbiamo permettere alla persona anziana di vivere una vita di significato, più serena e concretamente più lunga”.

A un dibattito arricchito dai contributi degli ospiti presenti ad invito (esponenti autorevoli del mondo socio-sanitario) segue la conclusione di Pier Paolo Benetollo, direttore generale Apss, che sottolinea anzitutto “l’impegno dei tanti operatori che stanno lavorando in maniera intensa per circoscrivere i tantissimi focolai che ci sono in Trentino”.

“Credo – spiega, riprendendo un termine ricorrente nel dibattito – che la fraternità sia connaturata all’essere professionista sanitario. Non è un’affermazione di principio, ma quanto abbiamo verificato nell’emergenza: infermieri che non sono rientrati a casa per non contagiare la famiglia, professionisti che si sono inventati modi per essere vicini ai malati e ai familiari, sanitari che hanno stretto la mano delle persone morenti. Questo è stato riconosciuto anche da parte della comunità trentina”.  “La sanità – sostiene Benetollo –,  nella misura in cui è scienza, funziona non perché c’è qualcuno che ha una verità ma perché ci si confronta. Quanto al dato finanziario che domina su tutto, ricordo che i trentini hanno donato dieci milioni all’Apss: dalle grandi aziende, alle persone più semplici. È un grande valore”.

In merito alle politiche nelle RSA, “si tratta – precisa il direttore generale – di scelte difficili. Sono tra quelli che prenderanno decisioni, mettendo però al centro la dignità delle persone. Sono orgoglioso di rappresentare un’Azienda che da 32 posti di terapia intensiva è passata in pochi giorni a 101 posti. Uno sforzo enorme: abbiamo l’orgoglio di dire che, delle persone che in Trentino avevano bisogno di terapia, non è rimasto fuori nessuno. Oggi non è ragionevole pensare di tornare alla situazione di emergenza iniziale”.

Tra le tante incertezze su Covid, ricordate da Trabucchi, Benetollo individua però anche “due certezze: se stiamo a 1 metro e mezzo di distanza e, quando non è possibile, mettiamo la mascherina, il virus non passa. Questo è un messaggio da dare con forza a tutti. In questo momento abbiamo tanti casi e pochi ricoveri perché le persone anziane hanno imparato e sono quelle che rispettano le regole. Sono loro che ci stanno salvando comportandosi meglio dei giovani. Se manteniamo distanza e mascherina, salveremo persone e consentiremo di vivere meglio questa fase come un’esperienza che arricchisce la nostra comunità”.

L’incontro si conclude con l’indicazione condivisa di prevedere altri appuntamenti seminariali su tematiche specifiche – dalla demenza senile alla condizione giovanile – che sia la Diocesi che l’Azienda sanitaria ritengono urgenti nel cantiere del dopo Covid.

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FOTO ZOTTA