Il percorso di accompagnamento alla preghiera giornaliera della Quaresima 2021 è proposto on line settimanalmente.
I dettagli si trovano nell’introduzione al sussidio e negli altri strumenti per l’animazione.
Il tema di quest’anno è “Credettero alla Scrittura” (Gv 2,22)
La settimana dal 22 al 28 marzo ha il sotto tema “Si ricordò di quella parola”.
- Lunedì 22 marzo 2021. Introduzione
- Martedì 23 marzo 2021. Vedere la vita
- Mercoledì 24 marzo 2021. Riflettere con la Parola
- Giovedì 25 marzo 2021. Agire in concreto
- Venerdì 26 marzo 2021. Preghiera
- Sabato 27 marzo 2021. In famiglia
- Domenica 28 marzo 2021. Commento
Lunedì 22 marzo. Introduzione
L’attenzione ai poveri è una costante della vita di Gesù e sono numerosi gli episodi narrati dai Vangeli in cui chi è debole e affaticato viene posto al centro dello sguardo di Dio. Nelle scritture questo succede spesso anche per lo straniero – annoverato tra i deboli e i bisognosi di attenzione – che anche la cultura ebraica, come tante altre, consideravano sacro e meritevole di particolare rispetto. Si respira insomma un’antica sapienza che mette la considerazione e la cura dello straniero sullo stesso piano degli altri soggetti più fragili del passato, come gli orfani e le vedove. Persone indifese, “vulnerabili” si direbbe oggi, spesso povere. Il forestiero è uno di loro e, nonostante a volte possa esso rappresentare addirittura un nemico, gli va riservata una specifica benevolenza. Il mondo è certamente cambiato ma gli insegnamenti delle Scritture ci possono illuminare anche oggi, proprio nei momenti in cui pare che la tutela degli ultimi sia divenuto un optional o al massimo un atto di “buonismo” (pessimo termine coniato negli ultimi tempi), individualistico e giudicato per lo più come ingenuo e sciocco. Bisognerebbe allora spiegare a qualcuno che il Vangelo è la “summa” del buonismo, per quegli insegnamenti che contiene e che Gesù chiede di condividere, sapendo che in questo modo si costruisce il regno di Dio. Oggi allora credere nella Scrittura e ricordarsi di quanto ci offre, può essere un buon sostegno nel perseguire non tanto la perfezione – che non è di questo mondo – ma il bene, di tutti e per tutti.
Martedì 23 marzo. Vedere la vita
La testimonianza di don Luca Morigi della Comunità Papa Giovanni XXIII, sull’isola di Lesbo (15/11/2020)
Bisogna dire a tutti che quello che si sta compiendo su queste isole greche, in questi centri di prima accoglienza, o meglio campi di detenzione e concentramento, è un velato ma reale genocidio, dove ad essere eliminata non è tanto una o l’altra razza, quanto tutta l’umanità e a pagarne il prezzo sono sempre loro: gli oppressi, i poveri e gli emarginati. (…) Nel grande campo Kera Tepe, a causa dell’ammassamento delle tende, non c’è neanche la possibilità di mantenere il giusto distanziamento sociale per evitare l’eventuale diffondersi del coronavirus. C’è il distanziamento dalla gente, dalla città, ma all’interno del campo non esiste assolutamente il distanziamento sociale, non c’è il rispetto di nulla. Si parla di almeno 750 casi di Covid, però non è sicuro, forse sono molti meno. Sembra assurdo dirlo, ma al momento, all’interno di Kera Tepe ci sono malattie ben più gravi del Covid. (…) Ci sono anche tanti segni di speranza, cittadini greci che si organizzano per aiutare i migranti. Ci siamo avvicinati ad alcune realtà locali, un’associazione ha messo in rete alcune piccole organizzazioni che sono in contatto con i migranti e settimanalmente si incontrano e mettono in campo strategie concrete di sostegno per i profughi. Esistono realtà belle di sostegno e accoglienza.
Quando sono entrato nel campo per me è stato come entrare a contatto con la persona di Gesù Eucaristico, con il sacrificio, e ho trovato Cristo davanti a me. Ho trovato questi poveri che sono veramente coloro che espiano il nostro peccato e porta ingiustamente il peccato commesso e tollerato da noi conclude don Luca. In questi campi c’è davvero la presenza di Cristo umiliato davanti a noi. Sotto i nostri occhi si consuma un’ingiustizia davanti alla quale siamo impotenti. Ma se non gridiamo noi che siamo qua anche per poco tempo, chi lo farà?
(articolo intero)
Mercoledì 24 marzo. Riflettere con la Parola
C’è un richiamo forte, una sorta di ammonimento, che Gesù esprime nel Vangelo della prossima domenica. “I poveri li avrete sempre con voi”. Può sembrare una frase a effetto, ma è invece un invito a imparare da lui, che coi poveri ha sempre camminato. Non è certo l’unico episodio in cui Gesù richiama a volgere lo sguardo verso chi è in difficoltà, ma rispetto ad altri si connota in modo forse più profetico, rimandando ad un futuro in cui la responsabilità di occuparsi di queste persone sarà tutta nostra. E la chiesa – pur con tante contraddizioni – nei secoli si è ricordata di queste parole. La “scelta preferenziale dei poveri” ha dato vita, nei secoli, ad innumerevoli opere di carità, di azioni di promozione umana e sociale, di iniziative rivolte ad una serie di categorie dimenticate e lasciate nel disagio e nella miseria.
Nel frattempo, i poveri sono cambiati. Alle povertà materiali – che forse si sono attenuate ma non sono certo sparite – si sono affiancate situazioni nuove, caratterizzate da fatiche relazionali, famigliari, psicologiche, dipendenze… Anche in questo caso la chiesa non ha dimenticato la parola di Gesù, continuando ad innovare le sue risposte. Tra queste, un’attenzione particolare è stata posta ai migranti. Tutti i migranti, dagli italiani che una volta partivano per le Americhe ai giovani che oggi lasciano l’Africa, da quanti cercano un lavoro e una vita migliore a quelli che scappano dalla guerra e dalla fame. Perché ogni migrante, anche se non necessariamente povero, è un soggetto – almeno per un periodo – spesso debole e indifeso.
Per questo, in tutte le maggiori culture del passato, l’ospitalità e la cura dello straniero erano principi fondanti di una comunità. Forse sapevano, inconsapevolmente, che “i migranti li avremo sempre con noi”.
Giovedì 25 marzo. Agire in concreto
Ognuno di noi ha la possibilità di dare il proprio contributo alla società, di essere un pezzetto della storia, di costruire il Regno di Dio o, più semplicemente, di “lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato” come sosteneva lord Baden Powell, fondatore del movimento scout.
Se allora riteniamo che quelle parole (“i poveri li avrete sempre con voi”) siano vere, ecco che non possiamo restare indifferenti a quanto succede intorno a noi, sia a livello locale che a livello mondiale. Parlando di migranti, è bene ricordare quanto di buono è stato fatto in questi anni, non solo da numerose associazioni e svariati enti, ma anche da singole persone che si sono fatte prossime a tanti fratelli arrivati nel nostro paese.
Mio padre Giorgio, che oggi ha 88 anni ed è vedovo, ha accolto in casa sua Mursal, arrivato dall’Etiopia. Il suo esempio ha messo attorno a un tavolo anche mia moglie, i miei due figli e io, con una domanda: lo facciamo anche noi? La risposta è stata unanime. Sì, spiega Sandro Campanini, 52 anni che a sua volta ospita dal marzo di quest’anno Abdi, 22enne anch’egli etiope. Nel 2015, quando era già in pensione, Giorgio ha sentito l’appello di papa Francesco e ha contattato la Caritas, che gli ha fatto conoscere Mursal, oggi 25enne” (da Vita.it del 27 novembre 2018).
L’accoglienza è strumento eccezionale per conoscere, capire e trasformare la nostra vita oltre che quella di chi accogliamo. Può essere un’accoglienza in famiglia, in paese, presso un ordine religioso, un’associazione o un ente. Quello che conta è farsi delle domande e poi mettersi in gioco, con i limiti e la capacità di ognuno. Gran parte di queste esperienze sono state positive e con ricadute benefiche per tutti. Camminare coi deboli e gli indifesi, infatti, ci fa divenire persone migliori.
Venerdì 26 marzo. Preghiera
Padre, Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi.
Concedi anche a noi di sperimentare la sua protezione e il suo aiuto. Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti, fa’ che possa confortare e proteggere tutti quei fratelli e quelle sorelle che, spinti dalle guerre, dalla povertà e dalle necessità, lasciano la loro casa e la loro terra per mettersi in cammino come profughi verso luoghi più sicuri. Aiutali, per la sua intercessione, ad avere la forza di andare avanti, il conforto nella tristezza, il coraggio nella prova.
Dona a chi li accoglie un po’ della tenerezza di questo padre giusto e saggio, che ha amato Gesù come un vero figlio e ha sorretto Maria lungo il cammino.
Egli, che guadagnava il pane col lavoro delle sue mani, possa provvedere a coloro a cui la vita ha tolto tutto, e dare loro la dignità di un lavoro e la serenità di una casa.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo, tuo Figlio, che San Giuseppe salvò fuggendo in Egitto, e per intercessione della Vergine Maria, che egli amò da sposo fedele secondo la tua volontà.
Amen.
(Preghiera per la Giornata del Migrante e del Rifugiato 2020)
Sabato 27 marzo. In famiglia
Le parole sono un modo per entrare in comunicazione con gli altri, anche con Gesù: il Vangelo è la sua Parola, conoscendolo conosciamo Gesù. Le parole possono essere ponti per arrivare agli altri o muri che dividono.
Gioco: Crucipuzzle
Utilizzando i suggerimenti dati prova a scoprire la frase nascosta… ricordati ad ogni numero corrisponde una lettera (3=P, 5=R, 2=E). (soluzioni)
Impegno:
Chiediamo a qualche compagno di classe, di gioco, o a qualche vicino che parla un’altra lingua di insegnarci alcune parole iniziando dal saluto; diamo la nostra disponibilità ad aiutare chi ancora non conosce la nostra lingua ed è in difficoltà coi compiti. Ci impegniamo a riflettere sulle parole che usiamo. Per aiutarci concretamente ad approfondire possiamo guardare il progetto Parole O_Stili.
Preghiera
Signore ti preghiamo affinché ognuno di noi ricordi sempre che le parole sono importanti; hanno il potere di far nascere sorrisi sui visi, o di rendere i volti tristi, perché segnati dalle lacrime.
Domenica 28 marzo. Commento
La domenica delle Palme ripropone una liturgia che evoca tutto il dramma della Passione. Non ci sono omelie nel giorno che inizia la settimana Santa. Ogni parola umana diventa un surplus da evitare. Ogni gesto retorico sminuirebbe la potenza di una Parola che si fa dolore e sangue versato di un Redentore che viene prima accolto dalla folla festante e poi, dalla stessa folla turbata, consegnato alla morte in croce.
In missione quel momento liturgico raggiunge (insieme al momento della via crucis drammatizzata) il culmine dell’esperienza della vicinanza del popolo al Cristo osannato e sofferente allo stesso tempo. Immaginiamo questo giorno con folle di gente di tutte le etnie, di tutte le lingue e culture immerse nel dramma dell’Uomo-Dio, accolto in un mare fremente di foglie di palma intrecciate, sguardi attoniti ed orecchie tese nell’ascolto.
In tutte le Chiese giovani delle nostre missioni gli uomini e le donne delle comunità cristiane si lasciano andare compartecipi nel primo annuncio della passione. E si piangono lacrime vere alla vista di un uomo che si espone al dolore e al tradimento per la nostra liberazione dal male e dalla violenza.
Pietro si ricordò delle parole di Gesù che profetizzava la sua debolezza al canto del gallo. Quel canto del gallo gli ricordò il pensiero di Gesù all’alba del giorno nuovo. In Gesù nasce definitivamente il tempo nuovo, la Luce intramontabile della salvezza.