La pandemia ci ha costretti in casa, da soli o comunque lontano dalle persone che amiamo, ci ha limitati nei movimenti e nelle azioni, mettendo a nudo le nostre fragilità, paure e precarietà. L’abbiamo vissuta sia come esperienza divisiva, che ci ha separati dagli altri, sia come sentimento capace di avvicinarci, nella consapevolezza che le crisi si superano solo insieme agli altri. Siamo stati e siamo soli, ma connessi e solidali.
La solitudine imposta è una condizione di rischio che, limitando gli incontri, le interazioni e le esperienze, impoverisce culturalmente, socialmente ed economicamente chi la vive. Sono molte le storie di chi in questi mesi ha visto crollare certezze e fallire progetti sia in ambito personale che lavorativo e nessuna di queste storie ha fatto meno paura di altre a chi le ha vissute.
Le persone richiedenti asilo e rifugiate fanno esperienza di solitudine imposta da quando arrivano nelle nostre comunità e finché i legami con gli altri e con il territorio non si fanno abbastanza stretti da diventare un abbraccio, una protezione. Oltre alla distanza incolmabile dalla comunità di appartenenza, dalla famiglia e dagli affetti, essi vivono quotidianamente la difficoltà a inserirsi in una società molto diversa dalla loro. Sperimentano lo scarto linguistico e culturale tra il mondo che hanno abbandonato e la nostra realtà, che rende spesso poco comprensibili dinamiche, prassi e comunicazioni. Affrontano lo scarto digitale con un sistema, il nostro, che sposta sempre di più sull’online anche le operazioni più semplici, dalla prenotazione di una visita medica all’accesso ai servizi territoriali, mettendo in seria difficoltà chi non ha le competenze necessarie. Con la pandemia e le disposizioni di distanziamento, che hanno impedito gli incontri e il lavoro insieme, molti di questi svantaggi sono diventati limiti invalicabili e causa di fortissima esclusione, emarginazione e solitudine.
Con il lavoro, l’impegno e la cura del progetto Una Comunità Intera non separiamo le voci, le storie e i bisogni delle persone, che siano esse accoglienti o accolte, ma ce ne prendiamo cura mettendo in campo azioni finalizzate al benessere comune, alla solidarietà sociale e alla crescita culturale ed economica del territorio. Possiamo trasformare la pandemia in uno stimolo per affrontare insieme le solitudini e vincerle a vantaggio del supporto reciproco. Esserci per gli altri, spesso, è il modo più semplice per non essere soli. Questo Natale, fai un passo verso un rifugiato.
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Clara è una volontaria che tiene il bimbo più piccolo di Dorine quando la mamma è al lavoro. Marco aiuta Moussa, l’altro figlio di Dorine, con i compiti di matematica. Da un bisogno di supporto in un mondo complicato è nata un’amicizia, diventata un rapporto profondo, che la pandemia non è riuscita a soffocare.
Clara, Marco, Dorine e i suoi figli sono diventati una nuova famiglia, capace di supportarsi e farsi compagnia nei momenti più difficili ma anche di condividere momenti felici e spensierati della quotidianità.
Modalità
Le donazioni saranno raccolte attraverso due strumenti principali.
Con un bonifico all’IBAN IT67H0306909606100000167255 intestato al Centro Astalli Trento. La causale è: Una Comunità Intera
Con Paypal cliccando al seguente link paypal.me/CentroAstalliTrento
Utilizzo delle risorse raccolte
Le donazioni serviranno in particolare a finanziare:
- Corsi di italiano e azioni di facilitazione linguistica individualizzate
- Percorsi di orientamento al lavoro e alla formazione per l’integrazione
- Supporto legale per la domanda d’asilo politico
- Azioni di comunità per facilitare la relazione tra Trentini e rifugiati
- Interventi straordinari legati alla salute di minori e adulti
Per maggiori informazioni o per ricevere comunicazioni sui risultati della campagna e le prossime azioni, scrivere a sostienici@centroastallitrento.it
La Caritas di Trento partecipa attivamente al progetto UCI attraverso l’attività di Fondazione Comunità Solidale che, insieme a Centro Astalli, Atas, Villaggio del Fanciullo, Casa Padre Angelo, Villa S. Ignazio, portano avanti quest’ambizioso progetto. In particolare Caritas e FCS accolgono attualmente circa 70 persone in canoniche sparse per il territorio diocesano.