“verrà dall’alto come sole che sorge
per rischiarare le tenebre
e dirigere i passi su vie di pace”
Sperare, in questo tempo così complesso, potrebbe sembrare un’impresa inverosimile.
Sperare, per chi è senza speranza, per chi è disperato, per chi vive il limite e la fragilità, potrebbe sembrare un’insensatezza.
Sperare, per chi è stato abbandonato, per chi è lontano dagli affetti, per chi non ha più appigli, potrebbe rimanere solo una parola vuota.
Sperare, per chi non ha lavoro, per chi dorme per strada, per chi non trova né ascolto né accoglienza, potrebbe restare solo una provocazione.
Se la speranza pare un assurdo, che parole trovare per aiutarci a vivere questi giorni?
Verrà dall’alto…
La Scrittura ci invita ad alzare lo sguardo, a scrutare oltre, a superare i confini della terra, a scoprire un orizzonte molto più ampio di quello che sta davanti a noi. Per tentare di squarciare le nuvole e intravvedere un Alto, coperto di mistero, a cui poterci affidare e di cui poterci fidare. È la preghiera che, nonostante tutto, anche nei tempi oscuri, ci accompagna. No, non siamo soli, e l’Alto, con noi, condivide le stesse domande, gli stessi interrogativi, le stesse lacrime. A differenza nostra, però, è un Alto che non abbandona.
Come sole che sorge per rischiarare le tenebre…
Si, siamo avvolti da tenebre. Il buio sembra circondarci, intorpidire i pensieri, oscurare i volti, togliere luce agli sguardi. La speranza del sole facciamo fatica a coglierla. E la tenebra somiglia sempre più a un crinale che separa. E allontana. Ci divide non solo il Covid ma anche il buio, la paura, l’indifferenza. Viviamo divisi. Tra sani e malati, tra potenti e inermi, tra piccoli e grandi; questo sembra un tempo di continue divisioni. Per questo osiamo sperare in un raggio, almeno in un piccolo raggio di luce che dia senso al nostro quotidiano vagare. Un raggio, un segno, piccolo, come traccia di quell’Alto che, solo, può sollevarci.
E dirigere i passi su vie di pace.
Che fare? Dove trovare comprensione? Dove scoprire tracce di comunione?
Forse nei piccoli segni, nel silenzio, nei gesti limitati, nelle parole umili, ma sincere; nella continuità dei rapporti, nelle scelte condivise: le nuove moderne cattedrali, molto più affollate delle nostre chiese. Se le mascherine sul volto ci costringono a soffermarci alla ricerca degli occhi, potremmo sfruttare questo tempo per rischiare l’impossibile, mettendoci alla ricerca di nuove vie di pace. Non percorrendo strade lastricate di certezze, di pienezze, di deliri provocanti, ma attraversando insieme percorsi segnati da sofferenze e da fragilità, da tentativi di riconciliazione e da gesti di compassione, da storie di perdono e di vicinanza. La prossimità, anche a tentoni, resta l’unica via di senso.
Solo così, costretti dai nuovi sguardi imposti dalla pandemia, riusciremo a vivere un Natale, chissà, forse un po’ più natale.
Alessandro Martinelli
A queste parole di speranza alleghiamo il materiale prodotto dalla Caritas diocesana per l’animazione delle liturgie dell’Avvento