Gent. Vita trentina, nel numero scorso avete spiegato bene in sintesi la decisione di Papa Francesco su Lourdes, ma mi spiace che l’invio di un proprio incaricato da parte di Francesco per esaminare la situazione anche finanziaria porti a farci perdere un po’ di fiducia in Lourdes, magari a favore di Medjugorie. Cosa ne pensano gli organizzatori dei viaggi diocesani a Lourdes?
Una lettrice
Certe vicende di questi ultimi anni dovrebbero averci dato prova sufficiente che la parabola evangelica del buon grano che cresce insieme alla zizzania (cfr. Matteo – l’evangelista! – cap.13,24-30) non riguarda tutto in generale e nulla in particolare, ma trova riscontro anche in configurazioni ecclesiali concrete, quali certi ordini religiosi, diocesi, istituzioni e associazioni note per la loro missione tradizionalmente cristiana. A volte si tratta di responsabilità colpevole di singoli individui o gruppi che non resistono alla tentazione di trarre vantaggio, anche in modo disonesto, dall’ambito amministrativo in cui operano. Tuttavia, se conoscessimo un po’ meglio la Bibbia nella sua interezza, il pericolo di rimanerne scandalizzati sarebbe certamente più limitato (San Paolo non ha scritto certo ieri quella lettera a Timoteo in cui parla di “uomini corrotti … che considerano la religione come fonte di guadagno”, e dove afferma che “l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali…” – cfr.1Tim 6,5.10).
Altre volte, anzichè di zizzania, si tratta invece di gestioni amministrative portate avanti con una certa faciloneria o imprudenza, le quali alla fin fine devono pagare prezzi alquanto salati alla mancanza di rigore o di dimestichezza con il farraginoso mondo dell’economia e delle leggi che le riguardano.
L’amministrazione del Santuario di Lourdes probabilmente ha sperimentato qualcosa di questo genere, ma a monte vi sono anche altre ragioni: due devastanti alluvioni del Gave si sono succedute qualche anno fa nell’arco di pochi mesi e proprio nella stagione clou dei pellegrinaggi; molti ambiti e spazi del Santuario hanno subito gravi danni e si sono rivelati inagibili; la grandiosa Basilica sotterranea di san Pio X, ad esempio, ne è stata totalmente sommersa. L’amministrazione del Santuario ha ritenuto di dover cogliere in questa calamità una provocazione: non solo a rendere riutilizzabili gli spazi devastati dalle alluvioni, ma anche a ristrutturarli secondo modalità più sicure e soprattutto più adeguate al crescente affluire di pellegrinaggi e visitatori. Non si dimentichi infatti che Lourdes rimane comunque il Santuario mariano più frequentato al mondo, né che – a differenza di quanto accade in Italia o in altri Paesi – lo Stato francese (noto per la sua laicità) non ha l’abitudine d’intervenire finanziariamente a sostegno di opere religiose (tranne, forse, che per il restauro di Nôtre Dame); pertanto ogni spesa relativa alla rimessa in funzione, manutenzione, o ristrutturazione dei vari ambiti del santuario, a Lourdes è a carico della Chiesa, vale a dire: dei pellegrini che vi si recano, soprattutto se in gruppi organizzati. I responsabili dei pellegrinaggi diocesani di tutto il mondo possono probabilmente rimproverare all’amministrazione del Santuario “di aver fatto il passo più lungo della gamba”, ma conoscendo gli antefatti (sopra accennati) e la tipica situazione locale, sono ben lontani dal sollevarle l’accusa di disonestà o dal rifiutarle comunque solidarietà e comprensione.
Che se poi a qualche organizzazione di pellegrinaggi venisse voglia di disertare Lourdes per puntare su altri santuari “meno costosi” (magari ancor privi di “patente ecclesiale di credibilità”), sia chiaro che ha tutto il diritto di farlo, ma non può evitare il sospetto che non sia anzitutto la Fede ad animare quei pellegrinaggi, ma il “devozionismo” (e, da parte di chi li organizza, qualche altro interesse che non di rado ha più a che vedere con l’accusa mossa da San Paolo, e sopra accennata, che non con la Madonna o con i Santi). La grande stampa ha parlato di “commissariamento”: il termine fa più rumore, c’era da aspettarselo.
Ma anche se è tra le preoccupazioni di Papa Francesco che “il primato nei Santuari sia garantito alla spiritualità, invece che all’aspetto gestionale o finanziario”, non è per questa alternativa la sua prioritaria attenzione. Non lo è stata nel caso di Lourdes (dove ha nominato suo Delegato il Vescovo mons. Antoine Hérouard), né per quanto riguarda Medjugorie (dove pure ha inviato quale suo visitatore il Vescovo polacco mons. Henryk Hoser). Con quale incarico? Per quale ragione? Solo per impedire scandali e pericolose derive, o non piuttosto per promuovere ambiti nei quali risuoni in modalità più adeguate e nuove l’annuncio del Vangelo? Papa Francesco, con un Motu proprio datato l’11 febbraio 2017, aveva già deciso di trasferire al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione le competenze sui Santuari che in precedenza erano attribuite alla Congregazione per il Clero. Quale significato ha e quali conseguenze assume questo atto?
Che quanto deciso per Lourdes è tutt’altro che commissariamento, non solo, ma che quanto dovrà caratterizzare i santuari è ben più che una solita offerta di spiritualità. Le loro espressioni tipiche e tradizionali di religiosità, in quest’epoca di post-cristianesimo che accomuna quantomeno i nostri Paesi occidentali, non bastano più: sono insufficienti. Se sempre più spesso attraggono individui o famiglie che con il cammino delle parrocchie hanno poca o nessuna dimestichezza, ciò responsabilizza ancor più i santuari a qualificare al meglio il loro servizio, che è proposta di Vangelo in quelle modalità variegate di linguaggio alle quali l’uomo contemporaneo è ancora recettivo, e attraverso quelle iniziative che incontrano ancora la sua sensibilità. D’altronde (lo scrivevo due numeri fa a proposito di “apparizioni”): non è l’attualizzazione dell’unico Vangelo il primo criterio con cui la Chiesa valuta l’autenticità delle origini storiche dei santuari, vale a dire, la credibilità di quanto può esservi accaduto agli inizi?
Certo, pur con i limiti che questo tipo di annuncio comporta: per molte persone infatti non può che essere estemporaneo, occasionale, forse anche raro o unico. Ma ciò è in perfetta sintonia con la sensibilità culturale contemporanea e, soprattutto, con la coscienza di limitatezza e povertà che deve animare la Chiesa: quali che siano le configurazioni che assume, essa è solo strumento d’una azione, testimonianza e voce di una Parola che non è affatto sua. L’unico protagonismo – umile e discreto, tra il resto – è quello dello Spirito di Dio.
don Piero Rattin