Con il termine buddismo ci si riferisce agli insegnamenti del Buddha, l’Illuminato, vissuto in India nel VI secolo a.C. una cui statua, avvolta dalla sciarpa votiva, khata, lo rappresenta come Śākyamuni, asceta, in grado di trasmettere la necessaria saggezza per liberarsi per sempre dalla sofferenza provocata dall’Io egoistico.
L’abito monastico, trichiwara, indica le tre vesti indossate soprattutto per le cerimonie rituali.
Se il giallo, colore simile alla luce diurna, come il color zafferano delle vesti dei monaci, è simbolo della separazione dalla società, e quindi di rinuncia, di semplicità e di umiltà, l’arancione diventa simbolo di equilibrio e di compostezza. Un rosario, juzu, tradizionalmente di 108 grani, è utilizzato per i mantra, espressioni o formule tradizionali sacre.
Una tangka è uno stendardo, dipinto o ricamato, tipico tibetano, stimolante per la meditazione e la riflessione spirituale. Ai lati sono appesi i simboli augurali del Buon Auspicio:
il Parasole (la dignità regale protegge dal dolore) i Pesci d’oro (per superare ogni sorta di ostacolo) il Vaso della ricchezza (simbolo della realizzazione spirituale) il Fiore di loto (realizza la purezza spirituale) la Conchiglia (evidenzia la gloria dell'insegnamento) il Nodo infinito (come infinite sono la conoscenza e la saggezza) il Vessillo (per imparare a vincere sull'ignoranza e sulla paura) la Ruota del Dharma (metafora dell’insegnamento globale)