Capitolo 7

RAFFORZARE L’EDUCAZIONE DEI FIGLI

Educare a libertà responsabili

 

Film

(Genndy Tartakovsky, USA 2012, 92’)

Anche se siamo in mezzo ai vampiri è un inno alla famiglia, alla tolleranza e all’accettazione reciproca tra diversi.

(Chris Sanders, USA 2013, 90’)

Vivere nella paura non sempre aiuta a sopravvivere.

(Alfonso Gomez-Rejon, USA 2015, drammatico, 104’)

Adolescenti, genitori e professori sono i protagonisti di un film che sa di cose vere e che saprà emozionare e stupire.

(Michel Gondry, Francia 2015, commedia, 103’)

Microbo e Gasolina sono due adolescenti che bramano la loro libertà; ribelli verso tutto e tutti, vogliono fuggire da un mondo adulto, poco incline a guadagnarsi un pezzo di cielo.

(Alessandro Valori, Italia 2015, drammatico, 110’)

Certe volte le cose possono cambiare quando meno te lo aspetti, e ti chiedono il conto, ti impongono una revisione dei ruoli e delle situazioni.

(Roan Johnson, Italia 2016, commedia, 98’)

In Piuma, il lungometraggio di Roan Johnson, colpisce soprattutto la spensierata leggerezza con cui i due adolescenti protagonisti, Ferro in modo particolare, affrontano la vita e le difficoltà che un evento del tutto inatteso, come l’arrivo di un figlio, pone loro di fronte, contrapposta alla reazione di sorpresa e sgomento di quella delle loro famiglie. Eppure, con il trascorrere dei mesi, tutti sembrano crescere più forti.

 

Letture

Libro intenso e profondo che non intende insegnare ai padri, spesso deboli nella loro identità genitoriale, a svolgere il loro ruolo, ma che si limita semplicemente a mostrare delle “icone” di padri riconducibili a diverse fonti: in alcuni casi si tratta di storie narrate nella Bibbia, in altri di immagini che emergono dalla storia dell’arte o della letteratura, in altri ancora di vicende registrate dall’esperienza umana quotidiana.

 

Arte                  

“Utilizzo come soggetti opere in bianco e nero di Delacroix o Millet, o altre realizzate sulle loro composizioni. E su queste improvviso il colore … questa diventa la mia interpretazione”. Così scriveva Van Gogh al fratello Theo (L. 607) a proposito di alcune sue creazioni ispirate a quelle di altri artisti da lui ammirati. Anche nella tela intitolata Primi passi, il grande maestro olandese partì da un precedente bozzetto di Millet, per raffigurare uno dei passaggi decisivi dell’esistenza umana, sia del figlio come pure dei genitori: è quell’attimo in cui si accetta il rischio di imparare a stare in piedi con le proprie gambe, il rischio dell’autonomia, il rischio del lasciar partire implicato in ogni generare. Van Gogh riprese da Millet, che stimava tantissimo, l’idea di raffigurare la natura e le scene di vita quotidiana per cogliere l’essenza delle cose e il principio divino. Per questo egli rinnova anche la presente opera attraverso il colore unendo in un tutt’uno le figure con la natura.

È noto che il dipinto venne realizzato durante un ricovero in ospedale psichiatrico, a San Remy, in Provenza, in un periodo in cui la malattia depressiva glielo consentì. Anzi, merita ricordare che in questi momenti di lucida pace la pittura diventò per lui un’attività che lo tenne strettamente legato alla vita. Proprio in quei giorni il fratello Theo, cui il pittore era molto legato, gli comunicò l’attesa di un figlio e Van Gogh, manifestando la gioia di questo annuncio in una sua lettera, associò immediatamente il disegno di Millet Primi passi di bambino con l’evento imminente. Perciò l’opera si carica di più livelli di significato: felicità per l’attesa del nipote e rimpianto per una vita familiare che l’artista aveva sempre desiderato, ma che non riuscì mai ad ottenere. Il dipinto rappresenta una scena domestica, ambientata in un paesaggio rurale. Ci troviamo in un orto delimitato da uno steccato sul quale sono stesi alcuni panni bianchi, mossi da un soffio di vento. Tutto intorno la natura curata, addomesticata, crea un insieme armonioso, rassicurante e che dona un senso di fiducia. Sul terreno stanno una vanga, poggiata a terra, e una carriola, attrezzi per coltivare la campagna. L’orto è abitato da un uomo, una donna e un bambino (di cui non sapremmo dire se tratta di un maschietto o di una femminuccia). L’uomo, vestito da contadino, è inginocchiato e ha le braccia protese in avanti per accogliere il bambino che sta muovendo i primi passi verso di lui. La donna chinata sorregge il suo piccolo, raffigurato con le braccia tese in avanti verso il padre. I colori dominanti sono il verde, mischiato ad alcune tonalità di giallo, ed il blu, che mette in evidenza i protagonisti, e fa da contrappunto all’azzurro del cielo.

Le pennellate nitide e dense, caratteristiche di Van Gogh, definiscono le forme e il movimento: piccoli semicerchi raffigurano le foglie, mentre dei tratti diritti rappresentano il muro della casa. Questa tecnica pittorica, che al suo tempo risultava assolutamente innovativa, rende ogni opera di Van Gogh capace di una forza espressiva unica, intensa e dinamica. Sappiamo, inoltre, quanto il suo amore per l’arte avesse una connotazione religiosa; per lui si trattava dell’espressione di una fede, di quella fede che negli anni giovanili non era riuscito a vivere pienamente, quando ancora ambiva ad assumere il ministero di pastore protestante. È uno stile che rivela un animo ipersensibile, in cui convivono un artista e un apostolo.

Anche da questo dipinto traspare, infatti, un’ispirazione divina: Van Gogh, ci fa entrare dentro un avvenimento che punta a qualcosa di culminante, verso un vertice di umanità. Pochi artisti sono stati capaci, come lui, di manifestare in maniera così alta una spiritualità viva, che si respira nei suoi cieli trapuntati di stelle come pure nei biondi campi di grano, nei cipressi e negli olivi come pure nell’interno di una stanza da letto, in un paio di vecchie scarpe come pure nel seminatore, nei suoi autoritratti come pure nei celeberrimi girasoli! Non ritroviamo nel suo catalogo soggetti mitici o di storia: Van Gogh è attratto dalla vita concreta, e per questo si rivolge con modestia a ciò che lo circonda, creando una pittura etica, che nobilita e santifica le persone e le cose. Come nel caso dei Primi passi, metafora stupenda del rapporto tra figli e genitori, che incanta per la sua tensione psichica e spirituale.

Van Gogh ci fa guardare con attenzione questo padre che lascia a terra gli attrezzi da lavoro, e si abbassa all’altezza del figlio per incoraggiarlo e per favorirne l’arrivo: l’uomo comprende che il suo bambino ha una fame che non si nutre solo con il pane materiale, perché è una fame del cuore, e sa che la sua cura di genitore si manifesta anche attraverso l’interruzione del proprio lavoro. Le braccia aperte del padre donano al figlio quella fiducia che nasce dalla certezza che, alla fine del tentativo dei suoi primi passi autonomi, ci saranno la sicurezza e un abbraccio affettuoso: sappiamo bene che questo iniziale ‘andare verso’ diventerà, poi, crescendo, un ‘andare oltre’. Il centro del quadro è dunque questo spazio vuoto, da colmare con i primi passi e che accompagna molte volte anche certi cambiamenti della vita adulta. La mamma è rappresentata in un gesto amorevole di sostegno del bambino ma, nello stesso tempo, sembra che lo inviti con dolcezza a staccarsi da lei per dirigersi verso il padre: i due genitori, dunque, sono solidali tra loro (cosa desiderabile ma non sempre facile e lineare nel rapporto di coppia) e interpretano una reciprocità di ruoli. La scena non si svolge su una moquette, né in un giardino o in un prato inglese: siamo in un orto, su un terreno certamente un po’ accidentato, ma anche lavorato, fertile, luogo in cui i frutti si coltivano attraverso un’attenta cura, lasciando loro il tempo necessario per la naturale maturazione.

Il pittore, rappresentando e trasfigurando questo momento intimo ed armonioso di una scena familiare, ci può aiutare a recuperare la nostra storia personale anche nei suoi aspetti apparentemente più modesti e feriali, ma che invece rivelano significative dimensioni spirituali e profetiche. Si tratta di una autentica iniziazione: è un dinamismo in andata dalla madre al padre, che suppone poi un movimento di ritorno, fino all’apprendimento della capacità di camminare da soli. Il piccolo viaggio del bambino da un abbraccio all’altro implica un separarsi, che qui è poetico, ma che un giorno potrà forse diventare drammatico, se questa separazione sarà subìta dai genitori, a causa della decisione di allontanarsi del figlio. L’importante sarà allora che questo abbraccio paterno/materno possa sempre rimanere disponibile, come quello del Padre misericordioso della parabola evangelica; ma sarà altrettanto importante che questo abbraccio paterno/materno resti comunque vivo nella memoria del figlio. L’immagine evoca i tratti dello stile formativo di un educatore capace di chinarsi e di aprire le braccia … capace poi di rialzarsi e far crescere, lasciar partire.

Di fronte al capolavoro di Van Gogh, possiamo essere accompagnati nella contemplazione da una bella poesia di Emma Bombeck, intitolata “Aquiloni”:

I figli sono come aquiloni,

passi la vita a cercare di farli alzare da terra.

Corri e corri con loro

fino a restare tutti e due senza fiato.

Come gli aquiloni finiscono a terra,

e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.

Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri,

presto impareranno a volare.

Infine sono in aria: gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne

e a ogni metro di corda che sfugge dalla tua mano

il cuore ti si riempie di gioia e di tristezza insieme.

Giorno dopo giorno l’aquilone si allontana sempre di più

e tu senti che non passerà molto tempo

prima che quella bella creatura spezzi il filo

che vi unisce e si innalzi,

come è giusto che si sia, libera e sola

Allora soltanto saprai di avere assolto il tuo compito.

Silvia D’Ambrosio  e don Antonio Scattolini

(Servizio per la Pastorale dell’arte “Karis” della diocesi di Verona)

 

Musica

Che succeda a vent’anni, trenta o anche cinquant’anni, non ci si sente mai pronti ad essere padri. Si avverte che la nostra vita cambia, che è necessario essere più responsabili, che bisogna cominciare a dare un valore alle cose che prima ci sembravano superflue. E non si ha mai abbastanza tempo per farlo.

“Ti insegnerò che dare è meglio che avere, perché se non ti aspetti niente ciò che ti arriva lo saprai godere”.