Domenica 1 marzo 2015 l’arcivescovo Bressan in cattedrale a Trento ha concluso ufficialmente i lavori dell’assemblea sinodale diocesana, svoltasi presso il Centro Mariapoli di Cadine il 21 e 22 novembre 2014, consegnanto ai cento membri (laici e religiosi) il documento ufficiale contenente i principi generali che regolano le Unità pastorali e gli orientamenti operativi per il futuro. Il vescovo ha precisato che questo tipo di organizzazione «non sarà imposto dall’alto, ma lasceremo che maturi dalla base». Tutte le 452 parrocchie del Trentino, in ogni caso, saranno coinvolte entro i prossimi dieci anni.
La scelta delle Unità pastorali, presa anche per rispondere alla sempre minor presenza di sacerdoti e per affrontare il tema della crescita del laicato, è stata – si legge nel documento – una «scelta felice»: «Ha avuto l’effetto di far crescere la consapevolezza che condividere non è una perdita, ma un dono», scrive ancora Bressan. Così come fino all’Ottocento le pievi erano rette dal prete pievano, che in collaborazione con qualche altro sacerdote governava dal centro le altre chiese, allo stesso modo per ogni Unità pastorale ci sarà un unico sacerdote a fare da coordinatore, coadiuvato da prelati più anziani e soprattutto laici. Tratto caratteristico delle nuove strutture, infatti, sarà la comunione missionaria tra più comunità, costituite normalmente da parrocchie, che condividono condizioni di vita simili e sono limitrofe, per un reciproco sostegno pastorale: annuncio, carità, celebrazione, partendo dalla Parola di Dio e dal dono dei Sacramenti».
«Questa esperienza è un cantiere in corso – conclude l’Arcivescovo Bressan – quelle stilate sono solo delle linee guida. Se finora l’istituzione di UP pastorali ha riguardato soprattutto le valli, per il futuro si dovrà ragionare sulle vie da sperimentare per le parrocchie delle città».
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