Non pensate che la preparazione del clero sia inadeguata e superata per vivere la vita? La dottrina che comanda, i canoni di sapore medievale, la struttura che forma funzionari invece di pastori, troppo legati al potere e alla carriera. Sento spesso un linguaggio statico e superato nella liturgia, a cui si attribuisce troppa importanza. Insomma troppa sacralità nella struttura, lontana mi pare da quella indicata da Papa Francesco. Che ne pensate?
Domanda posta all’assemblea pastorale di Dro.
La domanda pone più quesiti che dicono di un vissuto personale ed ecclesiale debole che sentiamo tutti. In questo passaggio storico siamo alla ricerca di una modalità nuova di vivere la comunità cristiana partendo dal nostro essere in relazione con Gesù Cristo. Dobbiamo ripartire da Lui incontrato nei Vangeli e nel Volto dell’uomo concreto e qui nasce e si rinnova il nostro essere Chiesa.
In questo cammino di Chiesa abbiamo alcuni punti fermi: la Parola Dio, i sacramenti, il magistero (Papa e vescovi per i quali “non dobbiamo dimenticarci” di pregare) all’interno dell’essere popolo di Dio che discerne con la luce dello Spirito Santo le concrete scelte e atteggiamenti di vita. Che stiamo vivendo inadeguatezze anche nel ministero sacerdotale è ineludibile e così nel laicato: la via dell’ascolto reciproco e franco rispetto a tante tematiche dobbiamo imparare a farlo per trovare anche nuovi linguaggi per l’annuncio del Vangelo e per integrare e rendere più comprensibile e partecipata la Santa Liturgia e i sacramenti in cui incontriamo e godiamo del Signore Gesù. Siamo in cammino, dobbiamo trovare la strada in umiltà, senza farci ingannare dalle scorciatoie, che sono diverse e rischiose. Avanti, allora, aperti al dialogo.
Riguardo alla domanda iniziale sulla preparazione dei sacerdoti, se essa sia “inadeguata e superata” “per vivere la vita”, va detto che il nuovo ordinamento per i seminari cattolici, uscito l’anno scorso, riconosce un ripensamento del cammino formativo.
Certamente la preparazione non si esaurisce con il seminario, nel quale non mancano gli anni di formazione (sei per la precisione), né il ventaglio dei corsi accademici (filosofico, psicologico, storico, teologico, biblico-esegetico, pastorale, canonico, e altri), nè l’esperienza della vita comune con la preghiera comunitaria e personale che porta con se.
E’ lo Spirito Santo, se invocato e ascoltato nel discernimento personale e comunitario, che genera e matura i preti e le famiglie, genera all’esperienza di fede nel Risorto. La scelta di servire Cristo nei fratelli è possibile anche nella complessità socio-ecclesiale odierna, se si è motivatamente centrati in Cristo Gesù, se lo si è incontrato nella bellezza del suo Vangelo e nel volto del fratello. E’ qui la sfida di essere credenti, testimoni dell’Uomo Nuovo.
don Ferruccio Furlan, Vicario Episcopale per il Clero