Iniziati nel maggio scorso, proseguono ora sul versante di piazza Fiera gli attesi lavori di restauro delle facciate di palazzo Ceschi, l’edificio che a Trento ospita dal 1922 l’episcopio e gli uffici dell’Arcidiocesi, noto fra i trentini come il “palazzo di Curia”. L’intervento – come anticipato a inizio cantiere sul settimanale Vita Trentina – riguarda tutte le facciate dell’edificio, ricostruito in stile neorinascimentale tra il 1872 e il 1873 dai fratelli Ceschi di Santa Croce su progetto dell’architetto Ignazio Liberi che reimpiegò il portale dell’edificio preesistente. Da quest’ingresso si risale idealmente in retrospettiva storica fino alla fine del Cinquecento con il palazzo della famiglia Peregrini, ceduto nel 1633 al principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo e, appena 7 anni dopo, alla famiglia Particella: dai fratelli Lodovico e Vincenzo passò poi ai nipoti Giuseppe e Ginevra; fu lasciato in donazione all’Istituto dei sordomuti che lo vendette nel 1871 ai fratelli Luigi e Giovanni Battista, i baroni Ceschi.
A rendere urgente il restauro, progettato dall’architetto Ivo Fadanelli nel 2011 e condotto d’intesa con l’architetto Fabio Campolongo per la Soprintendenza Beni Culturali, sono state le conferme sull’avanzato stato di degrado delle facciate con il rischio di distacchi – degli intonaci, dei materiali lapidei e anche di alcuni elementi prefabbricati in cemento che coronano le facciate – in una zona molto frequentata. Ammalorata e pericolosa si presentava in particolare la situazione degli intonaci, soprattutto nella facciata principale più esposta alle intemperie, con evidenti fessurazioni ed estese porzioni in fase di distacco.
A rischio caduta anche gli elementi lapidei, di tre diversi tipi: dolomia, bianco di pila e soprattutto quel verdello di Trento, una pietra che per la sua composizione si presenta molto friabile, soggetta ad una continua esfogliazione. Una situazione oggettiva di rischio per i passanti che ha reso improrogabile l’intervento.
“Possiamo dire che i fenomeni di degrado, ora confermati dalle ricognizioni effettuate sui ponteggi, siano da ascrivere in gran parte alla cattiva qualità della pietra utilizzata nella costruzione del palazzo da parte delle maestranze dell’epoca, ed al normale ammaloramento delle superfici ad intonaco che in più punti si presentano fessurate e distaccate dal supporto murario”, spiega l’architetto Roberto Paoli, direttore dei lavori.
Sulle superfici intonacate, come prescritto dall’autorizzazione della Soprintendenza e come concordato in situ con l’architetto Fabio Campolongo funzionario Soprintendenza per i Beni Culturali della Provincia Autonoma di Trento, sono stati eseguiti saggi stratigrafici per individuare le crome originarie dell’edificio.
“I sondaggi effettuati, e parti di edificio risparmiati da precedenti interventi di manutenzione, hanno permesso – nota Paoli – di individuarne le finiture originarie che prevedevano un assetto cromatico più coerente dell’attuale e in sintonia con le coeve costruzioni delle scuole Crispi e del Tribunale con le quali palazzo Ceschi si confronta nel contesto urbano. In particolare, le parti ad intonaco presentavano una colorazione più scura che metteva maggiormente in risalto la partizione architettonica definita degli elementi lapidei”.
“Considerato – conclude Paoli – che buona parte delle superfici ad intonaco, sia dei bugnati che delle parti piane dovevano essere oggetto di interventi di consolidamento e di rifacimento, per ovviare a possibili cadute, si è deciso in accordo con la Soprintendenza di procedere alla loro tinteggiatura riprendendo le crome originarie evidenziate dalle stratigrafie”.
L’intervento di restauro delle facciate di Palazzo Ceschi, dal costo complessivo di 170 mila euro, finanziati in parte con i proventi dell’otto per mille, è stato affidato alla ditta Consorzio Ars di Trento. Dopo il lato est e, in parte, nord, i lavori interessano ora il lato ovest, su piazza Fiera.