2 novembre, Messa in ricordo dei caduti. Monsignor Tisi: “Nel mondo non c’è più diplomazia. Serve verità in noi, per essere uomini e donne di pace”

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Nel giorno della Commemorazione di tutti i defunti, sabato 2 novembre, l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi ha presieduto come di consueto la S. Messa al sacrario militare del cimitero cittadino in memoria dei caduti di tutte le guerre, all’indomani della partecipata Messa di Ognissanti sempre al camposanto cittadino (QUI articolo).

Davanti ai rappresentanti delle istituzioni civili e militari e della associazioni combattentistiche e d’arma è risuonato il Vangelo di Giovanni con le parole di Gesù: “Che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”.

Dio un ricamatore, nel mondo non c’è più diplomazia

“Dio – ha commentato don Lauro nell’omelia – è un ricamatore, un ricucitore. Uno che si muove con attenzione. Perché nulla vada perduto”. L’opposto, secondo l’Arcivescovo, di quanto sta accadendo a livello internazionale “dove si agisce – denuncia don Lauro – con la logica del taglio, dell’eliminazione, dello scarto. Dove il ragionamento – incalza monsignor Tisi – non è mai un ragionamento che va a cercare il volto, la storia, il pensiero dell’altro. Ma è un ragionamento uniforme che ha solo il proprio ego come punto di riferimento”. “Stiamo assistendo – dice con tono rammaricato l’Arcivescovo di Trento – a uno scenario mondiale dove non c’è più la diplomazia. Non c’è più la legge del dialogo. Le nazioni si muovono per fronti contrapposti. Dominate da un unico intento: schiacciare l’altro. Siamo andati in crisi tutti gli organismi internazionali dall’ONU in giù”.

La realtà è complessa, come la vita

Una denuncia forte da parte di monsignor Tisi che invita poi a non ritenersi titolari di un pensiero dominante sugli altri ma ad imparare a diffidare di sé perché “non esistono idee chiare, distinte. La realtà è sempre complessa, come la vita di ognuno di noi“.  Un’operazione verità a partire da noi stessi che diviene “il primo contributo che possiamo dare – aggiunge don Lauro – per incominciare a diventare uomini e donne di pace” in un contesto in cui “è rimasto solo papa Francesco a sognare la fraternità universale, è rimasto solo lui a sognare un mondo come lo sogna Dio”.

La morte conferma che l’uomo è tenuto in piedi dall’amore

La morte, con tutta la sua “drammaticità” e con tutta la sua “forza devastante” – come attesta il sacrario stesso, memoria di tutti i caduti in guerra –  può diventare, come la chiama San Francesco, sorella, perché la morte, incredibilmente, mentre da un lato ha questo dimensione di devastazione, dall’altra ci ricorda che un fratello che muore non è rimpiazzabile“.

L’Arcivescovo si sofferma poi, così come ha fatto papa Francesco in questi giorni, su chi sopravvive alla morte del figlio per ribadire che “non ci sono parole per descrivere il dolore per la morte di un figlio. Ebbene, in questi dolori lancinanti abbiamo però il documento che l’uomo è tenuto in piedi dall’amore, dall’incontro e non da altro”. 

“Mentre vedo questa umanità sempre più imbarbarita – conclude monsignor Tisi -, mi commuove sempre di più Gesù Cristo. Quel meraviglioso Gesù Cristo che più vado avanti e più sento che non è inganno ma è vita, è pace. È il più grande motivo di speranza”.