“Per tornare da Emmaus” era il titolo dell’incontro, giovedì 15 febbraio in Seminario a Trento, rivolto al clero trentino per la Quaresima appena iniziata. A proporre la sua relazione, a sacerdoti e diaconi presenti, partendo dal brano evangelico che narra l’apparizione di Gesù ai discepoli dopo la risurrezione, è stata suor Grazia Papola, della Congregazione delle Suore Orsoline di san Carlo e direttrice dell’Istituto superiore di Scienze Religiose san Pietro Martire di Verona
Secondo la religiosa, la fede pasquale ha la forma di un cammino, come quello dei discepoli. Ma dopo che Gesù è stato riconosciuto, il viaggio prosegue. “Non è stato sufficiente stare con il Signore -ha ricordato Papola-, in quanto c’è il ritorno a Gerusalemme. Come a dire che essere stati con il Signore implica stare con i fratelli. Il riconoscimento del Signore è inseparabile dal riconoscimento dei fratelli”.
Un cammino fatto di tappe
Rileggendo il brano del Vangelo di Luca, suor Papola ha individuato l’essenza stessa della fede che Gesù, con il suo modo di porsi e apparire ai discepoli, incarna. Una presenza fatta di vicinanza, anche a chi si sta allontanando (come i discepoli che da Gerusalemme, dopo la crocifissione di Gesù, si stanno recando a Emmaus); una presenza gratuita, ma non invadente. Un fede in cui il vero volto di Dio si rivela nella morte di Gesù in croce. E Gesù, dopo aver percorso un tratto di strada assieme ai discepoli, “porta allo scoperto lo stile di Dio -ha detto suor Papola- che si espone al rischio di essere rifiutato”. Gesù che si rende visibile, si palesa e si fa riconoscere nello spezzare il pane, per farsi esso stesso accogliere. E la successiva assenza di Gesù, dopo che sparisce dalla vista dei discepoli, non fa più paura.