“Iniziative di preghiera speciali a Nazaret e a Betlemme” in occasione dell’anno di san Giuseppe, indetto da Papa Francesco, per commemorare i 150 anni della sua proclamazione a patrono della Chiesa universale. Ad annunciarle è il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, che stamattina a Nazaret ha presieduto la messa per la solennità di San Giuseppe. Invitando a leggere la lettera del Pontefice, “Patris corde”, il custode ha ricordato che “non esiste solo la paternità naturale ma anche una paternità che deriva dal sapersi fidare di Dio, dal saper obbedire alla sua chiamata, dal cercare sempre la volontà di Dio anziché l’affermazione di noi stessi”. Guardando a come Giuseppe ha vissuto la propria vocazione, ha spiegato padre Patton, “possiamo quindi comprendere qualcosa della paternità di Dio e al tempo stesso qualcosa della paternità alla quale anche noi siamo chiamati” sia essa “naturale” dentro una famiglia e “spirituale” dentro la comunità cristiana. “Per essere padri – ha spiegato il custode – non basta l’atto fisico del generare, ma ci vuole qualcosa di ben più profondo e impegnativo. Bisogna saper suscitare, promuovere, custodire e accompagnare la vita e la crescita delle persone che Dio ci dona e ci affida, fino a quando a loro volta le persone che ci sono state affidate saranno in grado di aprirsi alla volontà di Dio, alla Sua chiamata”. In questo san Giuseppe è “esemplare, sa esprimere l’umiltà del servizio alla vita e l’amore gratuito per la vita. Giuseppe accoglie la vita nascente del Figlio di Dio non con l’orgoglio di chi vuol vedere continuare la propria stirpe o di chi desidera progettare un futuro di successo per i propri figli, ma con la disponibilità di chi apre al Figlio di Dio le porte della propria casa. Giuseppe accompagna Gesù nella sua crescita. Lo custodisce quando la sua vita è in pericolo. Se ne prende cura nella condizione di profugo e rifugiato in Egitto. Lo educa all’obbedienza e al lavoro, alla preghiera, alla lettura della Parola di Dio e al pellegrinaggio, all’attenzione per i poveri e gli ammalati”. “Giuseppe – ha aggiunto padre Patton – sa educare perché conosce il registro della fermezza ma anche quello della tenerezza e sa educare in modo particolare all’obbedienza perché la pratica con fiducia. In questo Giuseppe è modello di paternità educativa proprio perché è un uomo giusto, cioè sempre alla ricerca della volontà di Dio, anche quando non comprende pienamente attraverso quali vie questa volontà passa. Giuseppe ci insegna a non farci travolgere dai problemi concreti, piccoli o grandi che siano, ma ad affrontarli con fede e con coraggio”, un modello di vita attuale perché “con il suo impegnarsi nel nascondimento silenzioso anziché cercando le luci della ribalta ci aiuta a vincere la cultura narcisista in cui siamo immersi e anche ogni forma di ambizione. Giuseppe – è la conclusione di padre Patton – ci insegna che non è importante avere milioni di followers e di like su Facebook. Ciò che è importante è che noi impariamo ad essere follower, cioè seguaci, della volontà di Dio. E l’unico like importante nella nostra vita è quello di piacere a Dio e di trovare in Dio il nostro piacere”.
Fonte: SIR