I testi biblici di questo ultimo venerdì di quaresima, che ci tiene in casa mettendo a dura prova le capacità di resistenza, ci presentano le figure del profeta Geremia e di Gesù. Geremia, sacerdote d’Israele innamorato di Gerusalemme e della sua gente stremata dal lungo assedio, che finirà con la distruzione del tempio, rimanda a Gesù, che piange sulla rovina della città e del tempio.
Le “geremiadi” del profeta lo fanno passare per menagramo da liquidare, mentre voleva solo invitare ad abbandonare il male per vivere con sentimenti di giustizia e di amore fraterno. La tristezza in Gesù nasce dal constatare che l’uomo sa farsi del male da solo, senza un intervento punitivo di Dio. Basta leggere le vicende della storia: dal fratricidio di Caino ai nostri giorni è la cattiveria che esce dal cuore dell’uomo a rendere il mondo una «aiuola che ci fa tanto feroci», come scrisse Dante. Geremia e Gesù denunciano la stoltezza di una religiosità ritualistica e una politica miope che condannano a vivere sull’altalena tra grandezza e miseria, perché nel cuore dell’uomo prevale spesso l’egoismo, che di sua natura è incurante del bene comune.
La pandemia che percorre il mondo, senza rispettare confini, colpendo indifferentemente ricchi e poveri, riuscirà a far prevalere lo spirito di fraternità, che fa di tutti gli uomini una sola famiglia, come ci ricorda papa Francesco con accenti accorati? Quanti hanno in mano le leve del potere politico, economico, scientifico, capiranno che è assurdo spendere il 20% delle ricchezze del mondo per preparare o per fare guerre, anziché utilizzarle per assicurare a tutte le persone del pianeta pane, istruzione e salute? Ognuno di noi, dal momento che siamo tutti sulla stessa barca, saprà adottare comportamenti adeguati per preservare dalla distruzione il nostro fragile pianeta e farne la degna dimora dell’uomo?