(Domenica 22 marzo) ”Restare a casa è un atto d’amore, non l’obbedienza a un decreto. Facciamolo per evitare il contagio e soccorrere i nostri fratelli in trincea per il bene di tutti!”. È l’appello accorato con cui l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi ha concluso questa mattina, nella quarta domenica di Quaresima, la Messa nella cattedrale a porte chiuse (in diretta TV e streaming su questo portale e VT). La celebrazione si era aperta con il ricordo di tutte le vittime dell’epidemia – in particolare i due frati cappuccini Gianpietro Vignandel e Bernardo Maines, deceduti ieri – e con il riconoscimento che i “volti rigati dal dolore custodiscono uno scrigno prezioso di umanità e di bontà che vanno a contrastare la morte e la disperazione”.
Nell’omelia l’Arcivescovo ammette: “L’ora che stiamo attraversando è segnata dal completo annebbiamento della vista; sotto il peso degli avvenimenti di questi giorni, ansiosamente mendichiamo il senso del dramma che ci avvolge”. Il riferimento è al mendicante protagonista del Vangelo di oggi, cieco dalla nascita, guarito da Gesù. “Vi invito – sottolinea don Lauro – a soffermarvi, ancora una volta, sul Viandante di Nazareth: pur non richiesto, egli impasta del fango con polvere e saliva, lo stende sugli occhi del cieco e gli restituisce la possibilità di vedere. Fango e saliva ci raccontano Dio che si ‘sporca le mani’ con l’uomo e un uomo che, a sua volta, ha la possibilità di ‘toccare’ Dio”.
Monsignor Tisi contrappone il “Dio dei farisei” che definisce “imbarazzante” perché “schiavo di osservanze e dettagli” al “Figlio dell’uomo, bellissimo nome con cui Gesù si presenta” e che “conosce le lacrime, la paura e l’angoscia, frequenta le stanze del dolore e della sofferenza, si ferma per sollevare e guarire”. “In questa nostra dolorosa notte, abbiamo bisogno di questo Dio – riconosce l’Arcivescovo – pronto ad accogliere affanno e lacrime. Un Dio dalla nostra parte, Lui, uomo dei dolori che ben conosce il patire”.
Don Lauro non dimentica che nel dramma di questi giorni “stanno avvenendo autentici miracoli di vicinanza, di solidarietà, di prossimità e accoglienza che ci permettono di guardare con speranza al domani”. E conclude: “Non impediamo a questi segni di speranza di sorprenderci”.
QUI TESTO INTEGRALE OMELIA
FOTO GIANNI ZOTTA