(13 marzo) “È come se fosse un Venerdì Santo di Passione, perché in questo momento l’intera nostra comunità sta vivendo un momento di paura, angoscia e preoccupazione. Mai avremmo immaginato che, per voler bene agli altri, avremmo dovuto tenerci a distanza. Stare vicini è diventato pericoloso a causa di un nemico invisibile. Vogliamo lasciare che la Parola ci illumini e divenga la lampada che ci aiuta ad avanzare in quest’ora di buio. Preghiamo intensamente per gli ammalati e tutti gli operatori sanitari, le donne e gli uomini della protezione civile e per chiunque ha responsabilità, perché il Signore sostenga il loro sforzo a nostro favore, per il bene di tutti”.
Le parole dell’arcivescovo Lauro risuonano, nel rimbombo della cattedrale vuota (ma in diretta streaming), all’inizio della meditazione sulla Passione di Gesù, nel pomeriggio di questo secondo venerdì di Quaresima. Una Passione in sei “stazioni”, secondo il racconto evangelico di Matteo, alternato alla preghiera e alle riflessioni di don Lauro, strettamente legate ai giorni dell’emergenza Coronavirus.
Prima della benedizione finale, l’Arcivescovo ha rivolto ancora un pensiero accorato a tutti gli ammalati (“Ogni mattina offro l’Eucarestia per voi”), invitando la comunità diocesana a “pregare intensamente per chi in queste ore sta lottando con la malattia”. Si è anche rivolto ai familiari: “Voglio essere vicino con la mia preghiera a voi che vivete l’ansia e conoscete anche la sofferenza dell’impossibilità di avvicinare fisicamente i vostri cari”.
“Cari operatori sanitari – ha concluso – grazie per quello che state facendo. Voi siete il segno della vita di Gesù che vince la morte. Per voi prego chiedendo al Padre il dono della forza, in quest’ora drammatica dove voi state lottando in modo impressionante per tutti noi”.
Ecco di seguito alcuni passaggi della meditazione (SCARICA QUI TESTO INTEGRALE) in cattedrale:
“Signore, anche noi come i discepoli siamo confusi. Quanto sta accadendo ci ha presi in contropiede. Mai avremmo immaginato che, per voler bene agli altri, avremmo dovuto tenerci a distanza. Stare vicini è diventato pericoloso a causa di un nemico invisibile. Le nostre agende sono tutte saltate, la paura accompagna le nostre giornate. Con l’apostolo Pietro, anch’io grido a te, a nome di tutte le nostre comunità: “Signore salvaci, non t’importa che moriamo?”. Fa’ che ci ricordiamo – e questo sia per noi motivo di conforto – che tu hai consegnato te stesso per noi “una volta per sempre”. Tu sei con noi, tu cammini con noi, tu sostieni lo sforzo immane di tanti operatori sanitari e volontari.”
“Signore, anche le nostre certezze vacillano. La sicurezza del nostro argomentare, che solo pochi giorni fa andava a intasare i media, ora è sparita. Ci domina l’ansia. Facci il dono delle tue lacrime che, a differenza delle nostre, non sono attraversate dalla disperazione, ma hanno il potere di farci tornare a casa, per sentire l’abbraccio pieno di tenerezza del Padre.”
“Ti affidiamo, Signore, tutti coloro che, in questo momento, hanno l’immane responsabilità di decidere: aiutali a immaginare strategie di incontro e non di contrapposizione, ad utilizzare parole aggreganti e non divisive. Fa’ che l’unico protagonismo sia quello di migliaia di donne e uomini del mondo della sanità e della Protezione civile che, dimentichi di sé, si spendono senza risparmio.”
“I sacerdoti” del sistema finanziario affannosamente si preoccupano di mettere al sicuro le loro fortune e non si accorgono degli scricchiolii che presagiscono la caduta dei loro santuari. Donaci sapienza, pur in mezzo all’angoscia e alla paura, perché con stupore scopriamo l’inestimabile valore di ognuno di noi, ricordaci che non ci basta il pane per vivere. L’apprensione per la salute dei nostri ammalati, trasformala in guarigione e vita.”
“Ricordaci che da questo incubo possiamo uscire soltanto insieme, che è illusorio pensare di riuscire a cavarsela da soli. È buio, Signore! La sensazione di non farcela sembra prendere il sopravvento. Ci conforta il tuo grido: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Anche tu hai provato questa notte, al tuo grido consegniamo anche il nostro”.
“È ancora presto per scorgere l’alba della risurrezione. I nostri occhi, come quelli delle donne, sono fermi al sepolcro. Non riescono ad andare oltre. Aiutaci, come il centurione, a contemplare il tuo morire. Fa’ che riconosciamo in esso l’Amore gratuito di Dio e al più presto possiamo entrare nel sepolcro vuoto, per credere che la morte è vinta”.
FOTO GIANNI ZOTTA
PER RIASCOLTARE LA MEDITAZIONE QUI LINK