"La messe è molta", il messaggio dell'arcivescovo Lauro Tisi.
La Visita pastorale dell’arcivescovo Tisi prende le mosse il 12 ottobre dalla Zona pastorale di Mezzolombardo che comprende Piana Rotaliana, altopiano della Paganella, Terre d’Avisio (Lavis e Val di Cembra). Nella primavera 2025 toccherà alla Zona pastorale Valsugana e Primiero (estesa anche a Folgaria e Lavarone).
Le altre Zone pastorali da cui è formata la Diocesi (non in ordine cronologico di Visita) sono: Trento, Vallagarina, Valli del Noce, Fiemme e Fassa, Giudicarie, Alto Garda e Valli dei laghi.
Al termine del messaggio all’Arcidiocesi con cui “lancia” la sua prima Visita pastorale, mons. Lauro Tisi ha voluto sottolineare la data del 25 aprile, San Marco Evangelista, quasi ad “affidare” questo impegnativo e capillare impegno alla protezione dell’evangelista che fu testimone e annunciatore del Vangelo. Una scelta che evidenzia la finalità missionaria di questo “evento di grazia”, dal quale mons. Lauro Tisi è fiducioso, insieme ai trentini, di poter “fare esperienza delle sorprese di Dio”.
Dalle prime visite “ispettive” al coinvolgimento della Comunità cristiana
Le prime visite pastorali di cui si ha notizia in Trentino vennero portate avanti nel XV secolo da Alessandro di Masovia (nel 1427) e da Udalrico Frundsberg (nel 1489). Inizialmente le visite presero la forma di “un esercizio di controllo da parte dell’autorità che si esprime attraverso l’ispezione, compito specifico del Vescovo, dell’ambiente sottoposto alla sua responsabilità”, come spiegava il sociologo Franco Demarchi nella prefazione al libro “La terza visita pastorale nel dopo Concilio. Sintesi e rilievi” di Giuseppe Capraro. Proseguirono in questa forma per tutto il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, anche in seguito al Concilio di Trento (1545-63), e vennero intensificate a partire dal diciottesimo secolo. Le visite pastorali subirono un’unica interruzione durante il periodo in cui a capo dell’Arcidiocesi di Trento ci furono i Thun (Pietro Vigilio ed Emanuele Maria), quindi tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, probabilmente per motivi politici.
Nell’appendice a “La terza visita pastorale nel dopo Concilio”, don Valentino Felicetti sottolineava come la visita pastorale promossa nel 1983 dall’allora arcivescovo Alessandro Maria Gottardi avesse cambiato l’immaginario di questo incontro, mettendo al centro la figura del Signore - tema dell’annuncio era infatti “Visiterò il mio popolo” - e privilegiando il protagonismo della comunità eucaristica e dei ministri anziché quella dei sacerdoti e delle strutture pastorali. Di più. La visita del 1983 dimostrò come “la Comunità cristiana è insieme oggetto e soggetto della visita”. L’ obiettivo che monsignor Alessandro Maria Gottardi diede all’incontro era quello di “favorire la crescita della nostra Comunità diocesana nell’unità e insieme nella diversità dei carismi, al fine di renderla sempre più segno visibile di Gesù e strumento del suo amore per ogni uomo”. Fu monsignor Luigi Bressan, arcivescovo emerito di Trento, ad imprimere una svolta alle visite pastorali, che portò avanti dal 2001 al 2014 con un’impronta che divergeva completamente dalla “visita ispettiva” degli inizi. Ogni visita - come è stato raccontato dal direttore di Vita Trentina Diego Andreatta nel volume Vescovo sulle strade del mondo - non durava meno di un mese, e durante ogni visita monsignor Bressan si premurava di aver incontrato tutte le espressioni della comunità locale. Il record è stato raggiunto a Villa Lagarina, dove la visita di monsignor Bressan si è protratta per undici settimane. “Ieri le persone venivano da noi - sottolineava l’Arcivescovo emerito in un’intervista rilasciata a Vita Trentina in occasione dei dieci anni del suo episcopato - oggi noi dobbiamo maturare l’attenzione ad andare verso di loro, arrivando a lasciar cadere tante cose, ma non l’incontro, l’ascolto, la condivisione”. Dopo 15 anni questo rimane ancora uno dei punti centrali delle visite pastorali perché, come registra monsignor Lauro Tisi nel messaggio per la sua prima visita pastorale, “nelle nostre comunità cristiane il respiro a volte si fa faticoso”. (Marianna Malpaga)